Il cascione. 23 novembre 2003: il corteo dei 100mila ferma il deposito nucleare a Scanzano

Per me, al Sud, c’è una cartina di tornasole per distinguere chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi pensa al mezzo vuoto. Il 23 novembre. Quando la linea di divisione passa tra chi celebra il 2003 e chi commemora il 1980. Da una parte il corteo dei centomila di Scanzano che spezza le reni al governo Berlusconi sul deposito di scorie nucleari. Dall’altra il lamento funebre per il sisma catastrofico che devastò Campania e Lucania. A quella lotta la nostra casa editrice ha dedicato due libri. Un instant book, scritto in tempo reale con Josè Mazzei, uscito il 2 dicembre. Il pamphlet, copertina nera con scritta giallo flu, da allarme tossico, fu sventolato a Montecitorio pochi giorni dopo. L’occasione fu il dibattito parlamentare che ratificava la disfatta del governo. In estate, poi, metto mano a un lavoro collettivo sul ciclo di lotte innescato dalla rivolta di Scanzano. A marzo la lotta del Vulture contro l’elettrodotto di santa Sofia, a maggio i 21 giorni della Fiat. Con la giovane classe operaia di Melfi che si ribella alla disumana doppia battuta (due settimane consecutivi di turni di notte). La prima vittoria dopo la disfatta del 1980. L’unica sconfitta di Marchionne. Dal cascione tiro fuori la cronologia, scritta da Josè Mazzei e vi risparmio la palla mostruosa del mio saggio breve sugli “scienziati del generale”, che racconta come il ceto accademico si mise a squadra per sostenere le pretese del generale Jean e fottere il Sud.

13 – Un fulmine a ciel sereno

Il 13 novembre tutto il Paese è a lutto per la “strage degli italiani” in Iraq. L’annuncio da Roma – l’argomento non era neppure all’ordine del giorno della riunione del consiglio dei ministri – è un fulmine a ciel sereno, giustificato con la necessità di «garantire condizioni di massima sicurezza»: la costruzione del deposito unico nazionale di scorie nucleari è affidata alla Sogin, presieduta dal generale Jean, che ha poteri commissariali. La seduta straordinaria del consiglio regionale in solidarietà alle vittime di Nassiriya è il primo momento di mobilitazione unitaria di tutte le forze politiche contro il decreto.
La reazione è immediata: ricalcando schemi consolidati in anni di lotta per l’acqua, si blocca la Jonica, che collega Puglia e Calabria. Nella riunione in sala consiliare a Scanzano tutti sono d’accordo, “senza se e senza ma”: il decreto-legge va ritirato e ridiscusso alla luce del sole. Manca solo il sindaco, un dc di lungo corso da poco iscritto ad Alleanza nazionale. Mario Altieri dichiara subito: «Non ne sappiamo nulla, ma non ci metteranno i piedi in faccia».
Per il presidente della Basilicata Filippo Bubbico «se il governo pensa di poter impunemente usare il territorio della Regione Basilicata a proprio piacimento, ha sbagliato i suoi calcoli, perché incontrerà la più ferma opposizione delle istituzioni e delle comunità locali». Immediato l’intervento anche dei senatori dell’Ulivo eletti in Basilicata. «La decisione ha dell’incredibile. Se vi è una zona nella quale questa scelta è priva di ogni giustificazione è proprio quella individuata dal governo». Secca la bocciatura della Conferenza delle regioni, che «ha appreso con stupore la decisione» che non rispetta l’ordinanza di Berlusconi del 7 marzo 2003, che coinvolge l’apposita commissione scientifica della regione interessata.

14 – Si scaldano i motori

I cittadini presidiano il consiglio comunale di Scanzano. La giunta regionale decide il ricorso alla Consulta, mentre il leader dell’opposizione, Nicola Pagliuca, chiede alla Regione “di scendere in prima linea per ostacolare in tutti i modi la linea governativa”. Nel pomeriggio comincia il presidio della miniera di salgemma. Il capogruppo “azzurro” Antonio Di Sanza si autosospende e chiede le dimissioni di Altieri, per il suo concorso nella decisione. In effetti Altieri aveva incontrato Jean una ventina di giorni prima e su questo colloquio si innesteranno dubbi e sospetti.

