Ugo Maria Tassinari ci fa la lezione sull’antifascismo…mentre dovrebbe TACERE
OGGI L’INFAME MORUCCI E’ A CASA POUND PER PRESENTARE IL SUO LIBRO.
CON LUI ANCHE PERSONAGGI COME MUGHINI ED UGO MARIA TASSINARI, sempre più colluso con quella gente che prima si limitava a “studiare” ed analizzare, ma con cui -a quanto pare- si trova ogni giorno più a suo agio.
Secondo Tassinari, “l’antifascismo è un’ideologia di sostituzione, un feticcio a cui aggrapparsi per supplire alla totale impotenza della sinistra. »Non lo ritengo superato - precisa – ma profondamente sbagliato come categoria per identificarsi politicamente.
Ovviamente non è neanche una categoria interpretativa della realtà nè tantomeno uno strumento cognitivo. D’altra parte – spiega ricorrendo a un paradosso – l’odierna violenza sociale, dagli stupri etnici al rogo di Nettuno, nella loro atroce insensatezza e ferocia fanno rimpiangere la violenza fascista o rivoluzionaria degli anni Settanta.
Manifestazioni estreme che pur nella loro rottura del patto sociale avevano un senso e delineavano, a modo loro, un barlume di speranza in un futuro
migliore, assumendosi almeno il rischio brechtiano di farsi carico del male per raggiungere il bene«. Insomma, chiarisce, »trovo sommamente offensivo
dell’intelligenza ma al tempo stesso pericoloso il tentativo di fare passare per ‘picchiatori fascistì i linciatori di Guidonia.Anzi, conclude Tassinari portando alle estreme conseguenze il suo ragionamento volutamente provocatorio, »per restare alle categorie politiche degli anni ’70, se il delitto del Circeo era ‘violenza fascistà, tale categoria va applicata al branco, e quindi agli energumeni che assaltano le gazzelle va reso l’onore e il titolo di “giustizieri proletari” e di “vendicatori antifascisti”.
MORUCCI poi li sdogana proprio.
“Se deve essere riconosciuto il mio diritto di parola, senza che in questo conti altro che il mio essere cittadino in un regime di uomini liberi, allora lo stesso diritto non può essere negato a chi si dichiara fascista. Se non è così si rimane nel gioco delle parti, che assai poco ha a che fare con i diritti. Negli anni ’70, ricorda, sono stato, seppure non a tempo pieno, un cacciatore di fascisti. Sono però convinto che quell’animosità dipenda di più dal residuo mai sciolto dell’idea cristallizzata, ideologizzata, stereotipata che ci si era reciprocamente fatti del ‘nemico’. E questo residuo bisogna provare a sciogliere. Per porre tutti quei ragazzi morti dentro un’unica pietà, anche se nella particolarità delle memorie, o nella diversità delle commemorazioni. E finalmente seppellirli.
Senza più lasciarli inumati a metà perchè il redde rationem è ancora da risolvere. Superare le ragioni ideologico-religiose di quell’odio e riportare i motivi di scontro dentro la concretezza dell’umano contendere per l’affermazione di risposte diverse alle medesime domande«. Dietro il »meccanismo diabolico« dell’antifascismo c’è, secondo Morucci, la paura del potere, che considera »politicamente pericolosa« la pietà per i vinti: mantenere quei vinti »in uno stato di separatezza«, relegarli nella categoria del ‘male’ permette di riaffermare tramite loro, a rovescio, il bene rappresentato dal Potere”. Insomma, secondo l’ex Br, il diritto di parola “non può essere negato a chi si dichiara fascista« a pena di rimanere »nel gioco delle parti”. “Forse – dice ancora Morucci – potremmo scoprire che non tutto è come credevamo. Non tutto bloccato nelle immagini dei manifesti di sessant’anni fa. Forse potremmo scoprire che buona parte della reciproca esclusione è dovuto al perpetuarsi di quei vecchi modelli che nessuno è mai più andato a verificare. Forse si potrebbe scoprire che c’è disaccordo, ma non per questo bisogno di prendersi a bastonate. C’è altrettanto disaccordo, c’è sempre stato, nell’area della sinistra militante”.
Ma tu, un libro di Ugo Maria Tassinari te lo sei mai letto? Io da quello che scrivi temo proprio di no.
Cordialmente
Claudio
Io?
io si…ma ho fatto anche diverse chiacchierate face to face.
Cordialmente
Valentina
Sta gente è peggio dei fascisti… sono più subdoli e torbidi. Schifo! W la Resistenza! Antifascista fino alla morte!
DOvremmo riconoscere diritti anche a questi assassini e considerare i loro morti come gli antifascisti? Leggi allora:
È Domenikon, la Marzabotto greca. Un villaggio pacifico nel cuore della Tessaglia verde, dove il 16 febbraio ‘43, gli “italiani brava gente” scrissero una delle pagine più nere del fascismo. Una terribile notte d’inverno, in cui le forze d’occupazione, agli ordini di Cesare Benelli, condussero la loro sanguinosa rappresaglia, in risposta a un’azione a fuoco dei partigiani greci. Non occhio per occhio, ma “occhio per testa”, come recitava la circolare del generale Roatta, una “salutare lezione” contro uomini, donne e bambini, per annientare la comunità locale. Così, in stile Ss, rastrellata la popolazione al centro del villaggio, i caccia col fascio littorio scaricarono su case e fienili quintali di bombe incendiarie, mentre i soldati della divisione Pinerolo fucilarono pastori e paesani, incendiarono stalle e casolari, requisirono e distrussero ogni riserva alimentare. Un massacro di civili, con 150 morti gettati in una fossa comune e attorno uno scenario devastante da “terra bruciata”. Rimasto impunito, l’eccidio di Domenikon, primo di una serie di violenze che segnarono il terribile ’43 ellenico, resta il simbolo della sporca campagna di Grecia di Mussolini. Una dimenticata Marzabotto greca.