Compie 80 anni Tonino Paroli, un operaio brigatista
Quando dalle Brigate rosse arriva la chiamata alla clandestinità, quasi fosse “la cartolina per la leva”, Pippo lascia la moglie e il figlio di nove anni e va a Torino. L’ organizzazione gli affida un fascio di banconote, bottino degli «espropri proletari», e lui si mette a cercar casa. Lo fa seguendo il manuale del buon brigatista. «L’ abitazione», dicono le regole, «deve essere proletaria, modesta, pulita, ordinata e completamente arredata del necessario. Essa deve comparire all’ esterno come una casa decorosa, tendine, lampadario d’ entrata, zerbino, nome eccetera».
La trova proprio così: anonima, perbene e ordinata. E la compra, prezzo dell’ epoca sette milioni e mezzo. Pippo, che verrà arrestato l’ anno dopo, è Tonino Paroli (nella foto a sinistra), brigatista di primissima generazione insieme con Renato Curcio e Mara Cagol. Ha scontato sedici anni di prigione, ed è libero dal ’90. Adesso ha una certa età, cura l’ orto di casa e dipinge. E’ la traccia di una delle sei storie delle Brigate rosse raccontate da Giovanni Bianconi in Mi dichiaro prigioniero politico.
Comincia così la recensione di Silvana Mazzocchi su la Repubblica. Un libro che abbiamo già citato perché l’altra storia “torinese” è quella di Angela Vai, scomparsa l’11 gennaio. Tonino Paroli, che oggi compie 80 anni, a Torino ci ha vissuto poco più di un anno e con difficolta:
“Nel corso di una intervista a Carlo Lucarelli – ricorda Davide Steccanella in “Gli anni della lotta armata” – Paroli racconta gli anni difficili della sua clandestinità in una città che non conosceva. Oggi Paroli, che non si è mai dissociato e che reagisce con una certa veemenza all’appellativo di “ex terrorista”, che rifiuta («io ho fatto la lotta armata che è ben diverso, i terroristi sono quelli che lanciano le bombe e che colpiscono obiettivi indiscriminati»), fa il pittore a Reggio Emilia”
Costaferrata e Il sol dell’avvenire
E’ uno dei tre protagonisti del film-documentario Il sol dell’avvenire, che Giovanni Fasanella e Gianfranco Pannone dedicano alla matrice reggiana delle Br. Rievocano 30 anni il convegno alla Trattoria da Gianni di Costaferrata del 1970, dove sostanzialmente inizia la dissoluzione del Collettivo politico metropolitano in tre correnti e iniziano i processi di costituzione delle Brigate rosse e del Superclan. Proprio Paroli, aveva organizzato l’ospitalità per i compagni venuti anche da altre parti d’Italia, “in quanto – ricorda Alberto Franceschini – aveva un parente che gestiva un ristorante con annesse camere d’albergo. Utilizzammo quella struttura. Ma siccome eravamo tanti e non bastavano le stanze, il parente di Paroli ci fece ospitare anche dalla gente del paese. Per tre o quattro giorni Pecorile si riempì di un centinaio di persone“.
Il ricordo di Curcio
Durante un mio viaggio a Reggio Emilia – racconta Renato Curcio a Mario Scialoja – avevo conosciuto dei ragazzi che ruotavano attorno alla Federazione giovanile comunista: Tonino Paroli, che faceva l’operaio; Prospero Gallinari, che era contadino; Alberto Franceschini, che si dimostrò subito molto deciso. Un bel giorno, con quel suo sorriso malizioso, si presentò nell’appartamentino dove vivevo con Margherita, in viale Sarca, a cento metri dalla Pirelli, e ci disse: «Ho capito che il centro dell’Italia oggi è Milano e che bisogna fare lavoro politico qui: perciò eccomi, sono venuto per restare, trovatemi un letto…». E da quel momento rimase sempre con noi.
Il primo nucleo armato reggiano
E in effetti quei tre costituiranno il primo nucleo armato reggiano, ancor prima che il “gruppo dell’appartamento” aderisse al Collettivo politico metropolitano, come testimonia lo stesso Franceschini:
Le prime azioni? Risalgono all’autunno 1969. Organizzammo una serie di scioperi selvaggi in uno dei reparti della Lombardini, dove lavorava Paroli. Una notte entrammo in fabbrica io, Gallinari e Paroli. Eravamo armati perché lo stabilimento era pattugliato dalle guardie notturne. Dunque si rischiava uno scontro a fuoco. Tagliammo la rete ed entrammo. Su un muro del reparto scrivemmo con la vernice rossa: «Lombardini ti impiccheremo». L’episodio, il giorno dopo, destò scalpore dentro la fabbrica. Ma in città non si seppe nulla perché i giornali non diedero la notizia. li Partito, che esercitava un’influenza enorme sulla stampa locale, aveva paura che la notizia circolasse.
