1 gennaio 1955: nasce Fabiola Moretti, “zia” della mala Roma
Compie oggi 69 anni Fabiola Moretti, una protagonista della mala Roma dalla fine degli anni 70 al terzo millennio. Ha ispirato il personaggio di “Donatella” nella serie “Romanzo criminale”. Ha cominciata da pischella, spacciando per la banda della Magliana, ma, pur avendo a lungo collaborato con la magistratura, non ha mai desistito dall’attività criminale. L’ultimo episodio noto risale infatti al luglio 2022, l’arresto per scontare 9 anni e 4 mesi per spaccio di stupefacenti nel fortino di Santa Palomba. Un cumulo di pena dopo numerosi arresti: il più recente nel gennaio 2022.
Una vocazione a delinquere
Fabiola Moretti, ex donna del boss della banda della Magliana Danilo Abbruciati e amica di Renatino De Pedis è stata arrestata nel novembre 2019 alle porte di Roma, in via Laurentina. La donna, 64 anni, era in macchina col genero e aveva 105 grammi di cocaina nascosti nel reggiseno. A bordo della macchina, c’erano un bilancino di precisione e 650 euro, ritenuti proventi di attività illecita. Il compagno della figlia, un 27enne con precedenti, è stato invece denunciato a piede libero poiché è stato trovato in possesso di alcune dosi di hashish.
Il ragazzo è lo stesso che la ex “Primula Rossa” della banda della Magliana, ora chiamata “la Zia” aveva tentato di uccidere a dicembre del 2015, durante una spedizione punitiva a Pomezia. La Moretti aveva pugnalato quattro volte il ragazzo della figlia, al petto, all’addome e alla gamba sinistra. In quell’occasione venne arrestata in concorso con il figlio per tentato omicidio ed evasione dai domiciliari. Processata per direttissima, ha richiesto i termini a difesa. Il giudice le ha concesso i domiciliari con il braccialetto elettronico.
Confidente dei carabinieri
Fin qui la notizia su repubblica.it. Manca del tutto un particolare: l’essere stata la Moretti una pentita di spicco, insieme al suo compagno dell’epoca, Antonio Mancini. Grande accusatrice di Claudio Vitalone per l’omicidio Pecorelli e poi della banda della Magliana per il sequestro di Emanuela Orlandi. Pentita esclusa dal programma di protezione per la sua pervicace tendenza a praticare il crimine.
Non è infatti la prima volta che la Moretti finisce nei guai per droga: un precedente arresto per traffico di stupefacenti risale infatti al 2016, mentre all’anno prima risalgono una serie di intercettazioni acquisite agli atti del processo Cucchi con Riccardo Casamassima, l’appuntato dei Carabinieri che con le sue dichiarazioni nel 2016 ha consentito la riapertura dell’inchiesta sul pestaggio subito da Stefano Cucchi.
In particolare, tra Casamassima, già indagato per droga con altre 4 persone tra cui la sua compagna (anche lei appuntato dei Carabinieri), e la Moretti ci sarebbe stato, secondo gli investigatori della Squadra mobile capitolina, un rapporto “molto stretto”, testimoniato da una serie di conversazioni telefoniche nel corso delle quali i due “utilizzano frasari convenzionali al fine di non far comprendere il vero significato dei loro discorsi”, si legge in un’informativa del 27 giugno 2015. Accuse da cui Casamassima si è sempre difeso, respingendo ogni accusa e spiegando che la Moretti era una sua informatrice.
