Erminio Restaino e Antonio Luongo: amici dentro e oltre la politica

I festeggiamenti per l’elezione del sindaco Domenico Potenza, nel 1995: da sinistra nella foto Vincenzo Mancusi, candidato sindaco dei popolari, Erminio Restaino, Antonio Luongo, Peppino Molinari (che ci ha inviato la foto), il sindaco Potenza e Oreste Lo Pomo, oggi capo della redazione napoletana del Tg3

La mattina del 15 marzo 2016, negli uffici del consiglio regionale, ho una lunga conversazione con Erminio Restaino, uno dei primissimi testimoni che mi accompagna nella ricostruzione della biografia di Antonio Luongo, che ho poi raccontato in “Stagioni. La bella vita e le buone opere di Antonio Luongo”.

Una testimonianza onesta, al limite della spietatezza, che racconta di una grande amicizia ma anche della fierezza della politica che non tiene pietà della carne degli altri. Luongo non esita a mettere spalle al muro l’antico sodale (a suo onore va ricordato che due anni dopo applicò a se stesso identica spietatezza). Restaino, ferito sul piano dell’amicizia, non esiterà a sostenere Luongo nella battaglia per la segreteria del Pd, nonostante il torto patito, in nome delle superiori ragioni della politica. Ve la ripropongo integralmente. Accompagnandola con una foto degli anni 70 …

La fase dei movimenti giovanili a Potenza ma anche le dimensioni di una comunità giovanile picaresca

A Potenza c’era una particolarità rispetto al resto d’Italia credo, e che c’era un movimento giovanile della Democrazia Cristiana molto forte, che non aveva paura di portare per esempio le bandiere in piazza, della Democrazia Cristiana, io già conoscevo Antonio, che in quel periodo era militante del Pdup, e più di qualche volta ci siamo incrociati nelle manifestazioni

Che erano abbastanza pericolose per noi, che comunque andavamo li in piazza con un gruppo cospicuo di persone ma ovviamente se non fosse stato un po’ per i servizi d’ordine per esempio della Cgil o anche per la mediazione e l’intervento di Antonio Luongo, per noi si sarebbe messa male, ci sono anche episodi, io ricordo una manifestazione forse più incasinata delle altre nella quale io ruppi un megafono sulle spalle di Antonio che avemmo una discussione violenta.

C’erano ovviamente momenti di tensione, ma il clima complessivo, il contesto complessivo era di una piccola città di provincia, dove ci si conosceva tutti, ci frequentavamo in particolare con Antonio che prese l’abitudine di frequentare anche un po’ tutti quanti noi del movimento giovanile della Democrazia Cristiana con un rapporto di amicizia, c’erano discussione infinite, andavamo a mangiare insieme, a fare la pizza, si discuteva fino a notte inoltrata litigando però sostanzialmente eravamo amici molto intimi, in particolare io.

E’ stato così forte questo rapporto che ad un certo punto Antonio Luongo venne a giocare nel movimento giovanile della democrazia cristiana nella squadra di calcio, e Antonio Luongo venne a fare il portiere, della squadra di calcio del nostro movimento giovanile, e c’è anche un episodio molto simpatico che questa squadra che se non ricordo male perdeva quasi sempre, anche con Antonio in porta.

L’unica partita, forse era l’ultima, che riuscì a fare una prestazione buona, era contro la squadra della Libertas, che aveva bisogno assoluto di vincere la partita perché si vinceva il campionato e ricordo, ovviamente tutti fatti senza nessuna cattiveria sportiva, ricordo che qualche dirigente della Libertas, chiese a Peppino Molinari che era all’epoca il segretario dei giovani democristiani, di fargli vincere la partita.

Molinari andò da Luongo che sulle prime ci si incazzò e alla fine si fece fare un gol, facendo incazzare tutti quanti noi, questo per dire che i rapporti erano proprio straordinari, si stava insieme. Ricordo episodi nei quali Antonio, chiese una mano, sono fatti lontanissimi che si possono raccontare.

