8.8.20: finisce la vita bella e coraggiosa di Enza Siccardi
E’ finita l’8 agosto 2020 la vita, intensa e appassionata, di Enza Siccardi. Lo annuncio lo dà Rossella Simone, che a questa “donna coraggiosa” aveva dedicato una delle 11 storie di vita del suo libro “Donne oltre le armi”. Erano state insieme in cella, una arrestata insieme al suo compagno, Giuliano Naria, l’altra sorpresa mentre andava a fare un attentato, insieme a un giovane militante luddista, Emilio Quadrelli.
E dal loro rapporto con Mario Rossi si potrebbe partire per seguire un altro filo rosso: perché alla sorella di Mario, Angela Rossi, sequestrata e violentata per ore il 22 febbraio 1976, i suoi torturatori rinfacciano la partecipazione a un meeting per la liberazione di Enza Siccardi e Emilio Quadrelli. Ma restiamo ai nostri “eroi”. E alla severa condanna riportata in primo grado. Ecco la cronaca della Stampa, nel dicembre 1976:
La “prof” dinamitarda è condannata a 4 anni.
La stessa pena allo studente universitario preso con lei
(Dal nostro corrispondente) Genova, 22 dicembre. La professoressa Vincenza Siccardi, di 33 anni, e lo studente universitario Emilio Quadrelli, di vent’anni, simpatizzanti di movimenti estremisti collegati alla sinistra extraparlamentare, sono stati condannati questa mattina dal tribunale di Genova rispettivamente a 4 anni di reclusione e a 500 mila lire di multa, perché riconosciuti colpevoli del reato di «trasporto illecito di materiali esplosivi» (12 chili e mezzo di polvere di mina).
I due erano stati arrestati la notte del 22 gennaio scorso, nel centro storico, (qui il suo racconto, con allegato il pdf dell’autobiografia), con un ordigno di discreta potenza, con innescato un congegno a orologeria, che era destinato ad esplodere dinanzi alla sede dell’associazione «Serviam», vicina alla destra cattolica.
Un’assurda accusa di strage
La Siccardi, che in carcere, all’inizio di ottobre, ha dato alla luce un bimbo, e Quadrelli, erano stati denunciati in un primo momento per «strage», un reato per il quale avrebbero dovuto essere processati in corte d’assise con una previsione di pena variante tra i vent’anni di reclusione e l’ergastolo. Nel corso dell’istruttoria, il loro reato è stato, come si dice in termini tecnici, «derubricato», e l’accusa contenuta nel rinvio a giudizio è stata trasformata in semplice «trasporto» di armi.
I due, al momento dell’arresto, avevano con sé anche pistole e un mazzo di volantini contro l’arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri: a casa della Siccardi fu trovato dell’altro esplosivo. Quadrelli era già stato arrestato l’anno prima, e successivamente rilasciato, per aver partecipato al tentativo di bruciare dei pullman di turisti spagnoli per protestare contro il regime franchista. I due giovani, nel corso del dibattimento, hanno sostenuto quello che già avevano dichiarato nel corso dell’istruttoria, che cioè non avevano alcuna intenzione di fare del male, ma solo di compiere un gesto dimostrativo, perché il gruppo «Serviam» era impegnato da qualche settimana, con conferenze, manifestazioni e volantini, a combattere la legge sull’aborto e sui diritti civili.
