10-11 maggio 1978, Pl e Fcc all’attacco del comando capitalistico: due gambizzati a Milano
Subito dopo la conclusione del sequestro Moro, il comando unificato di Prima Linea e Formazioni comuniste combattenti organizza una campagna contro il comando d’impresa: la gambizzazione di due manager milanesi, Francesco Giacomazzi, dirigente Montedison e presidente dell’Asfor (associazione formazione manageriale), del 10 maggio e Mario Astarita, direttore generale della banca americana Chemical Bank, dell’11 maggio, sono rivendicate come “disarticolazione del progetto di ristrutturazione del capitale multinazionale”. Il percorso di unificazione tra le due organizzazioni, avviato nei primi mesi dell’anno, si blocca in estate sulla diversità di vedute nell’analisi del sequestro Moro e del rapporto con le Brigate rosse.
Il ferimento di Giacomazzi
La criminale mano dei terroristi è tornata a colpire ieri mattina a Milano, mentre la gente si affollava alle edicole per acquistare i giornali che riportavano le notizie sulla barbara esecuzione dell’oli. Aldo Moro.
Alle 8.45. mentre in tutti i luoghi di lavoro si stavano preparando le assemblee unitarie, in piazza della Conciliazione, un commando composto da tre giovani e da una ragazza, ha atteso sotto casa l’ingegner Franco Giacomazzi. di 50 anni, professore universitario e dirigente della Montedison. Un terrorista gli ha sparato sei colpi di pistola colpendolo con due proiettili alla gamba destra: uno gli ha spezzato la tibia e l’altro si è conficcato nella caviglia. L’attentato è avvenuto a non più di cinquanta passi dalla abitazione dell’ingegnere, in via Ariosto 4.
Franco Giacomazzi era uscito come tutte le mattine a piedi per raggiungere l’ ingresso della metropolitana in piazza della Conciliazione e quindi recarsi al lavoro nella sede della Montedison in Foro Bonaparte. Aveva appena svoltato l’angolo tra via Ariosto e la piazza, ed era a non più di cinquanta
metri dall’ingresso del « metro ». quando un giovane ed una ragazza gli si sono avvicinati. L’uomo ha estratto da una borsa una rivoltella calibro 7.65 ed Ita sparato mirando alle gambe. Poi sotto gli occhi di vari testimoni. i due giovani sono montati su una Simca color chiaro che è partita velocemente. A bordo vi erano altri due complici.
Fonte: L’Unità
Il ferimento di Astarita
A 24 ore dal ferimento del prof. Franco Giacomazzi, dirigente della Montedison, lo stesso commando terrorista ha colpito alle gambe il direttore di una banca americana: gli attentati sono stati rivendicati da «Prima linea» e da «Formazioni comuniste combattenti».
Una ragazza nel commando
La nuova vittima è il dott. Marzio Astarita, 37 anni (via Bisleri 11), direttore generale della «Chemical Bank», un istituto di credito statunitense che ha sede in largo Cairoli 2. Astarita è uscito, come al solito, verso le 8 per raggiungere a piedi, in piazza Gambara, la stazione della metropolitana. I terroristi lo attendevano all’angolo tra via Bisleri e via Massarenti; quando è stato a portata di tiro, gli hanno sparato alle gambe. Il commando era formato da 4 persone, tra cui una ragazza bionda: due sono rimasti a bordo della vettura con la quale erano giunti sul posto dell’agguato, gli altri — la donna e un giovane alto, snello con barba e occhiali da sole, vestito di grigio — hanno affrontato il dirigente.
Il giovane ha sparato un colpo ferendo il dott. Astarita alla gamba sinistra; il ferito ha tentato di fuggire riparandosi dietro una vettura parcheggiata a poca distanza: il giovane lo ha raggiunto ed ha esploso altri colpi in rapida successione.
Lo choc della moglie alla finestra
La scena è stata seguita dalla finestra della sua abitazione dalla moglie della vittima, signora Franca, che si è messa ad urlare. La prima ad accorrere è stata Vincenza Deina, 35 anni, portinaia dello stabile di via Bisleri 11: la donna ha fatto in tempo a scorgere una «127» bianca targata CO 325343, sulla quale c’erano i terroristi, allontanarsi a tutta velocità verso piazza Velazquez. La vettura, rubata giorni fa, è stata ritrovata un’ora dopo il ferimento in via Frassinetti.
Il dott. Astarita è stato raggiunto da tre colpi alla gamba sinistra: uno gli ha fratturato il perone, un altro gli ha leggermente ferito un testicolo, il terzo gli ha trapassato il polpaccio. E’ giudicato guaribile in 30 giorni. Sul posto dell’attentato sono stati trovati 5 bossoli calibro 7,65, un altro bossolo è stato rinvenuto a parecchi metri di distanza all’interno di un’auto in sosta, entratovi dai finestrino.
Le due sigle
Uno sconosciuto ha telefonato ad un’agenzia di stampa e ad un quotidiano del pomeriggio per rivendicare l’attentato. «Abbiamo azzoppato Mario Astarita della “Chemical Bank”: in una cabina telefonica di piazza Piala troverete un volantino». L’interlocutore ha aggiunto: «Siamo gli stessi che hanno ferito l’ingegner Giacomazzi della Montedison: diffidiamo la stampa dall’inventarsi sigle inesistenti».
