Delitto Fanella/4 Strascico del terrorismo nero e lapsus
Ecco il “ritorno” per il Garantista, prontamente immesso in circuito social da Giuseppe Parente, che ancora non si è ripreso dalla botta della chiusura di ‘Fascinazione’, a cui collaborava indefessamente. Da parte mia, dopo essermi lamentato, della tendenziale estinzione della specie dei deskisti, non posso dolermi del contrario, sebbene non condivida, in questo specifico caso, il trattamento redazionale ricevuto. Almeno, però, ho l’occasione di dimostrare come si costruisce un titolo forzato con un piccolo e (giustificato) ritocco. L’incidentale a cavallo tra prima e seconda colonna) nel mio testo non c’è. La categoria di “terrorismo nero” la uso poco e sicuramente non per i Nar. Tant’è che alla fine del pezzo parlo di due “guerriglieri neri”. Però, mi obietterebbe il redattore, “Ugo, sono passati 30 anni, molti giovani non sanno neanche che sono i Nar”. Detto fatto: entra nel testo la categoria che può essere quindi usata anche nel titolo …
Da segnalare oggi (8 ottobre 2023, che riapro i file per l’approfondimento sulla grande rapina a un gioielliere libico organizzata appunto da Egidio Giuliani) il clamoroso lapsus per cui ometto proprio il colpo che era stato il modello anche per le successive rapine con sequestro da parte dei Nar …
Comunque ecco il testo originale:
Nove telecamere e un autovelox nel raggio di poche decine di metri. La macchina pervasiva del controllo sociale e della sicurezza in un rione borghese come la Camilluccia gioca a favore degli inquirenti: i banditi che hanno tentato il sequestro a scopo di rapina di Silvio Fanella, il “cassiere di Mokbel”, finendo per ucciderlo, sarebbero stati così ripetutamente immortalati nei video della sicurezza. Per non sbagliare, forti della presenza di almeno due testimoni, hanno messo al lavoro anche i disegnatori per costruire anche i più tradizionali identikit.
Il giovane neofascista ferito nel conflitto a fuoco, Giovan Battista Ceniti, ha scelto di non rendere interrogatorio. L’avvocato difensore ha messo le mani avanti: le condizioni fisiche sono precarie, è solo questa la ragione della decisione.
Parlano invece i suoi (ex) camerati. Dopo CasaPound hanno prese le distanze anche i militanti dell’Associazione Zenit che lo avevano ospitato nell’autunno 2011 per presentare insieme un’iniziativa umanitaria. Parlano anche gli esperti e gli addetti ai lavori, sottolineando gli intrecci numerosi tra fascisteria e malavita romana, riesumando diversi episodi che hanno visto camerati con cospicui curriculum politici scrivere pagine da “romanzo criminale”, mettendo a fuoco la zona grigia in cui hanno finito per convivere apparati parastatali, delinquenti di servizio, faccendieri e colletti bianchi, dalla banda della Magliana al sistema Mokbel, che ha dispiegato la sua attività miliardaria (in euro) dal condizionamento politico (vedi l’intervento sulle elezioni all’estero) alla maxitruffa al riciclaggio, e di cui il morto era una pedina fondamentale.
Manca però, in tutte le rievocazioni, il richiamo al tempo stesso più evidente e suggestivo: l’esperienza dei Nar. Sono infatti ben tre le rapine a orefici o rappresentanti di gioielli compiute con modalità analoghe a quelle usate l’altro giorno alla Camilluccia.
Nel settembre 1981 due leader dei Nar, Alibrandi e Cavallini, aggrediscono un gioielliere nell’autorimessa di un condominio della Flaminia e minacciandolo con le armi lo costringono a salire in casa dove prelevano oggetti di oro e di argento. Intervengono altri due rapinatori che tengono in ostaggio i figli del gioielliere e le persone sopraggiunte. Nel corso della rapina rientra dalla spesa anche la moglie dell’orefice. I due leader nell’androne del palazzo incontrano la moglie dell’ex custode, che è bloccato con l’orefice in garage, a cui spiegano di essere della tributaria e chiedono di fare una telefonata e si spacciano anche con un inquilino per finanzieri. Con l’alfetta rubata, portando con sé il titolare, si recano nella sede della sua ditta al Portuense. Dopo la rapina, gli altri banditi si allontanano da casa portando il figlio in ostaggio per coprirsi la fuga e lo abbandonano a Trastevere.
A gennaio del 1982 un colpo fotocopia è organizzato a Torino da un commando misto dei Nar e di Terza posizione: falsi finanzieri entrano in casa, altri uomini tengono familiari in ostaggio e banditi che accompagnano il titolare al deposito per appropriarsi della merce preziosa. Gli operativi impegnati sono meno freddi ed esperti, il gioielliere sequestrato è più furbo e così l’ostaggio riesce a farsi liberare senza che il bottino sia stato prelevato.
Nel maggio 1982, infine, due guerriglieri neri travestiti da finanzieri si presentano al bureau di un albergo della Salaria per un controllo a un rappresentante di orefici poi lo sequestrano insieme al direttore dell’albergo e sequestrano entrambi per coprirsi la fuga.
Giovedì mattina, invece, la reazione di Fanella, che era tutt’altro soggetto, ha fatto fallire il piano…
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