15 – Tutti in piazza

Bubbico conferma il no al decreto: «Il cimitero delle scorie nucleari che il governo vuole regalare alla Basilicata non si farà e l’intera comunità regionale piccola ma mai tanto compatta sarà schierata contro un intollerabile attentato al suo presente ed al suo avvenire». L’unico sottosegretario lucano, Guido Viceconte (Infrastrutture) “non è assolutamente d’accordo su questa scelta che sembra troppo calata dall’alto”.
C’è tutto il paese e dintorni in piazza: in un centro di seimila abitanti sono unite nella protesta quasi settemila persone. I negozi restano chiusi la mattina. In testa al corteo i parroci. La seduta del consiglio comunale straordinario è ritardata dall’irruzione dei dimostranti che contestano il sindaco. Altieri propone che gli amministratori si dimettano in blocco. No del capogruppo ulivista Vittorio Condinanzi (Ds): «con l’arrivo delle scorie noi ci dimetteremo dalla vita». Gli operatori turistici annunciano: annullate le prime prenotazioni natalizie. La seduta è interrotta per un sopralluogo. Sono costituiti quattro comitati di lotta, il coordinamento è affidato ai sindaci dell’ area: due di centrosinistra (Montalbano e Pisticci), due della casa delle libertà (Scanzano e Policoro).
Le assemblee nazionali di Margherita, Sdi e Ds riunite per varare la lista unitaria europea votano una mozione unica. Contro il decreto si pronuncia anche il viceministro dell’Economia Gianfranco Miccichè, che ha finanziato i villaggi turistici, ma aggiunge un particolare inquietante: «A Berlusconi era stato detto che tutti erano d’accordo».
A Policoro manifestazione parallela: alla fine il corteo blocca la Jonica.

16- La domenica non si fa festa

La domenica non riduce la combattività e la determinazione. In tremila marciano da Scanzano e Policoro bloccando il traffico sulla Jonica: al fianco del parroco don Filippo Lombardi ci sono anche alcune suore. Alla testa del corteo c’è l’asina Nicoletta, già protagonista delle lotte per l’acqua. Alla fine, piazzando alcuni trattori all’incrocio tra la Jonica e la traversa per il Terzo Cavone, il blocco diventa permanente. Il generale Jean non sembra preoccuparsi molto: ospite in tv da Fazio conferma che Scanzano è la soluzione migliore.
Il presidente della provincia di Potenza, Vito Santarsiero, scrive a Ciampi ricordando i contenuti delle direttive comunitarie sull’ambiente, con la valutazione di compatibilità del progetto con i programmi di sviluppo dell’area, la presenza dei siti comunitari e di una fiorente agricoltura «avrebbe già bloccato l’iniziativa».

17 – Arrivano i controdecreti

La mattina di lunedì Altieri requisisce i pozzi e chiude le strade al trasporto di materiale nucleare. La gente presidia la miniera di salgemma, blocca la Jonica e la stazione ferroviaria di Metaponto. In mattinata corteo studentesco. Nel pomeriggio il questore dà l’ultimatum ai 500 occupanti della stazione: la trattativa con i parlamentari scongiura le cariche (e da allora la stazione resta chiusa al traffico), don Filippo dedica la recita del rosario agli italiani caduti in Iraq. Altri due blocchi scattano ai confini con Calabria e Puglia, è occupato anche il centro Enea di Trisaia, che custodisce da anni 64 barre di uranio americano. Un villaggio vacanza riapre la mensa per rifornire i manifestanti.
Il sottosegretario Viceconte incontra a Roma Berlusconi e lo informa “della drammatica situazione”. Il premier lo rassicura: “seguirà la situazione con estrema attenzione e cautela, disponibile a ulteriori valutazioni”. Meno prudente l’atteggiamento di Melfi (Udc) e Di Sanza, che si impegnano a dar vita a un nuovo “movimento politico d’azione”. Dall’assemblea meridionale dell’Anci, in corso a Napoli, arriva sostegno alla proposta di un forte gesto simbolico: la riconsegna a Berlusconi delle chiavi dei 131 municipi lucani.

