27 novembre 1979: i Nar rapinano la Chase Manhattan Bank

Il grande colpo alla Chase Manhattan dell’Eur, giusto 40 anni fa, fu organizzato da Peppe Dimitri, con una formazione mista di avanguardisti (Mimmo Magnetta e in parte lui, che destinava i fondi delle rapine a finanziare la logistica per la ricostruzione di Avanguardia) e Nar (Fioravanti, Alibrandi Carminati). Finì per rappresentare il punto più alto di un’offensiva dei Nar partita con la rapina all’Omnia sport in primavera e che affonderà in tre settimane, con gli arresti di Pedretti (5 dicembre) e Dimitri (14 dicembre). E così il grande colpo guadagnerà un’aura magica. La storia ce la restituisce, come sempre magistralmente, Nicola Rao

Un nuovo vigilante

L’azione scatta alle 7 del mattino del 27 novembre 1979, quando Giuseppe Bianciardi, responsabile del personale di pulizia della Chase Manhattan Bank di piazzale Marconi trova all’ingresso dell’istituto un uomo della security mai visto prima, che gli dice: «Sostituisco il vostro vigilante che oggi non si sente bene».

Ma appena Bianciardi, insieme a due donne delle pulizie, entra in banca, la guardia giurata tira fuori la pistola e immobilizza i tre dipendenti. A ruota, dietro di lui, spuntano tre persone armate, che si incaricano di legare e imbavagliare gli impiegati agli sportelli, presenti in quel momento.

Ma non è finita. Perché, attirati dai rumori, arrivano anche il direttore e il vicedirettore della filiale, accompagnati da due cassieri. I quali, sotto la minaccia delle armi, sono costretti ad aprire la cassaforte e a disattivare gli impianti di allarme. Poi i quattro se ne vanno con un borsone pieno di soldi e travellers cheque.

Un ricco bottino

Solo i contanti sono più di cento milioni di lire, che nel 1979 sono una bella cifra. A entrare in banca sono Fioravanti, Dimitri e Alibrandi. Il falso metronotte è Mimmo Magnetta, amico e camerata di Dimitri, nonché responsabile della struttura occulta di Avanguardia Nazionale, mentre alla guida dell’auto che li attende per la fuga c’è Massimo Carminati: altra vecchia conoscenza del Fungo, ex militante della sezione missina del Portuense di viale Marconi, insieme a Franco Anselmi.

Carminati, negli anni, abbandonerà la politica per frequentare sempre più assiduamente la banda della Magliana [infatti i traveller cheque rapinati saranno trovati addosso a Franco Giuseppucci, il capo della banda, ndb]. Si è ispirato a lui Giancarlo De Cataldo nel descrivere il «Nero» di Romanzo criminale, che nel film diretto da Michele Placido è interpretato da Riccardo Scamarcio.

La testimonianza di Fioravanti

Il mito di quella rapina, che nell’ambiente ci circondò per anni, fu dovuto – tanto per cambiare – a un fatto che noi in quel momento neanche conoscevamo… All’epoca della crisi tra l’Iran di Khomeini e gli Usa alcuni fondi dello scià erano depositati presso la Chase Manhattan Bank; così, quando Jimmy Carter bloccò questi fondi, restarono nelle casse della banca. Dopo la rapina, Sergio Calore mi disse: «Siete stati geniali, perché quella è la banca dei Rockefeller».

Noi non lo sapevamo. E poi aggiunse: «Mitici, avete rubato i fondi dello scià bloccati dagli americani. In pratica avete fregato soldi all’amministrazione Carter». Ma chi ne sapeva niente? La verità è che noi andammo là perché in quella banca c’erano uno dei cassieri e il metronotte, entrambi ex dirigenti della sezione del Msi della Montagnola, che erano d’accordo con noi… Per quel colpo siamo stati definiti dei grandi rapinatori, ma non è che avessimo un background particolarmente ricco. Certe cose le abbiamo imparate facendole, quindi sono state per noi particolarmente faticose. Certo, quella fu una megarapina: un bottino da mezzo miliardo di trent’anni fa non è poca cosa.

È stata senza dubbio un’azione difficilissima: non il classico salto del bancone, per cui prendi i soldi e scappi. Ma un’operazione studiata nei minimi dettagli, in cui entri, immobilizzi tutti, ti fai aprire la cassaforte a tempo. Insomma, una cosa complessa. Me la ricordo, la fatica per fare quella rapina. E anche alcune cose per me divertenti. Per esempio andavamo a correre, perché nelle banche dell’epoca c’erano i vetri alti tre metri, quindi bisognava saltare sul bancone e scavalcare questo vetro blindato. Così ci allenavamo. Ricordo che andavamo a correre per Monteverde, facendo le scale di corsa. Insomma, un vero e proprio addestramento fisico…

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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