L' università chiuda le porte agli ultrà della destra

Nelle università degli anni Settanta facevamo le manifestazioni contro il fascismo ma il vero nemico, il bersaglio nascosto, era il partito comunista di governo. Allo stesso modo oggi i movimenti dell' estrema destra manifestano contro i silenzi politici sulle foibe slavo-comuniste ma i veri nemici, i bersagli nascosti, sono il presidente della Camera Gianfranco Fini e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Prima dunque che questo nuovo micidiale dispositivo, che si sta preparando a destra, dia tutti i suoi frutti criminali, è assolutamente necessario restaurare l' ovvietà basilare che nelle università italiane si può parlare solo per titoli e per competenze. Ebbene, il leader di "Forza Nuova" Roberto Fiore non ha titoli né competenze per parlare delle foibe in una sede scientifica, sia essa a Roma o a Padova. Più in generale, Fiore non ha titoli per parlare di alcunché in una università, così del fascismo come delle particelle elementari. Se vuole frequentare l' università, si iscriva e prenda appunti. E subito va chiarito che allo stesso modo, della teoria del valore-lavoro possono discutere all' università Mario Monti e Tito Boeri, ma non Casarini e neppure Veltroni e Berlusconi. Persino i professori politici, come Tremonti e Salvati per esempio, possono sì tenere lezioni di economia, ma certamente non di latino e greco. Ovviamente la politica può usare la scienza come vuole, ma la scienza non la fanno i politici. Proprio perché è recentemente e drammaticamente accaduto che l' università italiana sia stata strumentalizzata diventando il teatro della più feroce ignoranza attiva, oggi i professori, i presidi e i rettori dovrebbero disinnescare con un unico 'no' chiaro e forte questa montante strategia del finto convegno storico, che ha la rissa e la violenza politica come reali obiettivi. Insomma, l' università italiana dovrebbe vietare l' abuso di agibilità politica che potrebbe e vorrebbe riportarci al clima infuocato degli anni Settanta. Ed è necessario che il divieto venga pronunziato in nome dell' università e non dell' antifascismo o dell' anticomunismo. Il rischio infatti che stiamo correndo è che l' università diventi il luogo delle scorribande di masnadieri che si esibiscono su cose che non conoscono - le foibe, la Repubblica Sociale, la Resistenza, il comunismo... -, fascisti e antifascisti che si scontrano non più come i ragazzi ubriachi di politica degli anni di piombo, ma come ragazzi ubriachi che fanno politica, con nel mezzo i presidi assediati, come è accaduto alla Sapienza di Roma al professore Guido Pescosolido. Ma torniamo all' onorevole europarlamentare Roberto Fiore il quale, come ha segnalato ieri Alessandra Longo su "Repubblica", vorrebbe ottenere a Padova quel che non ha ottenuto a Roma, vale a dire parlare di foibe in un' aula universitaria. La sua strategia, chiarissima, è quella di innescare lo scontro nei luoghi più frequentati dagli studenti dell' estrema sinistra, dai centri sociali, dai no global, dagli antagonisti. Ebbene, affrontare la biografia irregolare e romanzesca di Fiore significa viaggiare tra galera, processi, lunghe latitanze, funerali runici con coreografie a forma di freccia, cantautori venerati e maledetti, servizi segreti, ottimi affari economici, religione. Il risultato è questo piccolo leader politico che è amato dai militanti di Forza Nuova come solo furono amati negli anni Settanta alcuni piccoli leader dei gruppi dell' estrema sinistra. E si capisce subito che il suo album di famiglia è la destra degli anni di piombo, quella stessa di cui si è liberato il neosindaco di Roma Gianni Alemanno. C' è un libro, "Fascisteria", edito da Sperling e Kupfer che, sebbene scritto da un estremista di sinistra, grande amico di Scalzone, Ugo Maria Tassinari, prova a raccontare questa enorme