Un nuovo gruppo armato
Secondo Sergio Luzzatto, lo storico che ha dedicato un lavoro approfonditissimo sulla colonna genovese delle Brigate Rosse, “Dolore e furore”, dietro gli arresti c’è lo stile e la volontà politica di Gianfranco Faina:
la maldestra preparazione di un attentato dinamitardo inteso a colpire un’associazione cattolica legata al cardinale Siri provocò l’arresto della compagna di Gianfranco Faina, Vincenza (Enza) Siccardi, e di un giovane fainista, Emilio Quadrelli. Nel volantino già pronto di rivendicazione del gesto, gli apprendisti bombaroli evocavano la cattura recentissima del «compagno Curcio» e la morte recente di «Mara» per concludere con la minaccia: «Pagherete tutto!». Ma gli esponenti più ortodossi della colonnina genovese, a cominciare da Sergio Adamoli, riconobbero nell’estemporanea iniziativa di Faina – una professoressa di scuola media e uno studentello universitario nottetempo tra i vicoli del centro storico, allo sbaraglio verso l’Arcivescovado con una bomboletta da campeggio in una pentola a pressione – un segnale della volontà di Faina di rompere definitivamente gli indugi nella più disordinata delle maniere. La volontà di fare comunque qualcosa in città, senza chiedere il permesso a nessun Moretti o a nessun Dura; ma anche senza riguardo per la pertinenza dell’obiettivo né per la sicurezza degli altri «ultrà di sinistra», come le cronache locali li definivano nell’occasione. Il professore di Balbi era ormai deciso a fare di testa sua, e questa non era necessariamente una buona notizia.
Dentro e fuori
Enza Siccardi sarà scarcerata nel settembre del 1977. Tornerà in galera per una ventina di giorni in occasione del primo blitz contro le Brigate Rosse. Quello che con Enrico Fenzi manda in galera una decina di compagni che non avevano nessun legame con la colonna genovese. Vi tornerà nel 1984, subendo un arresto spettacolare nella scuola media in cui insegnava. Vittima delle accuse di un tardo pentito della banda Barbone, Mario Marano.
Costui ha militato nelle UCC e poi nella Brigata 28 marzo. Ha poco da raccontare visto che altri pentiti hanno già venduto tutto il vendibile. Quindi lavora su cose orecchiate e di fantasia. Alla fine Enza sarà prosciolta ma intanto l’hanno trasferita, visti i precedenti, nel supercarcere di Voghera. E’ un’evidente coincidenza che lo stesso pentito sia morto due settimane dopo, il 22 agosto 2020.
E un altro incidente giudiziario le toccherà ancora alla vigilia del G8 di Genova, l’8 luglio 2001. Ce lo racconta ancora una volta la Stampa
Genova 2001
È stato consegnato al procuratore Francesco Meloni il rapporto sulla perquisizione fatta dalla Digos nell’abitazione di Enza Siccardi, 58 anni, professoressa di lettere con precedenti per detenzione di esplosivi. Nell’appartamento, dove la donna abita con il figlio, sono state trovate sostanze chimiche. Secondo la polizia, potrebbero essere usate per confezionare esplosivi.
La Siccardi, in proposito, ha spiegato che il figlio Vanja, 24 anni, studente di scienze dell’informazione e frequentatore dei centri sociali, fa il giocoliere di strada. Quei composti chimici (acido cloridrico, solfito di potassio) gli servono, insieme ad alcuni bastoni e clave trovati in casa, in vico dei Garibaldi, per la sua attività artistica.
La polizia ha acquisito anche altro materiale che sta esaminando. Documenti e volantini sul G8, dischetti contenenti nomi e numeri di telefono. La perquisizione è stata compiuta due giorni fa protraendosi per oltre dieci ore mentre nell’abitazione della professoressa si trovava una decina di giovani ospiti, alcuni dei quali giunti da Toscana e Valle d’Aosta.
Ca’ Favale
Dal 2002 comincia a prendere corpo l’esperienza di Ca’ Favale, una comunità rurale che è ancora attiva nella Rete dei Villaggi ecologici
E proprio dal racconto autobiografico di Enza, che si dipana dal filo di seta dei bachi di Ca’ Favale, Donatella Alfonso, la giornalista genovese autore di un bel saggio sulla “22 ottobre” (Animali di periferia) ricostruisce il suo vissuto a partire da una storia di famiglia significativa e attraversando poi gli anni Settanta
La memoria dei ’70 dietro a quel sottile filo di seta nera
NASCE ligure di ponente, Enza Siccardi. Nasce con un cognome che nella guerra di Liberazione è qualcosa di potente. E’ la figlia di Nino Siccardi, u Curtu, comandante della I Zona Operativa Liguria. Di lui e della madre Chiara porta con sé l’eredità del rigore e la fede comunista ma soffre altrettanto quella distanza, quella mancanza di leggerezza che negli anni ‘50 accompagna il comandante partigiano ormai disilluso.
