3 febbraio 1991: la storia del Pci finisce male. Una testimonianza inedita

Il 3 febbraio 1991, dopo 70 anni, finisce il Partito comunista italiano. Il congresso si impantana nella mancata elezione del segretario per assenza del numero legale dell’assemblea. Particolare che la cronaca dell’Unità omette . Una vicenda grandiosa e tragica che si accartoccia a coda di topo. Io non mi sono mai occupato di retroscena politici ma per una volta ne posso raccontare uno gustoso, la notte dopo il disastro, raccolto dalla viva voce di Claudio Velardi, uno dei testimoni privilegiati per il mio ultimo libro, la biografia di Antonio Luongo ma poi non utilizzato nella stesura per la scelta mia di limitare al massimo l’aneddotica.

Il disastro al congresso

Il congresso di Rimini si conclude clamorosamente con la mancata elezione di Occhetto segretario perché manca il numero legale dell’assemblea. E’ il risultato, impensabile e al tempo stesso emblematico, del casino successo nella notte precedente nella commissione elettorale che doveva designare l’assemblea nazionale. Alla riunione partecipano Velardi a rappresentare i dalemiani, Minopoli i riformisti, Petruccioli gli occhettiani. Lo stallo sprofonda l’intero congresso nel caos, in un’atmosfera da tragedia greca. Occhetto scompare, D’Alema è convocato da alcuni dei grandi vecchi: c’è Ingrao con Tortorella per la sinistra, Macaluso per la destra, mancano Napolitano e Chiaromonte. Il messaggio è secco e ultimativo: “Va bene, basta. Adesso prendi in mano tu la situazione”. D’Alema si oppone.

La tragedia in diretta

“Bisognava ritornare da Rimini a Roma – ricorda Velardi – c’era la neve, faceva un freddo cane a Rimini ed era annunciata bufera lungo la strada per Roma. D’Alema non aveva la macchina così io acchiappo Luongo e gli dico: Andiamo a Roma, portaci tu. E così con la macchina tutta scassata di Antonio partimmo, vivendo in quelle ore tutta la tragedia in diretta. Tutti che telefonavano a D’Alema, vecchi, giovani, certamente Napolitano, Veltroni, forse anche Cossiga, era al Quirinale, fu un momento terribile. Un Pci che si dissolve e non è in grado di eleggere un segretario. In questo viaggio Antonio Luongo visse in diretta una vicenda di primaria importanza, dicendo, io e lui, io in maniera particolare: ‘E’ venuto il momento, prendiamo in mano tutta la situazione’ ma D’Alema in maniera molto acuta ed intelligente ci liquidò: ‘No, assolutamente no, è il momento in cui io devo rimettere in sesto Occhetto perché a quel punto ce lo avrò totalmente in pugno’. Non c’è dubbio che aveva ragione, e ci convinse delle sue ragioni ma c’era poco da discutere. Per Luongo, oltre che partecipare a un passaggio storico importante, ricordato in tante circostanze, fu una classica lezione di politica. E anche per me.

La lezione politica di D’Alema

Con tutto quello di male che oggi penso di D’Alema, però da lui ho avuto lezioni di politica veramente straordinarie. Quando tu pensi che è il momento di prendere in mano le cose, invece sbagli, perché invece si tratta di aspettare, che non era la cosa più ovvia da fare. Fu una mossa molto acuta. Se avesse preso le cose in mano sarebbe stato tacciato di essere il traditore, il fetente, il liquidatore di Occhetto, invece ricucì tutto, fece un mirabile discorso alla direzione di qualche giorno dopo rimettendo in sella Occhetto, che così tornò a fare il segretario del Pds, ma era già con la faccia tagliata. Fu un viaggio di notte, nella bufera, partimmo abbastanza tardi, poi per attraversare l’Appennino la strada era pessima con una macchinetta di merda, ma fu un passaggio significativo anche perché nel momento in cui un dirigente molto periferico, come Antonio Luongo, si trova in un passaggio cruciale della politica come questo, è come se facesse un piccolo salto di qualità, perché viene a sapere anche di cose più riservate e segrete”

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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