Quando lui stava nel Pdup e mettevano i manifesti del Pdup furono beccati con accusa di aver rubato dei compiti nel liceo classico, io andai a testimoniare, che quei compiti non erano stati rubati, ma diciamo buttati nell’aula magna del liceo classico, ricordo pure che Tonio Boccia mi disse che se un comunista sarebbe stato assolto per la mia testimonianza mi avrebbe cacciato dal partito.

Poi ovviamente questa cosa, sia per lui ma anche per me ha avuto una parentesi di disimpegno molto forte dalla politica e li si rinsaldò molto l’amicizia fra di noi, anch’io avevo un po’ smesso di frequentare o frequentavo saltuariamente

Questo quando?

Primi anni 80. A cavallo del terremoto. Stavamo spessissimo io, lui, Pasquale Lamonica, Umberto Gasperini, eravamo gli amici più intimi di Antonio, stavamo sempre a casa sua, facendo disperare la madre, noi eravamo un’orda di vandali, e la madre era costretta, quando andava a dormire, perché noi passavamo tutte le nottate li, a svuotare il frigorifero, altrimenti lo facevamo noi regolarmente. Ci ha sopportati per anni, anni e anni.

Il secondo nodo tematico è la costruzione del centrosinistra, che vede Antonio come protagonista, tu nel 94 sei segretario provinciale e Molinari è il regionale. E questa cosa di amicizia personale aiuta anche in qualche modo, a creare un clima.

La cronaca ha detto che Molinari ha fatto gli accordi, ma sostanzialmente non voglio togliere niente a Peppino, ma gli accordi li abbiamo fatti io e lui, e il protagonista del campo popolare ero assolutamente io, eravamo in momenti molto traumatici, molto decisivi e Peppino non ha mai avuto un carattere, ma possiamo anche evitare di dire.

Qui bisogna fare un po’ di contesto, ne senso che nel 94, parliamo delle elezioni che portano alla vittoria del centrosinistra nel 95. Nel 94 c’è il disastro elettorale della Democrazia Cristiana, che aveva ancora in consiglio regionale 15 consiglieri regionali, perse le elezioni del 94 in maniera disastrosa, perché all’epoca furono eletti solo Sanza e Coviello, era l’esordio del patto segni, noi ci candidammo come terzo polo, fu un disastro, già nel campo del Pds e nasceva l’esperienza dei laburisti.

Luongo che era diventato, non so se già segretario regionale, ma sicuramente coordinatore, aveva costruito nel campo della sinistra la possibilità di, tanto che all’epoca Gianni Pittella, Rocco Vita, Rocco Colangelo, si staccarono dal Psi fecero i laburisti, noi arriviamo, Peppino Molinari era già stato eletto segretario regionale.

A questo punto siamo nel partito popolare, io vengo eletto nel dicembre del 94 segretario provinciale del partito, sostanzialmente eravamo al disastro, era finito tutto, perché aveva già vinto Berlusconi, la legislatura regionale nonostante la forza della Dc aveva avuto 5-6 crisi regionali, con il governo Boccia, ed eravamo alle soglie delle elezioni regionali del 95 con il partito distrutto, si cominciava a ragionare con Luongo di costruire un’ipotesi

Perché all’epoca il consiglio eleggeva il presidente

Si si, poi avvenne la scissione, Sanza, Potenza se ne andarono, noi stavamo in una situazione disastrosa, prendemmo in mano la situazione, Molinari ed io, con Tonio Boccia che voleva un po’ ripetere l’esperienza del 94, fare un terzo polo, noi c’imponemmo non solo sulla linea politica che era quella di fare il centrosinistra, ma diciamo era la nostra occasione come gruppo dirigente giovane.

Non candidammo nessuno dei vecchi e avemmo un grande risultato alle elezioni regionali, prendemmo 52.000 voti e in un certo senso fummo determinanti per le elezioni di Dinardo, e questo fu il primo passaggio, tutti d’accordo, passammo delle nottate tremende perché Molinari che aveva un’esperienza di partito lunghissima, era stato segretario provinciale e regionale della Dc, era ancora segretario, aveva voglia di candidarsi però ovviamente non voleva cimentarsi con le preferenze.