18- A Roma

E’ il giorno del lutto nazionale per i funerali dei caduti in Iraq: i dimostranti si fermano per un minuto di silenzio. Ma è anche la sera del primo “tavolo romano”, tenuto da Gianni Letta, il grande mediatore. La lotta si intensifica con la paralisi del sistema dei trasporti interregionali. I trattori della Coldiretti attraversano la Jonica. Cinquanta provengono, con cento auto, dall’alto Jonio cosentino. In 500 vanno a bloccare il tratto lucano dell’A3 tra Lagonegro e Lauria. Scattano i blocchi sulla Basentana che collega Puglia e Campania, impedendo i rifornimenti al polo chimico di Pisticci. L’assessore regionale alle Infrastrutture, Carlo Chiurazzi, sottolinea la contraddittorietà del governo, che ritiene necessari studi approfonditi per verificare l’idoneità di un sito definito ideale.
L’assemblea regionale di AN (il partito del ministro Matteoli) con soli 4 voti contrari chiede il ritiro immediato del decreto o, in subordine, il ritiro dal governo. L’assessore all’agricoltura, Donato Salvatore, rilancia l’allarme: al salone del vino a Torino, e all’expo dei sapori a Milano serpeggia diffidenza verso i prodotti lucani. Il senatore materano Danzi (Udc) scrive a Berlusconi: “il decreto su Scanzano è peggio di un delitto, è un errore”. La condanna delle manifestazioni da parte del presidente calabrese, Giuseppe Chiaravallotti, è stigmatizzata come un “capolavoro di irresponsabilità culturale e politica” dai capigruppo della Margherita Vito De Filippo, lucano, e Mario Pirillo, calabrese.
A Palazzo Chigi dopo quasi quattro ore di discussione, la decisione è rinviata. Il presidente Bubbico attacca i ministri presenti per aver approvato «un provvedimento sbagliato ed iniquo, dietro il quale comincia ad intravedersi anche un gioco di interessi di assai dubbia limpidezza». E promette una battaglia ancora più intransigente.
La reazione al fallimento romano è immediata: i commercianti di Scanzano decidono la serrata. Grande mobilitazione anche del “popolo del web”. Basilicatanet, il portale della Regione, diventa un supporto fondamentale per la lotta, con la diffusione di un notiziario che supera i 70 lanci al giorno. Tra i tanti spicca il sito “http://www.noalnucleareinbasilicata.org” che in meno di due settimane raccoglie più di 20 mila firme.

19 – Un giorno di passione

A Policoro un gruppo di professionisti inizia lo sciopero della fame, il sindaco di Senise, Nicola Petruccelli, guida l’occupazione della diga di Monte Cotugno, la più grande d’Europa, mentre la Jonica è bloccata anche in Calabria. La Basilicata è sempre più isolata dal resto d’Italia quando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dà il via alla realizzazione del deposito nazionale. I blocchi si irrigidiscono perché ora è possibile il trasferimento delle scorie per lo stoccaggio provvisorio.
Nonostante i danni subiti dai blocchi, che interessano duemila lavoratori della val Basento, gli imprenditori si schierano a sostegno della protesta in un summit di Federindustria riunito a Scanzano nel villaggio di lusso Cit vacanze. Giuseppe Quinto, presidente degli agroalimentari, fa sapere che «la Germania, dopo la diffusione della notizia, ha fermato alcune commesse».
Nel pomeriggio la giunta adotta una legge regionale che riclassificando le aree di rischio sismico, impone il divieto di trasporto di materiali radioattivi sull’intero territorio regionale, e chiede al consiglio di sollevare la questione di incostituzionalità. I due provvedimenti sono approvati dal consiglio, senza dibattito e all’unanimità, a inizio seduta. Il confronto politico successivo evidenzia una sostanziale unità.
I deputati lucani dei Ds, durante la discussione sulla fiducia al governo per la legge finanziaria, sollevano cartelli contro il cimitero nucleare. Il più accanito, il materano Salvatore Adduce, chiede la parola in dissenso col gruppo. Il rifiuto di ritirare i cartelli gli costa l’espulsione dall’aula. L’onorevole “azzurro”, Gianfranco Blasi, lancia un appello “drammaticamente accorato” a Berlusconi per l’immediata revoca del decreto