Non può essere casuale per la schiva Enza l’incontro, anzi l’abbraccio con i movimenti degli anni Sessanta e Settanta, dopo la restituzione nel ‘68 della tessera del Pci. E allora saranno gli anni del femminismo, la vita da insegnante di lingue pendolare con Torino, la frequentazione dei compagni di Lotta Continua e di Potere Operaio, ma anche dei luddisti di Balbi. E l’incontro fondamentale con Gianfranco Faina, il docente che poi parteciperà alle prime Br e fonderà Azione Rivoluzionaria.
Quel passaggio inevitabile
Quasi fatale, il passo. Quello che porta verso l’antagonismo, la clandestinità. E un mancato attentato, nel 1976, a cui fa seguito un primo arresto. Poi, quando tutto sembra dimenticato, la sentenza passata in giudicato e l’arresto: a scuola, durante le lezioni, con il pensiero del figlioletto da andare a prendere a scuola. Gli anni nel supercarcere di Novara, il confronto tra le donne. Poi, la nuova libertà, la scelta di svoltare verso una nuova vita: che potrebbe essere rappresentata, in una grande casa di Cà di Favale, nell’entroterra chiavarese, dall’allevamento dei bachi da seta. Fili di seta leggerissimi e fortissimi, come le proprie passioni.
“ Sarà un filo di seta nera“, edizioni Anarres, 7 euro: nelle librerie L’Amico Ritrovato e da Bookowski), è la storia che Enza narra di sé. Poco raccontata, molto riflessiva, com’è lei. «Devi farlo, perché se vai al risparmio energetico non farai nulla – sorride lei, che presenterà il libro oggi alle 16.30 al Cream Café del Ducale insieme a Paolo Tellarini, l’amico che l’ha convinta che scrivere (molto bene peraltro, frasi secche e dure, ma grande gusto della parola) di sé era la cosa giusta da fare. «E’ un racconto con esperienze e con vissuti pesanti, molto più del mio – dice Enza certo, non è stato facile, ma queste cose bisogna dirsele». Un percorso che si riapre. Senza giudizi, solo ricordi.
Un pensiero di Oreste Scalzone
Scrive Rosella ”OGGI È MORTA ENZA SICCARDI, una donna coraggiosa…”. Ormai, per ‘nojaltr*’ in svariati sensi, ‘la campana suona ogni giorno’, e anche il suo annuncio. Ora, un altro buco nella rete sempre più tarlata…, un altro addìo….. Ridotto – per motivi disparati, convergenti e sinergici, di forza maggiore – ad una rarefazione estrema delle ‘uscite su questo schermo’, sempre più ‘a singhiozzo’ e perdendo sempre più terreno come un ciclista rispetto al ”Gruppo”, dovendo scegliere preferisco ‘farmi vivo’ tenendomi, al netto di ”tutto”, a queste ‘cerimonie degli addìi in corso’, che sono – come si dice oggi – ”di nicchia”….
Non si tratta di una sorta di ‘Spoon river’ in simultanea o quasi , ‘in progress’ ; o dell’esprimesi in una cifra ‘ossianica’ alla Macpherson *… È che – poi che ”il bisogno di consolazione è indissetabile”*, questi piccoli gesti possono avere un minimo di effettualità per qualc1. Per memorie – rammemorazioni, rivisitazioni – assai più ‘megaliche’, fino all’immane, non sono certo necessario io, non c’è bisogno di me – semmai è il contrario, ma tento di vedermela ‘tra me e me’… In fondo, ‘tutto qua’.
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