Tentavamo di spingerlo a fare il capolista, lui non volle e alla fine lo mettemmo al quarto posto, non poteva andare in un posto utile del listino, non fu eletto, ricordo, ad un certo punto ricordo, la notte prima della presentazione delle liste Peppino abbandonò tutto, se ne andò, io e Luongo dopo un paio di ore andammo a casa sua, lo convincemmo a fare l’operazione [l’episodio me lo ha raccontato da altro punto di vista Gianni, il fratello minore di Peppino Molinari, collega e leader storico del sindacalismo giornalistico in Basilicata, ndb], andò bene perché vincemmo le elezioni, da qui comincia, noi facemmo una buona lista, eleggemmo De Filippo, Mitidieri, e …

Invece al comune di Potenza correste a tre e poi al secondo turno faceste l’accordo, mi raccontava Peppino aveste un vostro candidato, erano Mecca, Potenza e Vincenzo Mancusi,

Da qui comincia l’esperienza del governo di centrosinistra. Una delle pagine più significative avviene esattamente l’anno dopo perché ovviamente noi, era partito il governo Dinardo, ovviamente noi eravamo tutti protesi alla costruzione, alla ricostruzione della nostra presenza sul territorio, il governo politico lo avevano ancora quelli del Pds, arriviamo alle elezioni politiche che erano la seconda volta che si facevano con il Mattarellum, con lo scorporo. Lì noi volevamo continuare con l’operazione di rinnovamento che in una qualche maniera era nostro interesse ma ci veniva anche un po’ richiesta dai Ds, perché all’epoca nel 94, alle elezioni politiche precedenti si erano salvati dalla falcidie del Patto Segni, Patto per l’Italia, si erano salvati soltanto Sanza sul proporzionale e Romualdo Coviello.

Sostanzialmente sul recupero della quota maggioritaria

Sanza fu eletto sul proporzionale, perché non fu eletto nessuno alla Camera, per lo scorporo niente, mentre Romualdo con il miglior resto perdente al senato. Insomma c’era la nostra esigenza di andare avanti con il rinnovamento ma c’era anche una pressione molto forte degli alleati di continuare in questa opera di rinnovamento e di aprire una nuova stagione.

Noi avevamo il problema della richiesta fortissima di Colombo di candidarsi e poi avevamo il problema di Boccia, perché era stato leale con noi, era stato l’unico che pur non condividendo, avendo un’altra idea, voleva fare il terzo polo anche alle regionali, alla fine si era messo da parte, era tornato in ufficio, da presidente della Regione, e avevamo il problema di rimettere in campo Boccia, tentammo l’operazione alla fine l’operazione di Colombo, fece un’operazione anche discutibile politicamente.

Ci ripenso adesso, perché Colombo aveva un ragionamento, diceva la prossima sarà la legislatura costituente, mi convocò una mattina a casa sua: la prossima sarà una legislatura costituente, la Jotti sarà in Parlamento, non ricordo quali altri nomi fece, io sono un costituente perché non devo essere in parlamento, io in maniera molto ferma gli dissi: Presidente, abbiamo deciso di fare un salto generazionale, andai in direzione provinciale che era convocata quella mattina e stabilimmo il limite dei mandati e non candidammo Colombo.

Non andò alla stessa maniera con Romualdo che aveva una sponda nazionale molto forte, Romualdo era un carattere di quelli…. insomma alla fine nonostante una forte nostra richiesta di un passo indietro a Romualdo, Romualdo fu candidato, tant’è vero che di ritorno da una delle innumerevoli riunioni a Roma, ci dimettemmo tutti e tre, io, Luongo e Molinari. Poi la cosa fu ripresa.

Qual era l’accordo che avevamo messo in campo, che questa operazione di rinnovamento, che ovviamente conveniva a noi che sgombravamo il campo, da personaggi ingombrantissimi, ma era anche richiesta dai Ds, da Luongo, ci avrebbe consentito di fare l’operazione di far scorporare, di non fare viaggiare Boccia appesantito dagli scorpori. Il Pds candidava capolista in Basilicata Valdo Spini, che era candidato in un collegio in Toscana però, l’accordo era che tutti noi, che tutti i nostri collegi avrebbero scaricato su Valdo Spini, e Boccia sarebbe stato quasi sicuramente eletto

L’accordo era: voi fate un rinnovamento, che conviene a voi e conviene un po’ a tutti quanti e noi vi diamo una mano a salvare Boccia, abbiamo capito che avete il problema di Boccia, che si è comportato bene, per cui tutti scarichiamo su Spini, tanto Spini viene eletto da un’altra parte.

