Il falso comunicato n.7 delle Br e il “suicidio di Moro”: la madre di tutte le fake news

Dal primo volume della trilogia “Brigate rosse” di Marco Clementi, Paolo Persichetti ed Elisa Santelena avendo fede e speranza che Derive e Approdi ci facciano la carità di pubblicare quanto prima gli altri due tomi.

La vicenda, che fino a quel momento si era tenuta sulle lettere di Moro e i Comunicati delle Br, fu compromessa il 18 aprile con la diffusione di un falso Comunicato, distribuito solo a Roma, a differenza di tutti gli altri che erano regolarmente stati fatti ritrovare anche nelle altre città dove le Br avevano delle strutture, che annunciava l’esecuzione dell’ostaggio e l’occultamento del cadavere dentro il lago della Duchessa, in provincia di Rieti:

Il falso comunicato

«Oggi 18 aprile 1978, si conclude il periodo “dittatoriale” della DC che per ben trent’anni ha tristemente dominato con la logica del sopruso. In concomitanza con questa data comunichiamo l’avvenuta esecuzione del presidente della DC Aldo Moro, mediante “suicidio”. Consentiamo il recupero della salma, fornendo l’esatto luogo ove egli giace. La salma di Aldo Moro è immersa nei fondali limacciosi (ecco perché si dichiarava impantanato) del lago Duchessa, alt. mt. 1800 circa località Cartore (RI) zona confinante tra Abruzzo e Lazio.

È soltanto l’inizio di una lunga serie di “suicidi”: il “suicidio” non deve essere soltanto una “prerogativa” del gruppo Baader Meinhof. Inizino a tremare per le loro malefatte i vari Cossiga, Andreotti, Taviani e tutti coloro i quali sostengono il regime. P.S. – Rammentiamo ai vari Sossi, Barbaro, Corsi, ecc. che sono sempre sottoposti a libertà “vigilata”. 18/4/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse».

La messa in guardia di Guiso

Il Comunicato era chiaramente apocrifo, come poi sarebbe risultato. Guiso, che era particolarmente ascoltato dagli inquirenti, fin dalla mattina del 18 aprile aveva avvertito il presidente della Corte d’Assise di Torino, Barbaro, il giudice a latere Giovanni Fittola e il capitano Giorgio Tesser, che il Comunicato era un falso «per l’anomala modalità di diffusione dello stampato, per l’inconsueto uso di fotocopie, per la presenza di un originale in china, per differenza di caratteri, per difformità concettuali (i brigatisti non darebbero rilevanza a una data che, come si legge, segna un successo per la borghesia e, pertanto, non avrebbero mai iniziato il comunicato con un tale riferimento)».

A ciò, aggiungeva Guiso, per tendere alla salvezza di Moro sarebbe stato indispensabile che la Dc, in quanto principale partito direttamente coinvolto, «intraprendesse una trattativa col suo leader in cattività utilizzando i giornali: trattativa perciò non rivolta alle Br ma allo stesso Moro (sul mezzo della stampa le Br sarebbero irremovibili in quanto pretenderebbero tale pubblicità)».

Le diverse perizie

La Criminalpol: è autentico

Le perizie sullo scritto furono più di una. La scientifica inviò le conclusioni alla Digos il 18 stesso. Il tecnico della Criminalpol Antimo Florio, che stese la relazione, era convinto che il Comunicato fosse autentico:
«La scrittura del comunicato […] presenta caratteristiche (tipo dei caratteri dattiloscriventi LIGHT ITALIC, passo della scrittura ed anomalie negli spazi di alcuni segni di interpunzione) del tutto analoghe a quelle riscontrate nei precedenti comunicati […]». L’unica parte che presentava «accentuate anomalie», come la disomogeneità nella spaziatura tra le lettere e la tenuta del rigo, era l’intestazione scritta a mano «Brigate Rosse», ma la cosa era da attribuirsi al fatto che «il titolo del comunicato n. 7 è stato eseguito molto in fretta».

Il Viminale: goffo e poco strutturato

Una perizia del ministero degli Interni, invece, sottolineava come la struttura del volantino fosse del «tutto incomparabile a quella dei precedenti comunicati, mostrando una scarsa capacità compositiva». Lo stile era goffo e poco strutturato. Il dattilografo aveva scritto in fretta e male e anche gli accenti della «e» «si oppongono al sistema del comunicato precedente».

