Il telegrafo nel covo di via Gradoli: una bufala nata da una testimonianza deformata
Via Gradoli 96, interno 11, secondo piano. È lì che abitavano nella primavera del 1978, durante il sequestro Moro, i brigatisti Moretti e Barbara Balzerani. Lucia Mokbel era l’inquilina della porta accanto. L’interno 9, dove alloggiava col convivente Gianni Diana, impiegato da un commercialista amministratore di immobili in cui figuravano anche società in mano ai servizi segreti. Gli stessi servizi segreti che avevano in via Gradoli appartamenti intestati a società di copertura. La Mokbel al primo processo Moro raccontò la storia di un bigliettino, poi sparito, in cui lei faceva sapere di aver sentito alle tre di notte il ticchettio di una trasmissione in Morse che proveniva dall’appartamento adiacente, il covo delle Br. Un biglietto consegnato agli agenti di polizia che il 18 marzo erano andati a bussare a parecchie porte del condominio e che era indirizzato al commissario Elio Cioppa, che poi risultò iscritto alla P2. (…) La donna ebbe un ruolo non marginale nella vicenda perché segnalò per prima le stranezze di quell’appartamento.
Così Paolo Brogi, bravo inviato del Corriere della Sera, dieci anni fa ci racconta la maledizione di quel palazzo,. Via Gradoli 96 si riguadagna un altro quarto d’ora di ribalta per una piccola storia ignobile di sesso e droga. Lo scandalo travolge la carriera politica del “giovane” Marrazzo. Ma le cose non sono affatto andate così la mattina del 18 marzo. Quella di Lucia Mokbel è una delle tante testimonianze caricate di altro senso da narrazioni successive e interpolazioni. Un frutto tossico della fabbrica di bufale animata dai fedeli della setta dei misteri d’Italia. Quel bigliettino sparito è, infatti citato spesso come prova delle protezioni di cui godeva Mario Moretti. Ma in realtà le indicazioni della Mokbel erano state talmente vaghe che neanche dopo la scoperta del covo associa automaticamente quel rumore all’appartamento vicino, come sarebbe stato logico. E al processo va a ripetere quello che aveva detto il 18 marzo e messo a verbale un mese dopo, mentre ancora la polizia scavava nell’appartamento a fianco: sentiva segnali morse che forse non erano neanche tali, non sapeva da dove E invece diventa la “prima a segnalare le stranezze dell’appartamento”.
18 aprile 1978, via Gradoli

Ora la domanda è semplice. Perché mandare un bigliettino a un commissario su un sospetto così vago e indeterminato (forse è un segnale morse, non si sa da dove proveniente) in un momento in cui gli investigatori setacciavano ancora a maglie larghissime?
L’importanza del dettaglio non deve essere sfuggita al lettore della copia di questo verbale. L’ha infatti sottolineato. Quindi tocca esprimere apprezzamento all’ignoto lettore e ringraziare Gero Grassi. L’ex parlamentare ha reso disponibile sul suo sito questo e decine di migliaia di altri documenti che riempiono gli armadi delle varie commissioni parlamentari di inchiesta su Caso Moro, terrorismo e dintorni. Ad ogni modo ecco la copia del verbale:
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