L’accordo sostanzialmente è: facciamo il rinnovamento perché conviene a voi, a noi conveniva, sgombravamo il campo da personaggi come Colombo, come Romualdo, il resto era già tutto quanto fuori, pigliavamo definitivamente in mano il governo del partito, la quota nostra del centrosinistra, riuscì io in particolare a fare quest’operazione su Colombo, anche poi con le difficoltà che ti ho detto, che ho maturato, io ho fatto una cazzata, il ragionamento di Colombo era ferreo.

Non riuscimmo a fare l’operazione su Coviello che era difeso moltissimo da Mancino, e poi alla fine fu candidato. Alla fine ci dimettemmo, in una riunione paradossalmente fatta allo studio di Colombo a Roma, quello che dava su Piazza Navona, ovviamente nonostante lo avessimo fatto fuori, il pover’uomo ci continuava ad assistere e a dare una mano, c’era la candidatura di Mimmi Izzo, nel Metapontino, perché tentammo pure di non far candidare…

Sempre per salvare Boccia, alla fine, Luongo mi chiama e mi dice, guarda Erminio, abbiamo capito che non ce la facciamo, abbiamo fatto tutto il possibile, siete stati leali, comunica a Tonio, che noi l’operazione dello scorporo la facciamo lo stesso. E facendo così noi facemmo incazzare tutta Italia, perché fummo gli unici, poi dopo si sono imparati tutti quanti, fummo gli unici a fare questa operazione e si incazzarono in particolare

Perché nessuno andava a guardare alla camera, alla corte d’appello

Quando hai presentato le carte…. e se non ricordo male i sardi si incazzarono perché li fottemmo. Per noi era un debito d’onore nei confronti di Tonio, fra l’altro è stato anche un quadro. Lì si è saldata in questa operazione, già in quella del ’95, ma in questa operazione si è saldato proprio un rapporto di costruzione diciamo del centrosinistra perché un conto è fare l’alleanza quando tu fai le regionali, un conto, se ti danno una mano alle politiche si è saldata in maniera forte. Questa fu una cosa straordinaria, poi ha dato il via…

Per cui per anni c’è stata questa alleanza, questo governo forte funzionava perfettamente

Sì, tieni presente il governo politico, dell’alleanza lo tenevano loro [il Pds, ndb], questo bisogna riconoscerlo, perché erano più saldi, noi i primi anni 95-96-97, avevamo più la necessità di ricostruire la nostra presenza e noi eravamo stati distrutti non c’era più niente. Noi nel 94, scissione e varie, noi non avevamo più niente, eravamo più propensi forse a fare un lavoro organizzativo, di grande costruzione, di gestione, il governo politico bisogna riconoscerlo ce lo avevano loro.

Poi cominciano i problemi, i primi problemi, sempre in un’alleanza molto stretta, sono per esempio la gestione Dinardo, la gestione politica di Dinardo, in particolare nel rapporto con Rifondazione comunista, Simonetti.

Ma perché Di Nardo era così subalterno a Simonetti?

Dinardo forse aveva un’idea negativa degli eredi della Democrazia Cristiana, un po’ succube, si fidava molto di Bubbico, il governo e la gestione la faceva Bubbico. Mi ricordo che io ero diventato segretario regionale, Dinardo convocò un vertice di maggioranza, compreso con Rifondazione Comunista, io gli scrissi che non sarei andato, chiesi ad Antonio di non andare perché non stava in maggioranza Simonetti.

