21.1.72 Napoli: ucciso col fuoco il compagno Enzo De Waure

Enzo De Waure

Ho sempre scritto poco di Napoli, per un’evidente scelta, determinata dalla mancanza di distacco emotivo che è invece necessario per non scottarsi quando la materia è incandescente. Per questo post che ripropongo oggi con qualche aggiornamento, devo ringraziare il mio antico amico e compagno Marco Galasso che l’anno scorso aveva ricordato l’atroce morte di Enzo De Waure, militante marxista leninista dei Comitati di lotta, per mano fascista. Ma prima di riproporvi l’articolo pubblicato venti giorni dopo il delitto dal quindicinale Lotta Continua vi racconto una storia dolorosissima, un altro terribile lutto per la famiglia De Waure

La tragedia dei De Waure continua: la morte bianca di Enrico

Enrico, uno dei dodici tra fratelli e sorelle di Enzo, svolgeva l’attività di operaio edile. Il 9 luglio 2020 era caduto rovinosamente da un’impalcatura mentre svolgeva il proprio lavoro, subendo gravissimi traumi. Trasportato in codice rosso presso il vicino ospedale San Paolo dove però non c’è Neurologia, non riescono nell’immediato a curare il preoccupante trauma cranico.

Otto ore sotto i ferri al don Bosco

Di qui l’immediato trasferimento al San Giovanni Bosco, dove De Waure rimane per otto lunghe ore nel reparto di neurochirurgia prima di essere ricoverato in rianimazione e tenuto in coma farmacologico: la situazione è critica, la prognosi ovviamente riservata. I medici sono costretti a operarlo al cervello per ridurre la pressione dell’ematoma e a sottoporlo a tracheotomia.
Le condizioni sembrano migliorare ed Enrico si risveglia.

Inizia la riabilitazione a Somma

Viene trasferito il 21 settembre nella casa di cura Santa Maria del Pozzo, a Somma Vesuviana, per tentare la riabilitazione. Qui, tra piccoli passi avanti e ricadute, rimarrà fino a tre giorni prima del tragico epilogo, a parte una breve parentesi l’11-12 febbraio, in cui viene portato alla clinica Trusso, a Ottaviano, per sostituire un tubicino che era a rischio infezione. Sta di fatto che la sera del 17 febbraio il suo fisico, duramente e troppo provato, manifesta l’ennesimo problema e viene trasportato d’urgenza all’Ospedale del Mare. I medici cercano di capire prima l’origine dell’emorragia interna e poi di bloccarla, ma alle 19.30 di sabato 20 febbraio non possono fare altro che comunicare alla sorella che Enrico è spirato.

Un’ipotesi assurda di suicidio

A questo primo breve pezzo segue un’inchiesta più approfondita. Essendo trascorsi 50 anni dall’omicidio ho siglato tutti i nomi dei fascisti perché non avendo lasciato tracce successive nella cronaca ho ritenuto di applicare il diritto all’oblio.

Napoli. Il 21 gennaio [1972], nelle piazza centrale di Fuorigrotta viene trovato il corpo carbonizzato di Vincenzo De Waure, compagno marxista-Ieninista. La grande stampa che in un primo tempo si era affrettata a liquidare il caso come suicidio, comincia a «esprimere dubbi». Poi ammette che la ipotesi del suicidio è sempre più assurda. Poi tace definitivamente. Ammette che è un assassinio ma non gli importa.

La testimonianza contro i fascisti

La polizia e i carabinieri non stanno conducendo nessuna indagine, in realtà occultano le prove che emergono contro la tesi del suicidio.Vincenzo De Waure non si è suicidato. E’ stato assassinato nel modo più atroce, cosparso di benzina, bruciato da fascisti criminali. Questa è la verità che ormai balza fuori con evidenza e sulla quale nessuno può avere dei dubbi. Vincenzo De Waure era uno dei compagni più impegnati nella lotta rivoluzionaria. a Napoli.