I carabinieri: probabile opera di uno solo

La perizia dattilografica dei Carabinieri giunse il giorno seguente. Di fronte a un falso evidente, le conclusioni del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche furono ambigue e sostanzialmente errate.
Dagli accertamenti condotti, vi si legge, erano scaturiti i seguenti dati, raffrontati su tutti e sette i Comunicati conosciuti a quel momento: «tutte le dattiloscritture presentano affinità nel tipo di carattere “light italic” riferibili a macchina da scrivere IBM con tutta probabilità di Modello 72, funzionante a testine rotanti, intercambiabili con possibilità di effettuare variazioni nel “passo” di scrittura».

Non era dato da sapere con certezza se tutti i reperti fossero stati scritti con la stessa macchina a causa della cattiva qualità delle fotocopie. Tuttavia il Comunicato n. 7, quello della Duchessa, «si differenzia dagli altri: nell’irregolare allineamento verticale del margine sinistro. Nell’uso di determinati simboli dattilografici, ad esempio il doppio trattino (=) per troncare le parole in fin di rigo in luogo del consueto trattino (-) e della saltuaria sottolineatura (_). Nel tracciato della intestazione “Brigate Rosse”». Il reperto, comunque, presentava anche delle analogie. Per cui «appare probabile che tutti […] anche quello contrassegnato dal n. 7, siano stati battuti da una sola persona».

Il Trinbunale: analogia con il comunicato n.5

Un consulente tecnico del Tribunale di Roma scrisse che «dall’esame della scrittura del comunicato n. 7 […] e quella del comunicato n. 5 sono emerse corrispondenze di insieme di particolari per i quali deve ritenersi che i due documenti sono stati scritti con la stessa macchina».

Parlano Priore e Imposimato

In molti hanno sostenuto che a comporre materialmente il Comunicato della Duchessa fosse stato Tony Chicchiarelli, un falsario di opere d’arte legato alla banda della Magliana, poi assassinato nel 1984, ma non esistono certezze.

Tra i commenti dei protagonisti si segnala quello di Ferdinando Imposimato, che vide nel falso Comunicato un’azione «attiva per determinare l’evento che ha portato poi alla liquidazione di Moro». Come Imposimato, anche il giudice Rosario Priore si disse convinto che con il falso Comunicato della Duchessa si volesse dire «che Moro è morto» per vedere come «il Paese reagisce».

Chi redasse quel foglio, però, non poteva essere sicuro del fatto che gli inquirenti restassero ingannati. Era, invece, cosa certa che le Br lo avrebbero immediatamente smentito. Forse la spiegazione va cercata nel tentativo di coinvolgere il Vaticano in una trattativa per la liberazione di Moro attraverso il pagamento di un riscatto. Trattativa cui si è fatto cenno e che fu messa in piedi da truffatori. Se si tratta di persone legate alla malavita organizzata romana, l’ipotesi dei falsari si fa più forte. In ogni caso, la vicenda esula dalla storia delle Br.

L’eccesso di zelo della polizia

L’eccesso di zelo mostrato dalle forze dell’ordine coinvolse uomini e mezzi in una ricerca complessa. All’interno di un lago che era ghiacciato da mesi e non presentava segni di penetrazione esterna. Così, la mattina del 18 aprile il capo della Polizia Parlato si mise in contatto con il Comandante del Gruppo dei Carabinieri di Rieti. Per comunicargli la probabile presenza del corpo di Moro.
Fu inviato un elicottero, allertato il Comando della compagnia di Avezzano. Mandarono sul posto un nucleo di sommozzatori dell’Arma. Sul luogo si recarono anche il procuratore capo della Repubblica di Roma, De Matteo assieme al vice capo della Polizia Santillo.

Le ricognizioni, fatte anche con pastori della zona, dimostrarono la difficoltà – anche con mezzi adeguati – di raggiungere il luogo indicato e verso le 15.00 cominciarono a manifestarsi i primi dubbi da parte di chi aveva il comando dell’intervento, ossia l’Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore dei carabinieri.

La sera del 19 aprile il questore Nigro informò il ministero degli Interni che erano stati fatti i controlli sulla superficie del lago. Perforata addirittura con l’esplosivo. Tutte le ricerche avevano dato esito negativo. «Consentono ritenere notevolmente infondata notizia abbandono in zona cadavere onorevole Moro».
Ciò nonostante, le operazioni sarebbero riprese il mattino seguente. «Con impiego stesso personale, procedendo at meticolosi controlli tutta zona suddetta con ausilio metodi ricerca sepolte persone da valanghe con collaborazione alpini divisione Julia».

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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