La precisazione è stata fatta in quanto, dopo il ferimento Giacomazzi, uno sconosciuto aveva telefonato ad un quotidiano affermando che l’impresa era opera di un «Fronte popolare comunista armato». Dai volantini, quelli trovati nel corso della notte e quello che si riferisce al ferimento Astarita, risulta invece che si tratta di una «Organizzazione comunista combattenti prima linea» e d’una « Formazioni comuniste combattenti», due raggruppamenti che hanno già fatto qualche apparizione a Milano.
Il volantino di rivendicazione
Il volantino trovato dopo il ferimento del prof. Giacomazzi porta la data del 9 maggio, cioè un giorno prima dell’agguato. I volantini che si riferiscono ai due ferimenti sono quasi identici ad eccezione di poche righe dove si parla delle vittime e del motivi che hanno determinato gli attentati. Affermano, tra l’altro, che bisogna «impedire la possibilità di ripresa produttiva, minare le possibilità di funzionamento dei servizi fondamentali e dell’apparato. Tutto ciò che oggi viene prodotto, che funziona e che non viene usato dalla classe ma contro di essa, deve cominciare ad essere distrutto»
Una breve storia delle FCC
Le Fornazioni comuniste combattenti nascono nella crisi della rete militare dell’area di Rosso, lacerata dall’omicidio Custra il 14 maggio 1977, in una sparatoria davanti a San Vittore, e dalla sua gestione. Le FCC filiano dalle Brigate comuniste e si caratterizzano subito per una più marcata scelta della clandestinità, con forti analogie con le scelte strategiche di Prima Linea: la costruzione di un esercito proletario, inteso come rete di squadre combattenti territoriali in dialettica con una struttura centrale di direzione.
Due poli territoriali: Nord e Centrosud
Tra l’estate del 1977 ed il novembre del 1978 le FCC si diffondono sul territorio nazionale in un intreccio i cui principali poli d’intervento sono Milano, Varese, Bologna al Nord e Roma e Avellino al Centro-Sud. Qui le Fcc sono costituite da una rete di operai soprattutto della FIAT di Cassino, da alcuni militanti delle disciolte Formazioni Comuniste Armate, da un gruppo di compagni irpini e dai Comitati Operai dei Castelli romani. I leader delle due aree sono Corrado Alunni e Paolo Ceriani Sebregondi. L’esperienza più matura si realizza alla Fiat di Cassino (FR), dove fra il 1976 e il 1977, sono feriti due capi operai e sabotato una centrale elettrica che causa un black out totale di tre giorni.
Il primo omicidio a Cassino
Il 4 Gennaio 1978 è ucciso il maggiore dei carabinieri in congedo e capo dei servizi di sicurezza della fabbrica, Carmine De Rosa. La rivendicazione è firmata Operai Armati per il Comunismo, sigla impiegata solo in questa occasione. Tra le altre usate rivestono una certa importanza le Squadre Proletarie Armate (o anche Squadre Armate Proletarie): “organismi autonomi operanti nei comitati operai e nei quartieri con compiti locali di autoarmamento ed autofinanziamento”.
La campagna unitaria con PL
La sigla FCC appare per la prima volta il 18 gennaio 1978 nella rivendicazione dell’azione contro i carabinieri di guardia esterna al carcere speciale di Novara. Il primo attacco della direzione unificata Pl-Fcc è un attentato il 31 gennaio a Bologna (dove spiccano le figure di Maurice Bignami e Barbara Azzeroni, provenienti da Potere operaio e da “Rosso”) contro l’abitazione dell’industriale Dante Menarini (Bologna 31-1-78). Alla tregua autoproclamata nel sequestro Moro segue un’accelerazione militare. Alle due gambizzazioni seguono altre gambizzazioni: il capo del personale della Menarini, Antonio Mazzotti (Bologna, 15-5-78) una guardia di polizia, Roberto Demartini (Torino 17- 5-78) e un capo officina dell’Alfa Sud (Pomigliano d’Arco 22-6-78) e sabotaggio ad un traliccio dell’Enel (Cassino 26-6-78). Alcune di queste azioni sono rivendicate con la sigla Squadre Armate Proletarie (SAP), altre congiuntamente dalle FCC e da PL.
Lo strappo e l’agguato di Patrica
Dopo l’estate del 1978 e lo scioglimento del comando unificato, anche le FCC si dividono e, dall’ala più sensibile alle tesi di PL, prendono vita i Reparti Comunisti d’Attacco. L’8 novembre 1978, a Patrica, Frosinone, in dialettica con le BR, le FCC del Sud uccidono il procuratore di Frosinone Fedele Calvosa e gli agenti di scorta del magistrato. Nell’azione cade il militante Roberto Capone. Nel tentativo di recuperare un auto del commando è arrestato Ceriani Sebregondi.
Nel Varesino, intanto, alcuni militanti tentano di “far operare un salto di qualità alle Squadre Armate Proletarie”, le quali, oltre ad alcune azioni di autofinanziamento, compiono diversi attentati, tra cui la caserma dei carabinieri a Sesto Calende (26-12-78), la redazione de La Prealpina (Varese 29-12-78); il ferimento di Franco Lombardo, medico del carcere dei Miogni (Varese, 15-1-79).
La dissoluzione e la diaspora
Con gli arresti del maggio 1979, le FCC e le SAP cessano di esistere. Alcuni militanti prendono la via dell’esilio, altri confluiscono nelle Brigate Rosse, ed altri ancora abbandonano la militanza armata. Un nucleo proveniente dalle Squadre Armate Proletarie, infine, partecipa alla fondazione della Brigata XXVIII Marzo.
Saranno inquisite 121 persone per le attività delle Fcc.
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