Tra i primi quadri politici c’erano anche Attilio Casaletti e gli studenti medi Roberto Ognibene e Fabrizio Pelli. Soltanto più tardi, sarebbero arrivati Lauro Azzolini e Franco Bonisoli. I due che condivideranno con Moretti la responsabilità dell’esecutivo br nei terribili 55 giorni del sequestro Moro. Con l’eccezione di Ognibene, figlio di un assessore comunale socialista, i militanti reggiani provenivano quasi tutti da famiglie comuniste. Ed erano tutti critici nei confronti del Partito …
Le pressioni di Pci e Cgil
Nell’inverno 1973-74 il Pci oramai sa bene che le Br non sono provocatori né criminali ma hanno una forte matrice comunista. Parte così un’offensiva “riservata” per disinnescare i rischi politici per il partito. Tramite un fratello Morlacchi, redattore dell’Unità, arriva un’offerta a Franceschini. Gli ex militanti del partito si consegnino al giudice De Vincenzo, organico a Botteghe oscure, e si risolve tutto alla buona. Tonino Paroli, ancora attivo in fabbrica a Reggio, uscito dal Pci ma ancora iscritto Cgil, fu chiamato dal segretario della Fiom: «Guarda, noi sappiamo tutto quello che hai fatto, sappiamo delle rapine e di tutto il resto. Non ti denunciamo. Però, ci restituisci subito la tessera e, qualunque cosa ti succeda, d’ora in avanti, tu con noi non c’entri più nulla».
La clandestinità
In questo scenario l’arresto di Maurizio Ferrari crea un vuoto che determina il suo passaggio alla clandestinità. Entra nella colonna torinese prendendo il nome di battaglia del patrigno partigiano “Pippo”. Instaura rapporti con alcuni operai della FIAT. Entra nella Direzione strategica come rappresentante della colonna torinese. Prende parte così all’elaborazione della risoluzione strategica dell’aprile 1975. Quella che lancia la parola d’ordine dell'”attacco al cuore dello Stato”.
L’11 dicembre 1974 partecipa all’irruzione armata negli uffici del sindacato giallo Sida a Mirafiori. Il 18 febbraio 1975 è con Margherita Cagol, nel commando che libera Curcio dal carcere di Casale Monferrato. Il 30 aprile 1975, gli agenti dell’Ispettorato antiterrorismo e della polizia politica lo arrestarono nel suo appartamento a Torino. E’ condannato a 16 anni di carcere per costituzione di banda armata, associazione sovversiva (il maxiprocesso di Torino al nucleo storico e il processo per larivista Controinformazione, la joint venture fallita con il “gruppo Negri”) e per la liberazione di Curcio.
La lotta continua
Per i brigatisti il carcere non è una villeggiatura. I processi sono un’occasione di propaganda e di denuncia delle condizioni dure di detenzione per i nemici dello Stato. Per le minacce agli avvocati difensore del maxiprocesso è condannato a Perugia. Partecipa alla lotta contro i colloqui con i vetri divisori nell’estate 1978 e alla rivolta che danneggia gravemente il supercarcere dell’Asinara.
La scoperta dell’arte
L’ultima denuncia
L’ultima denuncia per Tonino Paroli scatta undici anni fa. In occasione della morte di Prospero Gallinari, un altro brigatista reggiano. I funerali si celebrano il 19 gennaio. Con tanto di bandiere rosse, canti e slogan in memoria del compagno scomparso.
Sono tanti a partecipare all’evento ma solo quattro sono denunciati (e prosciolti) per concorso in istigazione a delinquere. Paroli, appunto. Sante Notarnicola (banda Cavallero e poi Br), un bandito comunista. Salvatore Ricciardi (ferroviere romano, dal Psiup all’Autonomia operaia e poi alle Br, il “vecchio”). Davide Mattioli, un giovane reggiano che prende la parola, in una sorta d’orazione funebre, leggendo e commentando un brano di Gallinari (che non conosce di persona) per contestare la sua qualificazione come terrorista.
Tonino Loris Paroli story
Dal motore di ricerca interno del mio lettore epub tutte le citazioni del libro di Bianconi
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