Delitto Mattarella: si riparla di una sola 38. Stavolta è quella usata contro Reina

Si avvicina, con il 6 gennaio, il 40esimo anniversario dell’omicidio del presidente della regione Sicilia, Piersanti Mattarella, fratello maggiore di Sergio, allora giovane studioso dedito alla carriera universitaria, oggi Presidente della repubblica. In tutta evidenza un delitto di mafia. La magistratura palermitana provò anche a seguire una improbabile pista nera. Finirono così alla sbarra Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini. Assolti.
Ogni anno, da quando Mattarella onorevolmente ricopre la massima carica dello Stato, con l’avvicinarsi dell’anniversario, si scatena la caccia allo scoop per rilanciare le indagini. E così un anno si rilancia la pista della targa smontata e rimontata. Poco importa che sia evidentemente fallace: c’è lo scambio di due numeri, tecnicamente impossibile nel tipo di patchwork praticato da banditi e terroristi per procurarsi “targhe pulite”.
Uno scoop smontato in poche ore
Quest’anno il gruppo l’Espresso si è buttato avanti. Alla vigilia di Natale scooppettone del duo Abbate-Biondani: la pistola calibro 38 che ha ucciso Mattarella è la stessa che Cavallini ha usato per ammazzare il giudice Amato. Lo sosterrebbero i periti del Ris. Bastano poche ore e arriva la smentita dal Palazzo di giustizia di Palermo. La raccoglie il cronista dell’Agi: sono solo ipotesi suggestive. Fallito il primo bersaglio la corazzata dell’informazione italiana ci riprova. Stavolta si affida a un altro big dell’antimafia, Palazzolo. Ora l’ipotesi è che sempre una sola 38 abbia sparato: ma prima, nel marzo del 1979, contro il segretario provinciale della Dc, Reina, e poi contro Mattarella.il 6 gennaio 1980.
Una pista che avrebbe anche un senso: Reina fu il primo politico democristiano a cercare l’accordo con i comunisti, una linea politica portata avanti sul terreno istituzionale dal presidente Mattarella. E Totò Riina era, invece, rabbiosamente anticomunista. Ora, in tutta evidenza, questa seconda ipotesi esclude assolutamente la pista nera: nel marzo 1979 Gilberto Cavallini neanche conosceva Valerio Fioravanti e quindi si ritorna nell’ambito, più credibile, dei delitti eccellenti di mafia, eseguiti, come sosteneva l’esperto Buscetta, da killer di Cosa Nostra. Un’organizzazione che di tale manodopera specializzata ha sempre avuto un surplus.
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