giovedì 12 settembre 2013

Le librerie Feltrinelli e il declino dell'Italia (e dell'Occidente)

Piero Ottone
Per quanto vi si leggano quotidianamente orribili falsità, non bisogna avere nei confronti della stampa mainstream un atteggiamento troppo pregiudiziale.
Prendiamo ad esempio il venerdì di “Repubblica”: spesso vi si trovano utili spunti di riflessione – in misura maggiore rispetto al relativo quotidiano – e, talvolta, persino qualche pillola di pensiero politicamente non corretto, che non ci si aspetterebbe di trovare su una rivista a grande diffusione.
Ad esempio, giorni fa mi è capitato un numero del venerdì dello scorso agosto (il 9 agosto, per la precisione) dove ho trovato due di queste “pillole”, riunite addirittura nella stessa pagina (a p. 99)!
Si tratta dei pezzi DIARIO DA VENEZIA DI UN CRITICO DELUSO (una recensione del libro Biennali souvenir, del critico d’arte Cesare De Seta), e di LIBERTÀ SESSUALE? A ME SEMBRA SOLO DECADENZA, un pezzo scritto da Piero Ottone per la sua rubrica settimanale Vizi& Virtù.
Pezzi da cui emergevano due punti di vista insolitamente critici su due tipici fenomeni della modernità: la libertà sessuale, appunto, e la cosiddetta “avanguardia artistica”, quella più modaiola e “cool”.

 
Il colpo d’occhio di vederli affiancati nella stessa pagina mi ha fatto pensare che tali fenomeni, di solito visti come tendenze separate, forse sono due manifestazioni di una stessa tendenza, facce di una stessa medaglia.
Ma leggiamo le rispettive considerazioni, effettivamente insolite, del critico d’arte De Seta e del critico del costume Ottone.
Cesare De Seta:
“Una larga parte dell’arte contemporanea sembra immersa in un presente bulimico che si occupa prevalentemente del suo brand … Hirst, Koons e i loro sodali baldanzosi ascendono le classifiche del mercato, ma allo stesso tempo precipitano nell’abisso dell’insignificante”.
Piero Ottone:
“ … Libertà sessuale un segno di progresso dunque? Si può sostenere. Ma è anche possibile una lettura tutta diversa della liberazione sessuale: si può vedere nella libertà oggi imperante (i tradizionalisti la chiamano licenza) il segno della graduale disintegrazione della civiltà. Ogni civiltà sancisce infatti, autonomamente, i suoi permessi e i suoi divieti. La regolazione della sessualità fa parte di queste regole. L’abolizione delle regole, il ritorno alla licenza assoluta è un nuovo segno di declino. Inutile dirlo, per chi sa come la penso: appartengo, nel giudicare la libertà sessuale oggi imperante, a questa seconda categoria: è un altro segno di decadenza”.
Trovo che, in genere, i pezzi di Ottone per il venerdì siano garbati ma un tantino leziosi, persino un po’ soporiferi: non è il caso di questa riflessione, con cui mi trovo curiosamente in sintonia.
Breve digressione: forse, Ottone non è stato sempre quel vecchio signore garbato ma un po’ noioso come appare da anni nella sua rubrica settimanale per il gruppo “Repubblica-L’Espresso”. Nel libro di Sergio Flamigni, TRAME ATLANTICHE – Storia della loggia massonica segreta P2, mi imbatto infatti nella seguente nota (a p. 204):
“Con la direzione Ottone, il paludato “Corriere della sera” aveva assunto una linea politico-editoriale aperta e “progressista” (arrivando a ospitare in prima pagina gli “scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini), del tutto antitetica al Piano di rinascita della loggia P2”.


E la critica di Ottone alla liberazione sessuale mi fa venire in mente un altro servizio del venerdì in cui, coincidenza, si parlava proprio di Pasolini e delle sue riserve nei confronti della predetta “liberazione”:
"QUEL CINEASTA ERETICO CHE RACCONTÒ IL BOOM E LE SUE TRAPPOLE – L’autore di LETTERE LUTERANE intuì, già nell’inchiesta degli anni sessanta, che la liberazione sessuale poteva diventare un nuovo conformismo. Dopo la sua morte l’analisi fu difesa da un altro intellettuale scomodo. Il 23 marzo 1977, Le Monde pubblicò un breve articolo di Michel Foucault su Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini...”[1].
Piero Ottone, Pasolini, Foucault … dunque non sempre la critica a certe forme di “liberazione” è sinonimo di perbenismo.