Noi avevamo ricominciato a fare politica, ci eravamo assestati, avevamo per altro risultati elettorali praticamente gli stessi, noi nelle elezioni del 96, le politiche, prendemmo 300 voti in meno a loro, loro erano 21,2 e noi 20,9, ma in buona sostanza 300 voti di differenza. Qui ci fu il primo scazzo serio, perché per noi era un problema serio, tu presidente della regione convochi un vertice di maggioranza con persone che non stanno in maggioranza,

Formalmente era uomo vostro Di Nardo, un democristiano

Ma non abbiamo mai governato insieme. Lui poi è finito un po’ nelle mani di Bubbico al quale delegava il governo e un po’ nelle mani di Simonetti, tant’è che io scrissi una lettera a Dinardo, siccome lui diceva sempre che era stato nominato commissario da parte del governo per il dissesto idrogeologico, ed io gli dicevo, hai tanti impegni di governo, compreso questo e non ti occupare di politica perché non è cosa tua.

La prima incazzatura politica, la prima divisione, perché io ovviamente chiesi a Luongo di non andare al vertice di maggioranza, lui sulle prime disse si, poi si presentò al vertice di maggioranza, mettendomi in difficoltà, lo fece un po’ rispetto a Dinardo, un po’ per ribadire questo rapporto con Dinardo, a differenza del suo partito, del partito di provenienza di Dinardo. Poi sostanzialmente siamo andati avanti, a quel punto abbiamo cominciato a vincere sempre, si è assestata la vicenda.

C’era ovviamente una grande tensione interna ai Popolari, alla Margherita, uno degli argomenti che si usavano all’interno della Margherita per denigrare uno o l’altro era: ma tu sei succube dei Ds, tu sei troppo amico dei Ds, ma alla fine le cose viaggiavano bene, questa cosa è andata avanti poi negli anni che sappiamo, la vicenda Bubbico

Quando Antonio stava a Roma cambia qualcosa per te o resta comunque un interlocutore forte

Antonio va a Roma nel 99, lui viene eletto alle suppletive del 99 dopo che Pittella andò alle europee, io ero ancora segretario. No il rapporto rimane, io intanto mi ero assestato, poi mi candido nel 2000

Petrone regionale e Folino provinciale per un anno e mezzo e poi nel 2001 dopo le politiche Folino diventa regionale. Però Petrone era debole come segretario regionale

Io a quell’epoca ero segretario regionale, quando Luongo fu eletto, e sono rimasto segretario regionale anche dopo che sono stato eletto consigliere regionale, tanto che nel 2000 vengo eletto consigliere regionale ed io ero segretario regionale e capogruppo. E’ chiaro che avevo sempre questo rapporto con Luongo ma in qualche modo essendo nelle istituzioni io comincio una relazione molto stretta e stabile con Bubbico. All’inizio della legislazione di Bubbico si capisce subito che c’era quest’asse perché ad un certo punto, dovevamo fare la giunta, eravamo stati eletti in 5 se non ricordo male

Eravate, tu, De Filippo, Straziuso, Mitidieri, Chiurazzi

All’interno nostro si era deciso, secondo le aspirazioni, che Chiurazzi avrebbe fatto l’assessore alla Sanità, Bubbico mi fa capire in un orecchio che non voleva Chiurazzi alla sanità, un attimo prima io riunisco il gruppo: noi avevamo questa intesa, ma io adesso vado da Bubbico a dare i nomi della giunta e cambierò le deleghe.

Gli hai risolto tu il problema

Feci un blitz e detti i nomi, Chiurazzi andò all’ambiente. Luongo stava a Roma e chiaramente continuava i fine settimana ad occuparsi delle vicende politiche, per quanto riguarda me avevo sempre questo rapporto con Luongo, ma iniziò questo rapporto con Bubbico del quale poi diventai vicepresidente, quando De Filippo fu arrestato.

Nel 2000 vengo eletto e faccio il capogruppo e segretario, poi venne eletto Margiotta segretario, anche con molte divisioni, nel 2002, luglio-agosto successe questo fatto ed io diventai vicepresidente.

Quando entra in giunta Collazzo, con la formazione

Il rapporto continuava, poi all’epoca iniziarono tutti i casini con la magistratura.