20 – Il primo passo indietro del governo

Per fermare la rivolta che dilaga il governo annulla lo stoccaggio provvisorio a Scanzano e dispone nuovi controlli sull’idoneità del sito. Così riconosce che non c’è l’urgenza “militare” invocata per giustificare il decreto ma il danno di immagine per turismo e agricoltura è irrimediabile. Per Altieri è un primo risultato ma Bubbico parla di condanna confermata ed esecuzione rinviata e chiede ancora il ritiro del decreto. Sarcastico il commento del presidente dei Ds, Massimo D’Alema: «Il governo Berlusconi fa le leggi stabilendo che siano applicate dal governo successivo. Francamente è grottesco. Toccherà a noi realizzare il programma del governo Berlusconi». Per Vincenzo Taddei, coordinatore lucano di Forza Italia, le modifiche sono un passo avanti. Simonetti, responsabile meridionale di Rifondazione comunista scrive al presidente Ciampi.
L’assessore regionale all’ambiente, Erminio Restaino, rilancia l’allarme: per la mappa di sintesi geopetrolifera della fossa bradanica, costruita nel 1988: Scanzano Jonico ha caratteristiche geologiche simili a quelle di San Giuliano di Puglia, devastata un anno prima da un violento sisma.
La protesta continua a montare. I blocchi sono diventati quindici e per la prima volta interessano la Melfi-Candela, che collega la Fiat alla rete autostradale. Nel pomeriggio migliaia di persone marciano da Marconia al Terzo Cavone. La conferenza episcopale lucana esprime «profonda gratitudine e sostegno» e indice per il giorno dopo un pellegrinaggio. Presidio simbolico di An al centro Oli di Viaggiano, dove si compiono le prime operazioni di raffinamento del petrolio prima dell’invio attraverso l’oleodotto a Taranto. Nel “campo base” in contrada Terzo Cavone una ruspa prepara l’insediamento di nuove tende e di servizi igienici per il presidio centrale della rivolta. I servizi locali di Protezione civile portano viveri e l’Asl del Metapontino assicura l’assistenza sanitaria a chi fa i blocchi stradali e ai camionisti in sosta forzata.

Venerdì 21 La Passione di Mario Altieri

In mattinata il campo base è visitato dal capogruppo della Margherita a Montecitorio, Pierluigi Castagnetti, accompagnato dai colleghi [lucani, ndb] Antonio Potenza e Tonio Boccia.
Un lungo servizio di “Panorama” sulla “rivolta di Scanzano” sostiene che Altieri era a conoscenza del progetto e aveva dato il suo consenso alla costruzione del deposito, rassicurando Silvio Berlusconi che era titubante – secondo la ricostruzione del magazine – temendo le reazioni popolari e si sarebbe convinto soltanto dopo le assicurazioni del generale Jean e una telefonata diretta con il sindaco. Dopo aver letto le dichiarazioni attribuite al loro rappresentante, i cittadini di Scanzano chiedono chiarezza. E così, concluso l’intervento alla seduta del consiglio provinciale di Potenza, Altieri si scusa e annuncia: «Andrò di persona a Roma, per chiedere una smentita a Berlusconi», che arriva nel tardo pomeriggio.
Per Palazzo Chigi prima della decisione non c’è stato nessun contatto diretto tra esponenti del governo e sindaco. Jean invece precisa che nell’incontro con Altieri non si era parlato del deposito nucleare. Ma la fiamma della diffidenza brucia: in una tempestosa seduta serale del consiglio comunale l’opposizione chiede il passaggio delle consegne al vicesindaco e la maggioranza conferma la fiducia ad Altieri a stento. Il sindaco, contattato telefonicamente mentre rientra da Roma, nel corso di una diretta tv dal Terzo Cavone, non nasconde i segni di nervosismo. La sua promessa di devolvere il ricavato della querela annunciata a “Panorama” alla comunità di Scanzano è accolta da un gelido silenzio.
Punte di delirio collettivo sono raggiunte quando uno dei capipopolo più infiammati, l’ex deputato ppi Domenico Izzo, nel corso di un battibecco con gli ospiti nello studio di Roma, dà dell’assassino prima al sottosegretario Tontoli, che lo attacca come “demagogo” e poi al generale Jean. Il presidente della provincia di Potenza, Vito Santarsiero, da tecnico della valutazione ambientale, evidenzia tutti gli errori procedurali e di metodo commessi: lo sottolineano gli applausi scroscianti del pubblico quando ricorda al sottosegretario che non si può stabilire una così impegnativa destinazione d’uso per un sito non ancora validato.
Il presidio dei pozzi è gremito da più di cinquemila persone, in attesa dell’arrivo della Madonna pellegrina: ai posti di blocco sulla Basentana centinaia di fedeli, calati dai paesi della collina materana, salutano il passaggio del corteo di auto, con in testa il vescovo di Potenza, monsignor Agostino Superbo.
A tarda sera una processione attraversa per 4 chilometri la Jonica: una lunga fila indiana recita il rosario e implora la grazia della revoca del decreto. Le fioche luci delle torce bastano a scongiurare incidenti stradali: del resto circolano solo le auto che che hanno il permesso dei vari comitati. Un privato che ci tiene a restare anonimo regala per l’occasione a don Filippo Lombardi diecimila rosari antiscorie.
Intanto duecento autotrasportatori invadono la Jonica nel corso della notte, con i loro autotreni, all’ altezza di Castellaneta (Taranto). Esasperati dai blocchi, a loro volta interrompono la circolazione in entrambi i sensi. Protestano perché le merci sono deperibili e non possono utilizzare le strade secondarie come percorsi alternativi. La rete di solidarietà si allarga ai posti di blocco: pasti caldi sono offerti dalla Rcm, ristorazione collettiva Matera sulla statale 99, mentre il ristorante Venusio organizza una cucina da campo. Alla stazione di Metaponto arrivano i panini e le tende dalla parrocchia di Piccianello [un quartiere popolare di Matera, quello da cui parte la processione della festa della Bruna, ndb] mentre alcuni panifici portano ottocento focacce.

