9.3.73: banda fasciocriminale rapisce e stupra Franca Rame

franca rame

Il 9 marzo 1973 una banda fasciocriminale milanese, istigata dai vertici dei Carabinieri della Pastrengo, sequestra e violenta Franca Rame

Il monologo

Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.

Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.

Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…

Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si danno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.

Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.

Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.

Devo stare calma, calma.

“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.

“Muoviti puttana fammi godere”.

Sono di pietra.

Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.

“Muoviti puttana fammi godere”.

La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.

“Muoviti, puttana. Fammi godere”.

Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.

È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose”

Così, due anni dopo, Franca Rame riuscirà a raccontare la brutale violenza subita il 9 marzo del 1973 da un commando neofascista. Ma solo molti anni dopo riconoscerà che era lei la protagonista del monologo portato in scena e non una generica vittima di violenza carnale.

Le confessioni di Pitarresi

La caricarono con la forza su una camionetta. cinque elementi riconducibili all’estrema destra, la picchiarono e violentarono ripetutamente. Nel corso dell’indagine ter su Piazza Fontana il fasciocriminale Biagio Pitarresi rivela al giudice Salvini che a compiere lo stupro fu una squadraccia neofascista, e soprattutto che l’ordine di “punire” Franca Rame con lo stupro venne dall’Arma dei Carabinieri. Si legge nell’ordinanza di rinvio a giudizio dell’inchiesta sull’eversione neofascista degli anni Settanta:

Gli altri stupratori

«Pitarresi ha fatto il nome dei camerati stupratori: Angelo Angeli e, con lui, “un certo Muller” e “un certo Patrizio”. Neofascisti coinvolti in traffici d’armi, doppiogiochisti che agivano come agenti provocatori negli ambienti di sinistra e informavano i carabinieri, balordi in contatto con la mala. Fu proprio in quella terra di nessuno dove negli Anni 70 s’incontravano apparati dello Stato e terroristi che nacque la decisione di colpire la compagna di Dario Fo. Ha detto Pitarresi: “L’azione contro Franca Rame fu ispirata da alcuni carabinieri della Divisione Pastrengo. Angeli ed io eravamo da tempo in contatto col comando dell’Arma»

Accuse confermate da uno stretto collaboratore del generale Dalla Chiesa, Nicolò Bozzo. che all’epoca era in servizio alla Pastrengo:

«Arrivò la notizia del sequestro e dello stupro di Franca Rame. Per me fu un colpo, lo vissi come una sconfitta della giustizia. Ma tra i miei superiori ci fu chi reagì in modo esattamente opposto. Era tutto contento. “Era ora”, diceva. […] Era il più alto in grado: il comandante della “Pastrengo”, il generale Giovanni Battista Palumbo. […] Allora io vissi quella reazione di Palumbo solo come una manifestazione di cattivo gusto. Credevo che il generale fosse piacevolmente sorpreso della notizia, nulla di più. D’altronde Palumbo era un personaggio particolare, era stato nella Repubblica Sociale, poi era passato con i partigiani appena prima della Liberazione. Non faceva mistero delle sue idee di destra. E alla “Pastrengo”, sotto il suo comando, circolavano personaggi dell’estrema destra, erano di casa quelli della “maggioranza silenziosa” come l’avvocato Degli Occhi»

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Per approfondire

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “9.3.73: banda fasciocriminale rapisce e stupra Franca Rame

  1. ”Donna, ma…a quale prezzo”…”

    8 marzo:

    giornata di lotta internazionale dal Kurdistan all’America latina

    Gianni Sartori

    Anche se con qualche giorno di ritardo (chiedo venia) vorrei ricordare alcune delle manifestazioni con cui le donne internazionaliste in lotta in (quasi) ogni angolo del Pianeta hanno celebrato l’8 marzo.

    In quello che per le donne curde, ma non solo,  è divenuto “Il Giorno Internazionale della Lotta della Donna” sono scesi in strada unitariamente le donne con altri gruppi oppressi (ognuno dalla molteplici, innumerevoli capacità del sistema economico capitalista e patriarcale di opprimere, sfruttare…).

    In particolare il Coordinamento della Comunità delle Donne del Kurdistan (KJK) ha diffuso un comunicato salutando “tutte le donne in lotta che si sono ritrovate nelle piazze del mondo e del Kurdistan con le loro voci, parole, danze e grida; le donne che resistono nonostante la barbarie del maschilismo e che accusano la crudeltà del patriarcato”.

    Felicitandosi inoltre “con tutte le donne che contribuiscono alla buona riuscita della Giornata Internazionale della Donna”.

    Ma ,come da manuale, non tutto è andato per il verso giusto.

    In Colombia, manifestazioni e marce inizialmente si erano svolte in tranquillità. Anche nella capitale, Bogotà, dove un gran numero di importanti crocevia venivano bloccati, così come diverse stazioni di autobus. In particolare intorno alle Università, al Centro della Memoria Storica e al Municipio. Alle cariche e al lancio di granate lacrimogene della polizia antisommossa, le manifestanti rispondevano con un fitto lancio di oggetti.

    Così è andata anche in Messico.

    A Monterrey infatti la manifestazione per l’8 marzo si è conclusa con scontri tra le donne scese in strada e le forze dell’ordine.

    Anche quest’anno – come ormai da tradizione – le strade si erano tinte di viola quando le donne le avevano percorse a migliaia. Chiedendo, pretendendo “giustizia e la fine della violenza nei nostri  confronti”.

    Tra le scritte sugli striscioni:

    “Io manifesto perché sono ancora in vita, ma non so per quanto tempo”; “Saremmo molte di più se voi non le aveste uccise”; Donna, ma…a quale prezzo”…

    Quando il corteo ha raggiunto la Spianata degli Eroi, sono iniziati i “disordini”.

    Gruppi di manifestanti hanno incendiato le recinzioni erette dal Governo locale mentre altri hanno ridipinto un monumento qui situato.

    Gli scontri si sono ulteriormente intensificati verso le ore 22 e il bilancio finale è di almeno cinque arresti (oltre a un numero imprecisato di feriti).

    Nella dichiarazione già citata della KJK si legge anche che“ le donne, sottoposte a tremende crisi, a massacri e persecuzioni ,24 ore al giorno negli artigli del sessismo, una volta in più – con coraggio e determinazione – dicono” Io Esisto!” E sapranno costruire una lotta radicale, implacabile. Ribellandosi contro le politiche di sfruttamento, genocidio, molestie e stupri che vengono loro imposte in ogni momento e in ogni spazio della vita”.

    Opponendosi “a voce alta alla mentalità sessista a favore del potere e alle strutture che sono colpevolmente responsabili di queste pratiche sanguinarie, crudeli e misogine”.

    Rivendicando che oggi “le lotte delle donne si sono ancor più radicalizzate per conseguire maggior democrazia e diritti umani”.

    E, non occorre neanche dirlo, i maggiori risultati, un livello superiore… si sono raggiuntai con la Rivoluzione delle donne in Rojava.

    Gianni Sartori

    PS: dedicato a Franca

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