Nel 2002 con De Filippo cominciano la serie di inchieste giudiziarie che in qualche modo impattano sul dibattito e sulla gestione politica della Basilicata, poi Iene2, la Total, poi Forzopoli, ci sono state tutta una serie di vicende che in qualche modo hanno condizionato la politica, ma in qualche modo molta politica è stata contenta di farsi condizionare e di utilizzare contro gli avversari il grimaldello delle inchieste giudiziarie

La Basilicata in quegli anni è stata attraversata da numerose inchieste giudiziarie, i vari nomi che riferivi, questa cosa oggettivamente condiziona, perché ovviamente quando vi sono inchieste su questioni che poi alla fine si sono quasi tutte rilevate o se non tutte rilevate inesistenti, se non del tutto inesistenti, ma hanno costruito anche un avvelenamento della politica perché si è avuta la sensazione che ci fosse, che il campo di gioco non fosse ben delimitato, da un lato la magistratura che faceva il suo dovere, indagare sulle vicende amministrative, politiche, di governo di gestione, e dall’altro la politica.

Si è avuta l’impressione e mi limito a dire l’impressione, che vi fosse un po’ le squadre immischiate, e questo ha avvelenato molto i rapporti politici, si è avuta l’impressione che si cercasse lo sponsor, padrini, le stesse vicende di lotte interne alla magistratura un po’ rimandavano questo quadro, la politica ne è rimasta molto molto avvelenata.

Credo che da li sia iniziato un po’ la crisi del centrosinistra, poi ci sono stati picchi di queste vicende che hanno riguardato De Filippo, hanno riguardato la vicenda di Luongo, della quale Antonio credo abbia sofferto tantissimo, per oltre dieci anni, se non ricordo male, erano le accuse con un reato gravissimo, di associazione a delinquere, venivi anche un po’ utilizzato in maniera strumentale dagli inquirenti a mio parere perché sostanzialmente era il reato che serviva a coprire gli arresti e poi c’erano i reati successivi.

So che Luongo ha sofferto moltissimo per quella vicenda, le cose che gli venivano contestate erano abbastanza residuali nonostante il reato di una certa gravità, so che lui ha sofferto molto anche nel dover accettare la prescrizione e l’avergli impedito di candidarsi alle ultime elezioni politiche nonostante si fosse sottoposto alle primarie e avesse avuto un risultato straordinariamente positivo, è stata diciamo una cosa molto brutta, ma quel partito non aveva i principi del garantismo, radicati fino in fondo, un po’ si faceva alla bisogna, poi Renzi sta cambiando questa cosa, anche se anche lui ha fatto un po’ si ed un po’ no, ma sta tentando di cambiare la cosa.

Poi se uno ritorna alla mente, le ultime vicende, l’ultima quella piacevolissima dell’assoluzione di Salvatore Margiotta e delle cose che ha detto, ritorniamo con la mente a qualche mese fa, alla Barracciu, per esempio..

Ma quel partito, dato il momento storico, si comportò in quella maniera, fu chiesto ad Antonio, soffri molto anche con questa vicenda, ne uscì con grande stile, nonostante avesse subito un’ingiustizia,

Ma poi a Potenza iniziano i problemi politici seri

si queste vicende, mi dispiace parlare di me, ma poi il culmine dell’utilizzo politico delle vicende giudiziarie è stato fatto con me, perché io ricevetti un avviso di garanzia per la vicenda Arpab e mi fu chiesto di dimettermi, dalla giunta regionale, nella quale erano presenti persone con avvisi di garanzia, compreso il presidente se non sbaglio. Là fu utilizzata quella vicenda, nella quale io poi fui prosciolto,

Il presidente era indagato solo Total

Forse ne era già uscito, insomma c’erano pezzi di giunta che avevano qualche problema, il Pd quella occasione, segretario Speranza in particolare, li fu protagonista anche Luongo, utilizzò quella vicenda per fare un’operazione politica, una cosa che io non ho dimenticato e non dimenticherò, non mi dimisi anche se ho il rammarico di aver per qualche mese

Questa era l’unica parte su cui Luongo aveva ragione, di non sottoporre le istituzioni ad uno stress come a quello a cui lo sottoposi, perché non mi dimisi e furono costretti a fare la crisi complessiva di giunta per cambiare me, quello che credo sia stato il picco di un partito in Basilicata che non ha un atteggiamento garantista e anzi utilizza quella vicenda per fare un’operazione politica che poi si è ritorta contro i protagonisti.

