Il caso Tuti: Adriano Sofri ci racconta un uomo nuovo

Un tempo una clamorosa vessazione come quella che subisce Mario Tuti [revoca della licenza e minaccia di revoca della semilibertà per aver presenziato un evento della Festa di Blocco studentesco, ndb] l’avrebbe denunciata prima di tutti il manifesto e ce ne saremmo fregati del fatto che fosse fascista. Oggi ci pensano giornali come Il Riformista o Il Dubbio ma io a proporre un pezzo del genere al giornale che per primo ha fatto la campagna innocentista per i Nar nella strage di Bologna o contro ogni dietrologia sul sequestro Moro nemmeno ci provo più. Oggi quelle campagne non sarebbero accettate. Non penso che con questa svolta normalizzatrice il manifesto ci abbia guadagnato né in qualità né in utilità né in quantità di copie vendute. Ma certe volte mi chiedo se io non sia l’unico a rimpiangere un manifesto meno prevedibile, meno banale, più coraggioso.

Così ieri, sulla sua pagina facebook, Andrea Colombo ha accesso la miccia. Oggi il carico lo mette, dalle pagine del Foglio, Adriano Sofri. Una sorpresa per i tanti che non conoscono la sua costante com/passione per la condizione umana penitenziaria
Nel 2004, anno dell’inizio della semilibertà a cui fa cenno Sofri, Mario Tuti mette in scena con * detenut* del carcere di Livorno Secondo Qoelet, un testo teatrale elaborato da Luciano Violante sul salmo biblico da noi noto come Ecclesiaste (quello di c’è un tempo per nascere …). Alla prima ebbi modo di intervistare Tuti per il mio I colori del nero. Gli assegnai il viola: il colore della Quaresima… Le riprese della messa in scena – angosciante, claustrofobica – furono usate come siparietti tra le 7 clip. Chi ha la pazienza di ascoltare i 6 minuti della sua intervista si renderà conto che già 17 anni fa Mario Tuti era un uomo nuovo.
Ps: C’è dell’ironia, ovviamente, nella circostanza che la colonna sonora dell’intero video è degli Zetazeroalfa.
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