Con i fascisti aveva avuto ripetutamente a che fare e li conosceva bene. Chi gli è stato vicino testimonia che era deciso nell’affrontarli, anche da solo, che non si era mai tirato indietro. Nell’aprile del 1971 al processo contro due picchiatori fascisti, S.C e D.C., condannati e poi rimessi in libertà, la sua testimonianza era stata decisiva. In quell’occasione, davanti al giudice, S.C. lo aveva apertamente minacciato di morte.

Il pestaggio subito e la denuncia

L’1’1 dicembre 1970 Enzo aveva sporto denuncia contro tre noti fascisti: N. M., G. B. e P. P. Lo avevano aggredito e ferito davanti a scuola [l’8° scientifico di via Cinthya, ndb]. Allora, dopo l’aggressione, il commissario di P. S. di Fuorigrotta, dott. F., lo aveva arrestato e mandato in galera. Trasformando così la vittima di un’aggressione in un imputato per rissa. Nel prossimo marzo si sarebbe tenuto il processo per questo episodio nel quale Vincenzo avrebbe potuto ancora una volta smascherare la montatura poliziesca e aggiungere altre prove contro i delinquenti fascisti. La versione ufficiale del suicidio fa acqua da tutte le parti. In primo luogo perché De Waure era un comunista conseguente. E tutti quelli che lo conoscono escludono che possa mai aver neanche pensato a una cosa così assurda.

Tutte le prove del delitto

Questo a noi basta. Ma ci sono anche le prove, una schifosa montatura poliziesca crollata. Innanzitutto l’incredibile «incuria» dei carabinieri: arrivano sul posto con grande ritardo, permettono che spariscano prove, o siano messe in dubbio. I frammenti della lattina di plastica raccolti da compagni il giorno dopo e consegnati. Una giacca blu, che non è quella di De Waure, vista per terra la notte e poi sparita. Le tracce di sangue per terra. Il fazzoletto macchiato, con le iniziali «B» e «G» , anche esso trovato da compagni e consegnato il giorno dopo, assieme a un bossolo di pistola. C’è l’incredibile commissario di Fuorigrotta che ha la sede in quella stessa piazza e non si è accorto di nulla, giunge dopo gli stessi carabinieri cui lascia le indagini.

Quelle telefonate a casa

E’ il commissario conosciuto come fascista in tutta Napoli, lo stesso che aveva arrestato De Waure nell’aprile scorso per essersi lasciato aggredire dai fascisti. E c’è il magistrato che – a detta degli stessi poliziotti – aveva giudicato «inutile» l’autopsia: è stato costretto a farla solo dai legali dei genitori.

C’è il fatto che gli occhiali, l’anello e l’orologio di Vincenzo non sono stati trovati. C’è il fatto che il suo corpo risulta bruciato solo da una parte mentre quella che poggiava sul marciapiede no (come se l’avessero bruciate quando era disteso sul marciapiede e privo di sensi). Ci sono poi le telefonate a casa, di minaccia, e quella di una voce che dice: «Perdonatemi, sapevo dell’appuntamento dell’una. Ho dovuto farlo. Non ho potuto parlare. Ho paura». (E l’accenno all’ora è significativo).

Un impegno: fargliela pagare

Vincenzo De Waure, uno dei nostri: forse mai, dal tempo della liberazione, i fascisti avevano osato tanto. Forse mai, dal tempo della liberazione, gli « antifascisti» ufficiali li avevano coperti fino a questo punto. I proletari sapranno dimostrare quanto vale la vita di uno dei loro, è un impegno che tutti ci assumiamo. Imporre la verità, come nel caso dell’assassinio di Pinelli, smascherare i mandanti e chi li copre. Trovare gli esecutori. Fargliela pagare.

Sostiene Cazzullo

25 anni dopo, nel suo libro su “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione” Aldo Cazzullo sostiene un’altra tesi:

Altre volte le accuse non corrispondono al vero. È attribuito ai fascisti l’assassinio di Enzo De Waure, un ex missino diventato marxista-leninista, ucciso a Napoli il 20 gennaio ’73; ma un’inchiesta interna condotta da Cesare Moreno scopre che De Waure è stato assassinato per una storia di droga.

In realtà di questa controinchiesta evocata da Cazzullo non è mai trapelato niente a Napoli, una città decisamente contraria antropologicamente al culto del riserbo …

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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