Perché dopo la mia cacciata dalla giunta fu nominato assessore Pittella che da quella postazione ha costruito la sua forza elettorale che lo ha portato a vincere le primarie, adesso tutti quelli che mi hanno cacciato dalla giunta sono i nemici di Pittella, cosa che in qualche maniera mi fa molto sorridere.

Da quella vicenda abbiamo avuto un lungo periodo di freddo io e Luongo, siamo arrivati a cose impossibili da pensare, con i trascorsi che avevamo e siamo arrivati a non salutarci per più di qualche mese, perché ovviamente lui che era sempre quello che costruiva le cose, si era reso protagonista di una cosa che io non potevo sopportare.

Che poi mi ha impedito di candidarmi, perché io poi sono stato uno dei pochissimi consiglieri regionali non coinvolto da rimborsopoli, però avevo ancora questa vicenda appesa dalla quale poi sono stato prosciolto, dopo qualche mese, ma ormai la campagna elettorale era passata e quindi non mi sono potuto candidare. Io quella cosa l’ho vissuta molto, molto male. Ma complessivamente c’era questi rapporti, questa relazione, questo utilizzo delle vicende giudiziarie del Pd di Basilicata che ha inquinato e incrinato molto i rapporti nelle relazioni.

Io non so dire se questa cosa è stata determinante ma credo che ha davvero rotto rapporti politici che erano stratificati, poi ci sono protagonisti della vita politica regionale che sono espertissimi di queste vicende che le hanno affrontate anche con coraggio, come è successo pubblicamente più volte a Vincenzo Folino, a persone che le hanno subite a pari

Ma lo stesso Folino che sta da due anni in tensione con De Filippo rompe sull’inchiesta Total, loro fanno due anni di guerriglia sottotraccia e poi la crisi esplode a cavallo dell’inchiesta Total, quindi in qualche modo molte delle catarsi politiche degli scontri, degli showdown sono sempre stati legati

Io spero che si siano chiuse positivamente e non si riaprano con la vicenda Margiotta che ha subito poi anche un procedimento giudiziario lunghissimo, che è arrivato fino in Cassazione, spero che la vita politica regionale, non sia più così

Ma questa cosa ridicola che ha dovuto cambiare gruppo parlamentare, aveva dovuto cambiare commissione, tu sei sotto processo devi avere pure questo stillicidio, gli ultimi giorni si era iscritto all’mdc

Io sono anche intervenuto un po’ sui social per tentare di stoppare polemiche stupide. Si capiva che era una vicenda solo tecnica e che lui sarebbe rientrato nel gruppo Pd, ma ovviamente c’era la voglia di strumentalizzare, ancora ci sono un poco di scorie da questo punto di vista

Ma quando hai avvelenato i pozzi non è che ti puoi aspettare..

Si assolutamente le posizioni degli ultimi mesi di Renzi sulle vicende di questo tipo, ha un approccio totalmente garantista, non possono che fare piacere, con un poco di amaro in bocca però, l’avesse fatto prima… sarebbe stato meglio, da quella vicenda che mi ha riguardato per estrapolare e tornare ai rapporti con Luongo, c’è stato un lunghissimo periodo di freddo con Antonio

Poi io scelgo, nonostante fossimo in questo periodo, per coerenza con me stesso, perché avevo avuto sempre questo tipo di relazioni, di appoggiare lui alle elezioni regionali, non me la sentivo né di diventare renziano, sponsorizzando Braia, ma avendo sempre avuto relazione, essendo stato sempre interlocutore privilegiato scelgo di votare Luongo, per coerenza

ora la cosa è cambiata e in qualche modo Renzi è la nemesi democristiana

Perché non ero renziano, ma anche perché ritenevo che in quel momento soprattutto dopo la vittoria di Pittella alle primarie ci volesse una guida che, come quella di Antonio, che poteva tentare di riuscire a rimettere in piedi un po’ i cocci che a questo punto le relazioni del partito erano completamente saltate, perché diciamo non si è accettata mai la vittoria politica, non si è accettata politicamente la vittoria di Pittella.