22 Preparando la manifestazione

Sabato mattina la pressione dei blocchi interni alla regione si alleggerisce: oltre all’esigenza di evitare atteggiamenti autopunitivi verso una comunità unita nella lotta, la tensione organizzativa slitta verso la grande manifestazione indetta per domenica. Il presidente della provincia di Potenza, Vito Santarsiero, emette un decreto che vieta il trasporto di scorie radioattive. Centinaia di studenti potentini in corteo si radunano sotto il palazzo di città e fischiano sonoramente il sindaco, colpevole di essere a Roma per un impegno di partito (l’Udeur). Nel pomeriggio più di cento associazioni giovanili si riuniscono in forum a Scanzano. Parecchi dei partecipanti si trattengono per la notte, rafforzando i posti di blocchi. I campionati lucani di calcio, pallavolo e pallacanestro si fermano per il week end.

23 La più grande manifestazione della storia lucana

700 corriere, compresi gli scuolabus dei piccoli centri e migliaia di automobili intasano la Jonica chiusa al traffico da otto giorni per la più straordinaria manifestazione della storia lucana. Più di 100mila persone [vere, su una popolazione scarsa di seicentomila abitanti, ndb] partono da Policoro e arrivano dopo 8 chilometri a Scanzano, benedetti da una splendida giornata di sole. La situazione è tenuta sotto controllo da più di 500 agenti, col supporto degli elicotteri. Quando i primi manifestanti arrivano a Scanzano, la coda non è ancora partita. Alla testa dei manifestanti, uno striscione di Cgil, Cisl e Uil: “No alle scorie. La Basilicata difende il suo futuro”. Subito dietro più di cento gonfaloni di comuni delle quattro regioni del Sud. Lungo la strada si è aggiunto il presidente della Basilicata [Filippo Bubbico, un amministratore di taglio emiliano, in questi giorni di passione, scalda il cuore dei lucani e si guadagna i gradi di “comandante”, ndb] che si è messo alla testa della manifestazione con i dirigenti sindacali, i parlamentari e centinaia di amministratori locali. Migliaia le bandiere, di tutti i colori e di tutte le appartenenze, dalla Fiamma Tricolore a Rifondazione comunista. Il sindaco Altieri è salutato con i fischi e si allontana dalla piazza scortato da una decina di poliziotti. L’arcivescovo di Potenza, monsignor Agostino Superbo, invita a pregare perché Dio illumini i governanti. Al termine della manifestazione una nutrita delegazione del centrodestra si sposta a Taranto, per convincere il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi, impegnato in un convegno culturale, della necessità di ritirare il decreto. Sono numerose le trasmissioni televisive in cui si parla della grande manifestazione. Uno striscione è esposto dai tifosi veneziani a Livorno: “Matera come Marghera, l’Italia non è una pattumiera”.