Pasolini impegnato nelle riprese di "Comizi d'amore"
 
Ma per tornare al tema iniziale, e cioè all’affinità tra l’insignificanza artistica e la decadenza erotica, mi sono chiesto: è possibile che questa affinità, se c’è, abbia dato luogo a delle commistioni, a delle fusioni che rappresentino in modo emblematico lo spirito della nostra epoca?
Il primo esempio che mi è venuto in mente è il matrimonio tra Jeff Coons e Ilona Staller, esempio calzante alla lettera ma in realtà non così indicativo (data anche la durata effimera di quel sodalizio).

Jeff Koons e Ilona Staller all'epoca del loro sodalizio
 
Pensavo invece a qualcosa di socialmente più rilevante, che abbia fatto e faccia davvero tendenza. E mi sono venute in mente le librerie Feltrinelli.
Le Feltrinelli come sono oggi, non com’erano 40 anni fa, quando vennero concepite dal loro fondatore Giangiacomo Feltrinelli.
Perché mi sono venute in mente le librerie Feltrinelli? Perché nel corso dei decenni mi sembra siano diventate un esempio davvero emblematico del modo di pensare politicamente corretto: luoghi in cui lo snobismo tipico delle gallerie d’arte “cool” e “trendy” si è allargato alla massa sessualmente “liberata” (o almeno, liberata nella mentalità, nell’”ideologia”).


Ma, siccome non mi ritengo un esperto in questo campo, ho chiesto, sull’evoluzione delle librerie Feltrinelli, un parere alla scrittrice Angela Scarparo (a parte il suo punto di vista sulla “liberazione sessuale”, non necessariamente collimante con quello di Piero Ottone e mio).
Questa è la domanda che le ho postato su Facebook:
Cara Angela, che ne pensi dell'evoluzione delle librerie Feltrinelli di questi ultimi lustri? Èpossibile dire che, da luoghi con un tono di serietà (con una punta di austerità) com'erano fino a 20 anni fa, siano diventati luoghi pretenziosi e trendy, e che, in questo, abbiano fatto tendenza (imitati da librerie di provincia ancora più snob e leccate)?”.
E questa è stata la sua risposta:
“Andrea secondo me Carlo Feltrinelli ha sprecato un'opportunità importante. Avrebbe potuto far diventare la casa editrice un laboratorio di pensiero. Se non l'ala radicale della sinistra italiana, una parte importante di essa. Ci stava. Per tradizione familiare, per gli autori (che non pubblica più) che ha in catalogo. Ha scelto di diventare un supermercato. Avrà i suoi motivi. Buon per lui”.
Un supermercato: la definizione mi sembra azzeccata. E mi viene da ripensare – con una certa nostalgia – al padre di Carlo, a Giangiacomo, cui il figlio ha pur dedicato un libro importante come SENIOR SERVICE[2].

 
A Giangiacomo: avercene di comunisti come lui, capaci di pubblicare non solo libri come Il gattopardo e Il Dottor Zivago (che “tutti” conoscono) ma anche, per dire, la ristampa anastatica integrale della Corrispondenza Romana di Mons. Umberto Benigni (il capofila dell’integrismo cattolico del primo Novecento)[3].

Giangiacomo Feltrinelli
 
E mi viene da ripensare che il suo omicidio, perché tale è stato[4], rientrava in un processo di disarticolazione e distruzione della sinistra italiana che a quanto pare è stato organizzato anche a livello culturale, non solo politico: viene in mente, oltre alla banalizzazione della Feltrinelli (e relative librerie) anche la banalizzazione dell’Einaudi, conquistata dal “fratello” Silvio Berlusconi.
E la decadenza della Mondadori – conquistata dal medesimo “fratello” – che da quando ha cambiato proprietà ha dato la stura a libri tanto dozzinali quanto di speciosa impronta massonica.
E, a proposito di Carlo Feltrinelli, mi sembra che il suo percorso sia analogo a quello di tanti altri figli di famose vittime degli anni di piombo: su questo fenomeno della nostra epoca altrettanto emblematico rispetto a quello finora considerato, espressi a suo tempo una valutazione sullo spazio commenti del blog di Ugo Maria Tassinari[5]. La ripropongo qui (perdonate l’autocitazione):
“Figli integrati e sistemici di genitori che finirono per trovarsi – e la cosa non gli fu perdonata – su posizioni antisistema”.

Mario Calabresi
 

[1] Il Venerdì di Repubblica, 29 marzo 2013, p. 27, articolo di Marco Cicala.
[2] Carlo Feltrinelli, SENIOR SERVICE, Feltrinelli 2010 (Quarta edizione).
[4] Su questo vedi, tra gli altri, il capitolo 21 (“I destini incrociati di Feltrinelli e Calabresi”) del libro di Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana, Ponte alle Grazie, seconda edizione, Milano 2012, pp. 577-614.
[5] In Di Pietro e le candidature Rai: il bue dà del cornuto all’asino: http://www.fascinazione.info/2012/06/di-pietro-e-le-candidature-rai-il-bue.html

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