10.12.73, le Br rapiscono Ettore Amerio, capo personale Fiat

Il 10 dicembre 1973 le BR sequestrano il cavalier Ettore Amerio.
Capo del personale FIAT, era stato indicato da Labate come il primo tra quelli che “si interessano affinché quegli operai che noi [della CISNAL, N.d.R.] raccomandiamo, vengano assunti nelle sezioni FIAT. L’operazione ha luogo alle ore 7,30 presso l’autorimessa del dirigente: un gruppo di brigatisti, travestiti con tute della SIP, scesi da un furgoncino lo prelevano e lo portano in un “carcere del popolo.”
Il processo proletario verte sul fascismo FIAT, sui licenziamenti, la cassa integrazione. Durante la “detenzione” il cavalier Amerio, la cui vita non viene mai messa in pericolo, collabora con i suoi carcerieri. Il giorno stesso viene lasciato in una cabina telefonica un volantino nel quale si spiegano i motivi dell`arresto” e si fissano le condizioni per il rilascio.
Le prime reazioni di sdegno
Cominciano ad arrivare le prime espressioni di sdegno contro le BR e solidarietà con il rapito. Si chiede di fare luce sull’intera vicenda: “Un fatto del genere rappresenta una provocazione di chiara marca fascista. La FLM si augura che i responsabili vengano al piú presto individuati, anche per fare luce.”
I dirigenti FIAT, con un telegramma “esternano il loro piú amaro sdegno […] per il ripetersi di fenomeni criminosi che hanno il chiaro obbiettivo di distruggere i principi di una civile convivenza e di scatenare l’odio di classe”. Da Roma il segretario della CGIL, Lama, rilascia una dichiarazione in cui si chiede una dura repressione.
Mentre i giornali padronali fanno a gara nell’esaltare la figura del dirigente esemplare “venuto dalla gavetta,” si cominciano a scoprire alcuni interessanti particolari biografici.
Amerio e i legami con i fascisti e Cavallo
“Tutti confermano il ruolo di primo piano che Amerio aveva all’interno di Iniziativa Sindacale. Con questa sigla nel ’67 la FIAT tenta di sostituire la ormai completamente smascherata SIDA […]. Il promotore di Iniziativa Sindacale era Luigi Cavallo, già noto per l’organizzazione fascista Patria e libertà e per i suoi precedenti di spia infiltrato nel PCI. La sigla si scioglie nel ’71 in singolare coincidenza con la promozione di Amerio a capo del personale”.
Quanto alle rivelazioni di Labate, trovano un’indiretta conferma nelle parole del questore di Torino. Massagrande ammette, con un certo imbarazzo, che tra il sindacalista fascista e Amerio c’erano “contatti … che riguardano il lavoro”. “Il lavoro di assumere fascisti e di organizzare provocazioni antioperaie,” commenta Lotta Continua.
Nel frattempo si rifanno vive le BR. Un secondo comunicato rende noti i risultati dell’interrogatorio relativi ad alcuni particolari sull’esistenza della Centrale di spionaggio FIAT, Si prende atto che il prigioniero sta collaborando. Lasciano il secondo volantino, per colmo di beffa, nella stessa cabina telefonica della centralissima piazza Statuto del primo. A questo punto le autorità, irritate, dispongono di piantonare in forze la cabina.
Gli operai rifiutano le interviste farsa
Visto che le indagini ristagnano, si cerca lo stesso di offrire qualche cosa in pasto all’opinione pubblica. Una troupe televisiva va a intervistare gli operai, fuori dai cancelli FIAT. Coltivano la speranza di registrare dure condanne contro il “gesto criminale”. Ne ricaverà molto materiale, ma tutto inutilizzabile per il telegiornale. “L’enorme capannello che si è formato intorno alle telecamere ha visto dal principio alla fine la regia degli operai. Dopo aver sconfessato le dichiarazioni del delegato Milano, che ha propagandato la democraticità di Amerio, il discorso è stato molto chiaro. E’ inutile che veniate qua, tanto il giorno dopo in TV si vede solo quello che vogliono i padroni, cioè la faccia e le parole dei crumiri, che prima o poi riuscite a trovare. Se volete, riprendeteci in diretta, così. E gli operai si sono schierati con il pugno chiuso.
Il giorno 18, dopo che Agnelli aveva ritirato la minaccia di cassa integrazione, Amerio viene messo in libertà. Sono passati otto giorni
FONTE: Soccorso rosso. Edizioni Feltrinelli, 1976.
Perché Amerio
Perché Amerio? Lo spiega Giorgio Semeria: «Nell’autunno del ’73 la Fiat incomincia a licenziare, senza grande clamore, alla spicciolata, ma ne butta fuori seicento. Poi viene la crisi, sulle linee si riducono gli spazi di vivibilità conquistati con l’occupazione del marzo, il sindacato è incerto, c’è già, nell’aria, odore di compromesso storico. Si tratta di trovare una risposta adeguata, ma quale?
Quel che è certo è che bisogna colpire in alto, un dirigente dei piani alti. Un sequestro volante tipo Macchiarini sarebbe poco, la gogna tipo Labate è risultata goliardica, una bravata; ferirlo no, era truculento. A un certo punto in qualcuno di noi si accese la lampadina: sequestro prolungato. Si va a concretizzare.
Era più conosciuto in fabbrica
Prima si pensa ad Annibaldi capo del personale Fiat, poi si preferisce Amerio che in fabbrica è più conosciuto. E’ cresciuto lì, da cronometrista a direttore del personale del gruppo Fiat, Lancia, Autobianchi e a vicedirettore di Mirafiori. Ci ricordiamo del suo passato di cronometrista quel giorno in cui, durante l’inchiesta, ritarda di qualche minuto a passare in via Levana, ma sono i nostri orologi che vanno a carbonella non il suo.
Azione e prigione del popolo sono preparate a tempo record, in un mese. Lavoriamo solo a quello, a tempo pieno. Il sequestro è facile. Servono subito indumenti di lana, ha freddo (e ha ragione), bisogna comperargli delle pantofole perché le scarpe sono rimaste sul marciapiede, le troviamo in una bancarella, al mercatino del quartiere. Lui è molto dignitoso e ci risparmia la sceneggiata penosa di altri.
Alla Fiat la cosa passa bene subito, ma diventa clamorosa alla sera con il secondo turno, quando si capisce che si tratta di sequestro prolungato. Il giorno seguente «La Stampa» riconosce il nostro successo: deve parlare dei licenziamenti e garantire che non ci sarà cassa integrazione».
Fonte: Giorgio Bocca, Noi terroristi
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