Il delitto Fanella/3 Gruppi nazionalrivoluzionari, promessa mancata e via breve
Dopo le riflessioni “poetiche” di stamattina, ecco il pezzo pubblicato sul Garantista stamattina (e domani ne esce un altro, di taglio storico …) sul delitto Fanella
Si comincia a diradare la nebbia fitta che per l’intera giornata di giovedì ha avvolto il “delitto della Camilluccia”, l’omicidio dentro casa di un ‘colletto bianco’ del grande riciclaggio, condannato a 9 anni nel processo per lo scandalo Fastweb e strettamente collegato al fascio-finanziere Gennaro Mokbel. A complicare le cose l’identità del ferito, abbandonato da due complici nel cortile del palazzo scena del crimine e ora ricoverato in condizioni gravi ma in corso di miglioramento e in stato di arresto.
Perché si tratta di Giovan Battista Ceniti, un ex responsabile locale di CasaPound (nella foto), nato a Genova, attivo nella provincia del Piemonte orientale, Verbano Cusio Ossola, misteriosamente riapparso dopo un periodo di eclisse. A complicare il quadro la circostanza non irrilevante che il componente del commando ferito ha un cursus honorum di attivismo senza precedenti di violenza politica.
Il tesoretto di Silvio Fanella
Gli stessi inquirenti, che proprio nella giornata di venerdì hanno scoperto in un cascinale sulla Casilina il “tesoretto” della vittima, Silvio Fanella (32 contenitori in plastica contenenti diamanti purissimi, sei rolex, 250mila dollari e oltre centomila euro, tutti in banconote di grosso taglio) hanno messo a fuoco una diversa ipotesi: il commando, composto da tre persone, voleva sequestrare il “tesoriere di Mokbel” per estorcergli denaro.
Probabilmente, alla luce del ritrovamento del deposito, i tre, entrati in casa travestiti da finanzieri, intendevano costringere il “broker” a consegnare loro il bottino. La dinamica della colluttazione che ha portato alla morte di Fanella e al ferimento di Ceniti non è ancora chiara così come si attendono gli esami tecnici per stabilire se a sparare sia stata un’unica pistola o due armi diverse.
Iannone raddrizza il tiro
Pressato dai giornalisti, il leader del movimento fascista, Gianluca Iannone ha raddrizzato il tiro: dopo un’iniziale dichiarazione di totale estraneità con connessa minaccia di querela, ha precisato che effettivamente un giovane responsabile di zona con questo nome era stato espulso “almeno da tre anni” e il suo gruppo sciolto per questioni caratteriali e disciplinari.
La proverbiale efficienza di CasaPound su Internet – è il gruppo politico organizzato che ha introdotto la figura del web supporter- gli si è parzialmente rivoltata contro. L’attività politica del giovane ferito nella sparatoria è stata implacabilmente tracciata. E Ceniti risultava essere ancora un anno e mezzo fa responsabile provinciale per il Verbanese.
Uno strappo personale violento
Poi la rottura politica, particolarmente aspra, che spesso si trascina, in un ambiente dalla forte dimensione totalizzante, fino allo strappo personale e allo scontro fisico. Un dissenso di linea, a quanto ci risulta, quindi, e non semplicemente un problema di stile di milizia. Le stessi fonti sottolineano come Ceniti abbia continuato a frequentare ambienti militanti di fascisteria e non sia stato risucchiato in quella zona grigia tra sottobosco affaristico e criminalità finanziaria in cui più di un ex militante fascista ha dimostrato di avere talento da spendere.
Il problema di CasaPound, come di altri gruppi nazional-rivoluzionari, è la difficoltà, comune ai movimenti millenaristi e palingenetici, di gestire la “promessa mancata”. Con un fortissimo investimento culturale e politico si formano a una dura disciplina e a un impegno totale i militanti, spesso giovanissimi, proponendo loro il mito della “rivoluzione fascista” con annessi e connessi.
Quando la profezia non si avvera
L’assenza di risultati politici concreti al di là dell’autoriproduzione del gruppo stesso, la mancanza di tappe di avvicinamento riconoscibili e apprezzabili ovviamente finisce con il generare frustrazione e risentimento. L’effetto più immediato è il frequente ricambio di strutture e quadri. Spesso i gruppi militanti seguono le nuove piste aperte dai leader delle singole comunità: così può succedere che lo stesso ensemble transiti attraverso diverse sigle mantenendosi sostanzialmente coeso. In questo scenario è possibile la formazione di piccoli nuclei operativi decisi ad agire subito con “metodi e obiettivi rivoluzionari”.
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