Il pentimento
All’epoca, primi anni 90, Fabiola era legata sentimentalmente ad Antonio Mancini, l’Accattone di “Romanzo criminale” (lei invece ispira più alla larga il personaggio di Donatella, che nella serie tv fa anche il killer mentre lei si “limitava” a fare, al meglio, la responsabile di una filiera di spaccio), un altro leader della Banda e amico di Renatino de Pedis che sul “pentimento” ha tenuto duro. Proprio la Moretti, all’epoca del delitto Pecorelli compagna di Abbruciati e spacciatrice di eroina, offrie un ritratto ammirato di Massimo Carminati. A lei, di famiglia proletaria, il neofascista che si era voluto fare bandito non piaceva:
Un ritratto di Carminati
Lo sentivo diverso da noi. Noi commettevamo certe azioni perché avevamo bisogno di vivere. Non conoscevamo altro modo che quello per vivere. Massimo Carminati e i fascisti come lui commettevano le stesse azioni per gusto, per fanatismo ideologico. Ne ricavavano anche soldi, ma il movente primo era l’ideologia. Per questo non mi piaceva, e lo dissi a brutto muso a Danilo. Lui invece la pensava diversamente, mi diceva che Massimo era un bravo ragazzo, lo stimava moltissimo (…). Massimo era un tipo taciturno, serio, educato rispetto alla media delle persone che frequentavamo (…). Era stato coinvolto in un conflitto a fuoco. Diceva sempre che dopo quell’episodio in cui sarebbe potuto morire, ogni giorno in più di vita era tanto di guadagnato, mostrando così una sorta di disinteresse per la morte.
Su una circostanza la Moretti è imprecisa. Alla frontiera con la Svizzera non ci fu conflitto a fuoco, ma i poliziotti – che, informati da Cristiano Fioravanti, aspettavano Gilberto Cavallini – spararono a freddo, senza dare l’alt e furono sottoposti a procedimento giudiziario (senza conseguenze). Quella ferita alla testa gli farà attribuire dalla stampa il soprannome di “Cecato”, circostanza sdegnosamente negata dal bandito.
Il legame con De Pedis
Pino Nicotri nella sua storia “definitiva” della Banda della Magliana ricostruisce il rapporto speciale tra Fabiola e Renatino De Pedis e il suo tentativo vano di evitarne l’omicidio. Un legame forte, tanto da spingerla a un gesto di fratellanza forte alla morte della vedova di Renatino, la signora Carla. E’ il 13 maggio 2020 e la donna è stata già scarcerata, dopo l’arresto di novembre 2019. Telefona al cronista del Corriere della Sera, Fabrizio Peronaci:
La generosità di Renatino e le invidie
[Pino Nicotri] De Pedis la settimana a Fabiola Moretti la pagava direttamente lui e con generosità anche se lei non spacciava più da quando era diventata la donna dell’«Accattone» Mancini, divorziato dalla prima moglie ed ex compagno della vedova di una malavitoso rimasto ucciso nel corso di una sparatoria con la polizia. Claudio Sicilia invece badava alle altre donne, ma lui era di manica molto meno larga. De Pedis continuerà a fare avere la paga a Fabiola e allo stesso Mancini anche dopo essere stato nuovamente arrestato, quando la donna rimasta senza i soliti referenti si vide costretta a battere cassa anche lei da Sicilia.
La generosità di «Renatino» verso Fabiola acuirà le gelosie e i risentimenti di varie mogli di detenuti, con il risultato di aizzare i mariti contro «quelli del Testaccio». L’asserita generosità di Renatino con la Moretti, sintomo di rapporti stretti tra i due, è da prendere con beneficio d’inventario alla stessa stregua – come vedremo tra poco – di altri racconti di Fabiola sulla loro amicizia da bambini. Suona infatti piuttosto strano che, pur essendo il suo generoso benefattore, al processo per l’uccisione di Pecorelli la donna – prima di ritrattare infine tutto ingloriosamente – finirà con l’avvalorare le false accuse contro De Pedis.
L’arresto a casa di Sabrina Minardi
Il 26 novembre dell’84 Renatino verrà arrestato all’EUR in casa della sua amica Sabrina Minardi, per uscire definitivamente dal carcere dopo poco più di tre anni, per l’esattezza il 21 gennaio ’88. Tornato libero, decide di tirarsi fuori, convinto di avere fatto un salto di qualità rispetto agli altri, con i quali allenta i rapporti, cosa che crea ulteriori mugugni. Invece di farsela col solito giro, preferisce farsela con Giuseppe De Tomasi, detto Sergio o anche Sergione, ed Enrico Nicoletti, riciclatori d’alto bordo e, almeno in apparenza, dediti ad attività legali. Il primo aveva «fatto girare» da sempre i soldi di quelli del Testaccio e anzi le voci dicevano che molti dei suoi beni erano in realtà «roba di Renatino», al quale resterà fedele fino all’ultimo giorno. Con Nicoletti invece i rapporti si deterioreranno velocemente, tanto da trasformarlo, a quanto pare, in un Giuda.