Pittella, ovviamente, ci ha messo del suo, con le primarie, le liste civiche, i rapporti con la destra, con il vecchio ceto dirigente, però, che il gruppo dirigente precedente non accetti politicamente la vittoria di Pittella, rompe definitivamente le relazioni interne al Partito Democratico e in quella occasione l’unico che aveva qualche possibilità di mettere insieme i cocci del Partito era Luongo. Credo che i due anni, a quel punto avevamo ripreso i rapporti, siamo stai i più brutti della vita di Luongo, perché nonostante lui ci tentasse, ma il metodo Luongo non aveva più, non trovava più il terreno sul quale svilupparsi

Tu come lo spiegheresti il metodo Luongo, in poche parole, il metodo Luongo la mediazione politica, il dialogo

La mediazione, il dialogo, la costruzione del destino, lui amava dire così, del destino dei gruppi dirigenti. Politicamente non è che quello è il massimo della politica, però in una regione come la nostra dove sostanzialmente il risultato era scontato, stratificato, sia quando c’era il centrosinistra e quindi una miriade di partiti e di liste, era il destino dei gruppi dirigenti, che pregiudicato poteva far saltare il banco

E quindi il lavorio continuo di risolvere i problemi, di mediare

Ma non solo del proprio partito ma di quelli dell’intera coalizione, questo era il ruolo che sostanzialmente faceva Luongo, le cose riuscivano meglio a me e a lui per esempio, che fu il fulcro del centrosinistra perché noi risolvevamo i problemi interni, diciamo con la politica estera, con le relazioni, lui aiutava me ed io aiutavo lui

E quindi con il Pd si complica tutto?

La vittoria di Pittella e il mancato riconoscimento della vittoria di Pittella complica ancora di più delle cose e li il metodo Luongo non funziona più e credo che lui abbia vissuto molto male, non dico come un fallimento, ma sostanzialmente era così

I segnali c’erano tutti, tutti mi ricordano questo avvenimento di Pignola, questo sconforto

Non si riusciva a costruire il gruppo consigliare. Io ad un certo punto ho provato pure ad evitare, a fargli cambiare un po’ strada, dicendogli che non essendo più possibile dopo che lui ci aveva provato, tante volte, se non riusciva lui con Lacorazza e con Pittella e con Folino, che era quello che aveva sempre avuto, era impossibile.

Gli ho consigliato, forse era l’unica strada di costruire, non per fare la guerra, un minimo di alternativa all’interno del Pd a partire dal gruppo consiliare che all’epoca aveva ancora una possibilità ancora forte perché c’era numericamente, costruire il contrappeso a Pittella, se non ci arrivi con la mediazione ci arrivi dicendo, qui ci stanno 5 persone sei persone e all’epoca c’era Lacorazza, Cifarelli, Santarsiero, Castelgrande, Spada, ancora non erano diventati tutti renziani.

Però alla fine forse la cosa era proprio impossibile. Io credo che lui abbia vissuto molto male, sentendo per la prima volta un po’ il fallimento del suo ruolo che poi era oggettivamente non assegnabile a lui rispetto al contesto che si era completamente modificato. Tant’è vero che poi la situazione nella quale stiamo adesso è assolutamente tragica, senza guida, senza partito.

A 3 mesi dalla morte, non c’è ancora un segretario, l’organismo dirigente penso non sia stato mai riunito, in un vuoto di potere spaventoso.

Ma non c’è proprio niente. Se andiamo a vedere le cose successe a Potenza, a Matera sono insopportabili, per chi ha costruito politiche. Sono insopportabili e secondo me succederà ancora adesso in città importanti come Pisticci e Melfi, succederà di nuovo.

Io penso che con Antonio ho vissuto, purtroppo per lui, è morto, è uno che ha avuto un quadro politico, un leader che ha avuto successo non si meritava di chiudere in questa maniera. Si sarebbe meritato di chiudere la vicenda andando a fare il parlamentare, perché era giusto così, se non ci fosse stato quel rigurgito giustizialista. Ma non si meritava di chiudere con un fallimento.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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