24 La marcia su Roma

Lucani di tutta Italia manifestano a Roma contro le scorie nucleari. L’iniziativa, partita dai fuorisede della capitale, porta in piazza Santi Apostoli, di fronte alla provincia di Roma, migliaia di persone. Dal Metapontino sono partiti 22 pullman, altri dalle città universitarie come Milano, Padova, Bologna, Perugia e Napoli. La presenza dei numerosi autobus crea disagi al traffico. Una grande bandiera della pace fa da fulcro alla protesta: i manifestanti intonano antiche canzoni lucane, gli striscioni invocano il ritiro del decreto. Una delegazione guidata dal sindaco di Policoro, Nicola Lopatriello, con fascia tricolore e gonfalone, si reca a Montecitorio.
A Matera gli avvocati iniziano trenta giorni di astensione dalle udienze. Il presidente della camera penale [il tursitano Nuccio Labriola, ndb] è anche segretario provinciale di Alleanza nazionale. Nel pomeriggio a Potenza, su iniziativa del presidente del consiglio comunale, Roberto Falotico, si costituisce il coordinamento cittadino.
Michele Radice, interviene all’assemblea nazionale a Milano dei presidenti dei consigli regionali e ottiene l’approvazione unanime di un ordine del giorno. Il consiglio regionale pugliese, maggioranza di centrodestra, chiede il ritiro del decreto e la restituzione della materia alla conferenza Stato-Regioni. Il presidente Fitto scende giù duro: la scelta del governo è “scellerata”, non condivisibile né nei contenuti né nell’iter.

25 – Il decreto alla Camera

Una decina di sindaci lucani di centrodestra (Tursi, Accettura, Oliveto Lucano, Scanzano, Melfi, Sarconi, Policoro, San Mauro Forte, Banzi e Senise), con il consigliere regionale Melfi [ex sindaco di Tricarico, il paese di Rocco Scotellaro e di Antonio Infantino, ndb] incontra a Palazzo Chigi Matteoli, Marzano e il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. La commissione Ambiente della Camera apre l’esame del testo con le audizioni del commissario Jean e dei rappresentanti dell’Enea. C’è tensione perché prima dell’incontro la delegazione è parcheggiata per un’ ora sotto sorveglianza della polizia. Quando i sindaci incrociano i responsabili della Sogin, Jean e Togni, lo scambio di battute è aspro. Gli esponenti del governo pensano a un emendamento: Scanzano rimane il sito ideale per il “cimitero” nucleare, ma si aggiungeranno una ventina di località come scelte possibili. Il dibattito in commissione è assai aspro. Matteoli difende l’emergenza del decreto e si oppone decisamente al ritiro, tacendo sulla richiesta di dimissioni di Jean e Togni.
Secca è la smentita di un incredibile articolo della “Padania”: la Lega tenta di insinuare il sospetto che il presidente della Regione abbia offerto una fattiva collaborazione. A dimostrare l’autorevolezza della fonte e la conoscenza dei fatti il cronista scambia Filippo Bubbico con Nicola Buccico, il leader dell’avvocatura che è vicepresidente del Csm. Lucano sì, ma esponente di Alleanza Nazionale.
Mentre la maggioranza cerca una via d’uscita la protesta si allarga alla vicina Puglia. Un corteo di migliaia di studenti e di centinaia di coltivatori, a bordo dei trattori, blocca i collegamento tra Laterza e il Materano.
Bubbico chiede un incontro urgente al presidente della commissione europea Romano Prodi. A Strasburgo una petizione promossa da Gianni Pittella è firmata da 24 europarlamentari, tra cui rappresentanti del centrodestra come il lucano Giuseppe Brienza (Udc) e il napoletano Roberto Bigliardo (An). L’europarlamentare verde del Belgio Monica Frassoni, italianissima, sbugiarda il governo: non esiste nessun obbligo europeo dietro il decreto Scanzano. I verdi del Mediterraneo, riuniti in un meeting a Cipro, approvano una risoluzione a sostegno della popolazione di Scanzano. Da Buenos Aires arriva un messaggio di sostegno da parte della federazione delle associazioni della Basilicata in Argentina. Il no al decreto mette insieme tutti: per Rifondazione Comunista si tratta di una questione nazionale, per il comitato Meridione di Confindustria la sola soluzione è il ritiro. Non manca il sostegno del direttore nazionale della Caritas, don Vittorio Nozza.