Un amore nato in carcere
Invidiosi anche del fatto che loro continuavano a stare in galera mentre Renatino era tornato libero, Colafigli e Toscano decidono che è ora di farlo fuori. I loro progetti arrivano alle orecchie sia di Fabiola Moretti che dell’«Accattone», in carcere come Colafigli fin dal 16 marzo ’81, giorno della sparatoria di via di Donna Olimpia. La donna scrive a De Pedis per metterlo in guardia e preme sull’«Accattone» perché faccia qualcosa per scongiurare la nuova tragedia. Lei e Antonio si sono conosciuti e piaciuti in galera ai primi dell’82 a Pescara, la donna rinchiusa nella sezione femminile e lui in quella maschile.
Mancini per lei farebbe qualunque cosa, anche se in tempi recenti c’è stata una rottura, colta come una palla al balzo da Colafigli e Toscano per sobillare «l’Accattone» contro De Pedis dandogli la colpa del «casino» con Fabiola. Ecco come la racconta la diretta interessata:
Il gioco duro di Colafigli e Toscano
«Io, per ragioni mie personali dovute a comportamenti che mi avevano ingelosito, mi lasciai con Mancini. Fu questa l’occasione per Colafigli e Toscano per rinfocolare i loro motivi di astio nei confronti di De Pedis, al quale attribuivano la colpa del fatto che io avessi lasciato Antonio. In realtà si trattava di un pretesto. Renatino e Antonio avevano, infatti, avuto modo di chiarirsi e il primo aveva spiegato al secondo le ragioni per cui io non volevo più stare con lui.
In realtà quello a cui i due miravano erano i soldi di Renatino. Questi, per altro, non era disposto a cedere alle loro pretese, in quanto riteneva di non dovere nulla a nessuno, poiché i proventi delle attività della banda erano stati sempre equamente divisi, con la differenza che taluno, come Renatino, li aveva reinvestiti e aumentati, altri se li erano invece mangiati. D’altra parte, Renatino era dell’idea che se avesse ceduto sui soldi, Colafigli e Toscano avrebbero poi preteso che lui “allacciasse loro le scarpe”».
Le accuse di Mancini
«Colafigli e Toscano avevano deciso di far fuori Renatino», confermerà Mancini nel ’94 al magistrato: «Io, siccome De Pedis provvedeva alle mie esigenze e a quelle di Fabiola Moretti, mi ero intromesso per evitare che potesse succedergli qualcosa».
Si è sempre detto che «Renatino» fosse più generoso con Fabiola perché lei ha raccontato che erano amici «fin da ragazzini, quando abitavamo a Trastevere e andavamo a caccia di vipere insieme su al Gianicolo per venderne il veleno al farmacista del quartiere», ma si tratta di belle fiabe. De Pedis a Trastevere ci è nato, ma quando aveva 7 anni la famiglia ha cambiato zona andando ad abitare nei pressi di piazzale Antonio Meucci vicino al Lungotevere degli Inventori.
La smentita di Luciano De Pedis
«E quello che andava a caccia di vipere per vendere il veleno al farmacista ero io, non mio fratello Enrico», rivela il fratello minore di De Pedis, Luciano, titolare del ristorante S. Michele, al numero 7 di Lungo Tevere Ripa, di fronte al Gianicolo. E il ristorante scelto nella sorpresa generale da Michelle Obama, moglie del presidente Usa Barak Obama, per una cena durante la visita con il marito a Roma nel giugno 2009. (…) «Ma a caccia di vipere da vendere al farmacista ci sono andato solo una volta e questa Fabiola Moretti non l’ho mai vista in vita mia», specifica Luciano: «Qualcuno deve averle raccontato l’episodio della mia cattura della vipera e lei lo ha spacciato come fosse suo e di mio fratello, che forse avrà conosciuto da adulta, ma certo non da bambini né da ragazzi»
Siete sempre molto precisi nei fatti complimenti e buon lavoro