Il convegno di Chiavari e le Br: Curcio sbaglia la data

Il convegno di chiavari del Cpm

Anche Renato Curcio, nel suo libro-intervista con Mario Scialoja, ricostruisce la vicenda del convegno di Chiavari come tappa di avvicinamento alla fondazione delle Brigate Rosse ma compie un errore di datazione e uno di approssimazione. Ritarda lo svolgimento del convegno. Lo colloca dopo la strage di piazza Fontana, mentre si è svolto nel weekend dei morti. Fissa a Chiavari la nascita di Sinistra proletaria, mentre fino all’estate 1970 le due sigle continueranno a convivere. SP è la testata di agitazione usata dal CPM. Questa la ricostruzione del passaggio nel libro di Soccorso rosso sulle Br delle origini:

“I compagni del CPM si servono come strumento di agitazione di un foglio di lotta, di discontinua periodicità, senza titolo, o col titolo: “Sinistra proletaria.” Generalmente di 2 o 4 facciate formato tabloid, zeppo di parole d’ordine, con enormi disegni dallo stile aggressivo, grezzo ed essenziale, svolge il suo ruolo di agile strumento di propaganda all’interno dell’area metropolitana milanese.

Verso la metà del 1970, nasce tra i compagni del collettivo l’esigenza di disporre anche di un altro strumento, forse meno agile del foglio, ma con un respiro maggiore che permetta di dibattere tutte le questioni di portata generale, comprese quelle di ordine teorico e soprattutto fornisca il naturale collegamento tra le diverse situazioni di lotta che si vanno sviluppando in tutta la penisola. Nasce così nel luglio 1970 la rivista “Sinistra Proletaria” Sotto la testata del numero zero la dicitura “a cura del CPM.” La stessa denominazione viene data ai fogli di lotta i quali continuano a uscire anch’essi a cura del CPM, finché, a partire da luglio, quest’ultima dicitura scompare, per lasciare posto al simbolo: falce, martello e fucile incrociati”.

In questo caso, in tutta evidenza, l’errore non è frutto di una volontà di falsificazione, anzi ci restituisce una più autentica ricostruzione del vissuto di Curcio

Il peso del 12 dicembre

Fino al 12 dicembre del ’69. Con la strage di piazza Fontana il clima improvvisamente cambiò.

Le bombe del 12 dicembre influirono molto sul vostro percorso?

Direi proprio di sì. Quel pomeriggio stavo andando a piedi nella sede di via Curtatone quando mi ritrovai circondato da poliziotti col mitra puntato: «Fermo, arrenditi». Mi portarono in questura dove mi tennero chiuso in una stanza con altri malcapitati per un’eternità. Avevo orecchiato vagamente dell’esplosione e dei morti: fantasticavo, temevo una provocazione contro il Collettivo, non sapevo che fine avevano fatto gli altri compagni. Dopo cinque o sei ore, un funzionario mi chiamò: chiese se ero Curcio Renato e, senza interrogarmi, disse che potevo andare.

Nei giorni successivi la tensione in città fu altissima e la mia preoccupazione divenne spavento. Poteva succedere di tutto. Nelle strade e nelle piazze si gridava alla «strage di Stato» mentre il potere politico e la magistratura buttavano apertamente la responsabilità dell’atto terroristico addosso ai gruppi di estrema sinistra.

Fu a quel punto che scattò un salto di qualità: prima nel nostro pensare e poi nel nostro agire. Queste bombe e la strumentalizzazione che ne viene fatta sono un atto di guerra contro le lotte e il movimento, dimostrano che siamo arrivati a un livello di scontro molto aspro, ci dicemmo. Si tratta di una svolta che ci lascia aperte solo due strade: mollare tutto e chiudere l’esperienza del Collettivo, che in questo nuovo clima non ha più senso; oppure andare avanti, ma attrezzandoci in modo del tutto nuovo.

Cosa significava «attrezzarsi in modo nuovo»?

Cambiare modo di ragionare e modo di organizzarsi. Nel Collettivo di via Curtatone poteva entrare chiunque, senza nessun tipo di controllo. Non prendevamo precauzioni, né contro eventuali intromissioni poliziesche né contro le provocazioni fasciste. Non era più possibile andare avanti con quel candore.

Iniziammo lunghe discussioni che portarono a una serie di convulsi mutamenti. Verso la fine di dicembre, con un gruppo ristretto di una sessantina di «delegati» del Collettivo politico metropolitano, ci riunimmo nella pensione Stella Maris di Chiavari. Dopo due giorni di dibattito in una fredda saletta, decidemmo di trasformarci in un gruppo più centralizzato: che chiamammo Sinistra proletaria.