26 Il mea culpa di Matteoli

E alla fine, mercoledì, quando dal dibattito in commissione emerge l’assoluta inadeguatezza del metodo e delle procedure seguite giunge il mea culpa del ministro dell’Ambiente. Per Matteoli «qualche cosa non ha funzionato dal punto di vista dell’informazione» e di questo si assume la responsabilità. La reazione è stata «più forte di quanto avevamo preventivato», ammette il ministro, e così è meglio correre ai ripari. Una risoluzione della conferenza dei presidenti delle regioni chiede il ritiro del decreto: il provvedimento è difforme ai principi costituzionali sull’urgenza e ignorando le richieste della conferenza dei presidenti delle Regioni del 24 luglio viola gli indirizzi e le procedure fissate dall’ordinanza Berlusconi di marzo nonché le direttive comunitarie. Il solo presidente del Veneto, Galan, si dissocia.
Nel corso dell’audizione parlamentare il presidente Bubbico mette a fuoco la posizione lucana, confortata da autorevoli pareri scientifici: non serve un sito nazionale geologico ma una soluzione tecnologica per la messa in sicurezza delle scorie.
Le due consigliere regionali [materane ell’Ulivo, ndb], Maria Antezza e Adeltina Salierno organizzano un incontro a Roma per illustrare alle 68 deputate di tutti i partiti le ragioni della lotta che ha visto impegnate in prima fila le donne lucane. Frenetica in questi giorni l’attività del comune di Matera che costituisce un’apposita unità di crisi, apre un banchetto per organizzare i volontari e un conto corrente per raccogliere i fondi, tiene un consiglio in piazza e sospende tutte le manifestazioni organizzate a dicembre per celebrare il decennale dell’inserimento dei Sassi nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Al presidio di Borgo Venusio sulla statale 99 il professor Edward Gueguen tiene una lezione sulla difficile arte di scegliere un deposito nazionale di scorie nucleari. Proprio dai Ds di Matera viene l’appello alla lotta ad oltranza e mentre gli appelli hanno superato le 40 mila firme i deputati lucani dell’Ulivo preparano tremila emendamenti e promettono una dura battaglia ostruzionistica quando il decreto arriverà in aula.

27 La resa del governo, la festa

La mattina del 27 l’attesa è febbrile. Il quotidiano di Potenza vicino al centrodestra anticipa: Scanzano ha vinto. Il sottosegretario Guido Viceconte, che da due giorni staziona a Palazzo Chigi fa filtrare la decisione del governo. Ma la gente non si fida: e i blocchi sono mantenuti fino all’annuncio ufficiale. La presidente della commissione regionale pari opportunità, Anna Maria Fanelli si incatena in piazza a Scanzano e annuncia l’inizio dello sciopero della fame. Salterà giusto il primo pranzo. Sono passate da poco le 14 quando il Tg3 annuncia il servizio da Roma. La piazza del Municipio brulica come un formicaio ma tutto tace. Il cronista rilancia l’annuncio del sottosegretario all’Ambiente, Tortoli, al termine del consiglio dei ministri: «Il decreto rimane ma è stato eliminato Scanzano, ora ci sarà un maxi emendamento che, sulla falsa riga dell’articolo 30, prevederà una commissione scientifica che studi il caso». Quattordici giorni di passione e di rabbia esplodono in un attimo: un boato, le trombe delle automobili e delle bombolette da stadio, le lacrime. C’è chi ancora non ci crede. Qualcuno piange e bacia il rosario, altri urlano e strattonano il vicino. Arrivano i dettagli sul maxiemendamento. In realtà è un decreto ex novo, ma è un modo anche questo per non darla vinta su tutta la linea all’opposizione.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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