galassia senza troppo cadere negli stereotipi e nei luoghi comuni giornalistici. Fiore, che è nato nel 1959, ancora adolescente rimase orfano del papà ex repubblichino che a 13 anni gli aveva insegnato a memoria i 18 punti del manifesto di Verona. Poi da studente liceale al 'Lucrezio Caro' di Roma era già un piccolo capo dei movimenti extraparlamentari di destra. Ha fondato "Terza Posizione" e, per sfuggire a una condanna, è scappato a Londra dove ha vissuto 18 anni. Nel 1998 è tornato in Italia grazie alla prescrizione della pena. Sposato con la figlia di un imprenditore spagnolo è diventato un abile e ricco uomo d' affari (agenzie di viaggi e servizi turistici), ha otto figli, è un ultracattolico tradizionalista, mette la politica al primo posto, si batte contro l' invasione degli immigrati, contro l' aborto e contro i diritti ai gay, odia «i traditori venduti di An» e vuole rifare il Msi con la fiamma tricolore... E basta leggere i suoi discorsi e dare un' occhiata ai volantini per sentire il rancore che cova, l' astio irrisolto del passato che torna come una furia cieca, come un dolore, come uno slogan cupo nelle curve degli stadi, nelle borgate, nelle periferie degradate, nelle università... In aperta contrapposizione alla destra che diventa risorsa democratica per il Paese, contro questa destra che si misura con l' amministrazione delle città, Fiore e i suoi militanti accusano nientemeno Maroni di "smaronare" - pensate! - a favore degli immigrati, minacciano contro Alemanno «una campagna di protesta quotidiana, trasversale e rumorosa», disprezzano Fini come un burocrate, sono antiamericani e antiisraeliani... E si capisce che le foibe sono il pretesto alla loro xenofobia, la metafora dell' Italia di oggi che starebbe diventando una grande foiba per gli italiani, dove gli infoibatori sarebbero gli immigrati che hanno occupato le nostre metropoli come le truppe nazionalcomuniste di Tito occuparono la Venezia Giulia. E come già fecero loro, anche gli immigrati ci stanno infoibando. Ed è inutile dirgli che le foibe, ormai dal 1992, quando vennero aperti gli archivi, sono state finalmente studiate senza più complessi e riguardi soprattutto dagli storici di sinistra e valgano per tutti i bellissimi libri di Raul Pupo e quello divulgativo di Gianni Oliva. Sulle foibe sono andati in pellegrinaggio sia Fassino sia Veltroni. E' vero che sono state lungamente nascoste a sinistra e che dunque ancora oggi nei manuali adottati nelle scuole ci sono lacune e reticenze, ma anche questa colpa è stata oggetto di studio, e proprio a sinistra. Insomma oggi ci sono già molti libri di sguardo profondo e di spazio ampio e basterebbe leggerli per essere meno attivi e pericolosi con la propria ignoranza. La nostra speranza è che dunque l' università italiana con un po' di orgoglio si sottragga a questa strategia eversiva ribadendo che il rapporto che c' è tra la politica e la scienza è lo stesso che c' è tra l' ortolano e la botanica, perché insomma il macellaio non può tenere lezioni di zoologia, così come lo scemo, pur maneggiando la scemenza, non può sostituire il neuropsichiatra. Tocca infine a Fini e ad Alemanno riuscire a tenere testa agli spiriti animali del proprio album di famiglia, proprio come, un po' tardivamente, seppe fare, molto bene, il Pci. I dirigenti della destra di governo ammettano pubblicamente e spieghino al loro popolo che ormai esiste su tutta la storia italiana, anche sulle foibe, una bibliografia senza reticenze. L' idea falsa che le foibe siano ancora oggi un argomento tabù a sinistra è come quella ignoranza che al circolo dei nobili di Caltanissetta spararono contro il povero Goethe, il quale parlava loro della morte dell' imperatore, sia tedesco sia siciliano, Federico II, avvenuta ben cinque secoli prima: «Ma come, morto è? E noi non ne abbiamo saputo niente!».

FRANCESCO MERLO