Uno dei problemi da affrontare era quello «dell’organizzazione della forza»: così avviammo un’intricata discussione sul ruolo e i metodi del servizio d’ordine, ossia di quel nucleo duro d’azione che ogni gruppo extraparlamentare aveva creato nel proprio interno. E nel documento elaborato al convegno di Chiavari, il cosiddetto «Libretto giallo», parlando dell’autonomia operaia introducemmo per la prima volta una riflessione sull’ipotesi della lotta armata.

Quando si parla di Sinistra proletaria non bisogna però fraintendere. Non si trattava di un vero e proprio gruppo chiuso, ma di una specie di conglomerato di centinaia di militanti raggruppati in una cinquantina di collettivi. Era ancora un’organizzazione eterogenea che raccoglieva le varie espressioni di movimento dei quartieri popolari, delle fabbriche, delle scuole, degli ospedali.

E dentro questo calderone nessuno cercava una definizione ideologica unitaria, ma ognuno portava il proprio bagaglio ideologico-culturale accumulato negli anni precedenti. Il che contribuiva a formare un puzzle abbastanza frantumato e confuso.

Sinistra proletaria produsse anche dei giornali.

Facemmo uscire due numeri di una rivista intitolata con lo stesso nome del gruppo. Ma la cosa più interessante fu la diffusione di una quarantina di «Fogli di lotta» dedicati ai vari temi che ci coinvolgevano: le fabbriche, lo sfruttamento degli operai, il ruolo dei tecnici, gli omicidi bianchi, le occupazioni delle case…

Tiravamo tremila, anche seimila copie di questi «Fogli» che venivano distribuiti al prezzo simbolico di dieci lire.

Giorgio Bocca in Noi, Terroristi

«Noi, figli del Pci», dice Alberto Franceschini, «la lotta armata l’avevamo ripresa già negli anni Sessanta: irruzioni notturne nelle fabbriche in serrata, scritte spray sui muri, qualche rivoltella, qualche molotov, il canto di guerra per i morti di Reggio Emilia. Il convegno di Chiavari alla Stella Maris, del novembre ’69, non è decisivo. Si parla anche di lotta armata, ma senza formalizzarla. Se proprio vuoi un nome, una data, andiamo ai primi del ’70, al convegno di Pugliarello, vicino a Reggio Emilia. Semeria dice Pecorile? Sono due frazioni vicinissime: c’eravamo noi di Nuova resistenza, anticamera delle BR, quelli del Superclan di Berio e di Simioni, alcuni superstiti dei gruppi».

Tonino Paroli, altro BR «storico», conferma e spiega: «Sì, il convegno di Pugliarello ci fu, ma alla lotta armata arrivammo in progressione. Nel Collettivo politico metropolitano si parla già di clandestinità, poi con Nuova resistenza discutiamo di illegalità organizzata e di autodifesa armata. Insomma chi aveva alzato la mano al Collettivo politico metropolitano per approvare la clandestinità passa alla lotta armata».

I presenti a Chiavari

(umt) Come poi per il convegno di Costaferrata (noto come Pecorile) dell’agosto 1970, quello sì decisivo nello strappo verso la lotta armata, è disponibile l’elenco completo dei presenti allo Stella Maris. 68, per la precisione: un elenco che il generale Dalla Chiesa fornisce alla Commissione Moro. . L’elenco contiene “notizie ivestigative” per molti dei partecipanti che non hanno però avuto né riscontri né esiti giudiziari. Ma mentre un anno dopo la consistenza dei tre gruppi (Br, Superclan, né-né) è più o meno pari, da Chiavari solo 16 presenti saranno anche a Pecorile. Otto daranno vita alle Br, uno sarà processato per i Gap, sei fonderanno il Superclan.

Tra i dirigenti di CPM-SP che romperanno nettamente con la scelta armata spiccano i nomi di Marco Fronza e della moglie Rosetta Infelisi che torneranno all’impegno politico a fine anni 70, prima con Alex Langer e poi nel Pci a Bolzano. L’elenco è stato prodotto per la commissione Moro e quindi contiene “notizie di polizia” per molti dei partecipanti che non hanno però avuto né riscontri né esiti giudiziari.

BR: Cagol, Castellani, Curcio, De Mori, Di Silvestro, Lintrami, Moretti, Semeria,

Superclan: D’Alessandro, Mulinaris, Salvoni, Simioni, Troiano, Tuscher

Gap: Saugo

L’elenco dei partecipanti a Chiavari

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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