La verità sull’omicido di Fermo: a ciascuno la sua

fermoIl post di “Fascinazione” che ha per primo ha rilanciato nel circuito dei social media una versione alternativa sulla tragedia di Fermo (una testimone oculare che ridimensiona fortemente le responsabilità dell’imprenditore zootecnico fermato per omicidio preterintenzionale) ha letteralmente fatto impazzire il counter di Blogger, la piattaforma che ospita il mio primo blog, da un anno ormai affidato alle amorevoli cure di Giuseppe Parente. In poche ore sarebbe stato raggiunto un numero di visualizzazioni pari a quello del mese migliore della prima edizione. Ma anche a prendere per buono il counter di Histats, che dà online in questo preciso istante (ore 18.30 del 7 luglio) 408 lettori (e calcola 75mila visitatori e 85mila pagine lette), è del tutto evidente che è successo qualcosa di eccezionale.
Di fronte a una narrazione mainstream che ha subito chiuso il caso (“delitto razzista”) con la benedizione del Viminale e degli investigatori (che hanno immediatamente contestato l’aggravante della Legge Mancino) un sacco di gente evidentemente si è aggrappata a un’altra storia.

Questa testimonianza ha, a sua volta, qualche incongruenza evidente ma comunque, mettendo in discussione la versione ufficiale, va tenuta in considerazione. Io, ad esempio, stento a credere che il fermano, per quanto bello robusto, si sia tenute le mazzate, compreso l’uso di di un paletto stradale, per quattro-cinque minuti prima di reagire con un unico devastante cazzotto. Qualche antico “maestro” di cronaca giudiziaria a questo punto chioserebbe: scemo, devi dubitare delle testimonianze perfette, quelle più autentiche sono sempre contraddittorie … Ma non è questo il punto. Il problema è che, in tutta evidenza, i fatti tendono a scomparire e prevalgono le narrazioni strutturate. Con ognuno che si sceglie quella più aderente alla sua visione del mondo.

Così, da una parte, c’è chi, con un clamoroso rovesciamento logico, fomenta sul “delitto fascista” perché l’autore è fascista. Salvo poi scoprire che l’unico precedente di polizia è un Daspo e che il suo unico impegno politico è stato la presenza ai comizi di Salvini, dove organizzava una sorta di servizio d’ordine rudimentale. Dall’altra c’è chi invece si aggrappa al più improbabile negazionismo: in Nigeria non c’è guerra civile (e invece i guerriglieri islamisti di Boko Haram uccidono, rapiscono e stuprano donne e bambine, riducono in schiavitù i prigionieri), “scimmia” non è un insulto razzista e poi i media danno sempre grande spazio a queste tragedie e mai quando sono di segno opposto…

Così, quando prevale la logica manichea, l’arte di seminare i dubbi rischia spesso di diventare una fatica inutile. Eppure una domanda sorge spontanea: se, in tutta evidenza, si tratta di un “delitto di impeto” e non di un’imboscata, come fa il sacerdote che ospitava le vittime ad attribuire il “pestaggio mortale” alla stessa mano che ha organizzato una campagna di intimidazione contro la Chiesa dell’accoglienza? Nelle terribili ore in cui si andava spegnendo la vita del profugo nigeriano, infatti, il leader della Comunità di Capodarco, un faro della solidarietà che proietta la sua luce sull’intero territorio nazionale, ha incastrato un puzzle mentre invece al massimo i quattro piccoli attentati antiecclesiastici possono dare il suono della “musica che gira intorno”, di un clima sociale sempre più asfittico e incattivito.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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