17.8.81: 42 coltellate ma Francis Turatello muore in piedi

Francis Turatello

Il 17 agosto 1981 un commando misto (catanesi. cutoliani, banda Vallanzasca) uccide a coltellate Francis Turatello, il boss della mala milanese, nel cortile del supercarcere di Nuoro. Molto si è ricamato su quel delitto e quindi ve lo proponiamo nel racconto che ne ha fatto Antonella D’Agostino nella sua biografia Francis, Faccia d’Angelo, pubblicata da Milieu. Antonella d’Agostino è amica di vecchissima data di Turatello ed è stata per dieci anni, dal 2008 al 2018, la signora Vallanzasca

La mattina del 17 agosto

Una qualunque mattina d’agosto. Francis fece il suo ingresso accanto ad Antonio e a Pierluigi Concutelli (con il quale divideva la cella), si accese una sigaretta con l’accendino d’oro immancabile e s’interessò ai discorsi di cinque detenuti impegnati a parlare della politica ridicola della destra. Nessuno poteva immaginarsi che, quel 17 agosto, sarebbe successo l’inevitabile.

Ma che cazzo racconti, Marce’! – stava dicendo un romano agitandosi.

Sono anni che non succede un cazzo in sto paese di...

Ma smettila – intervenne un tipo basso con i capelli rossi. – Se era per voi qui si faceva la fine dell’Africa!

Turatello seguiva i discorsi senza nessuna pretesa di dire la sua. Aveva le idee chiare in questioni del genere ma preferiva non mettere bocca tra due litiganti. Si limitò a sorridere e a godersi i rilanci di quella tribuna politica d’infimo livello.

L’arrivo di Andraous

Vincenzo Andraous arrivò al passeggio in ritardo. Aveva la faccia tesa e la camicia fin troppo abbottonata per riuscire a sopportare un caldo simile.

Salutò con un gesto della mano Antonio, Concutelli e Francis e si appartò con degli amici in un angolo. Si guardava in giro nervosamente, come se temesse qualcosa. Due guardie carcerarie esperte, impeccabili nelle proprie uniformi, berretto in testa per ripararsi dal sole si scambiarono un cenno d’intesa. Controllavano la situazione nel cortile ed erano pronti a intervenire se qualcosa fosse andato storto.

Il siciliano Salvatore Maltese passò una sigaretta ad Antonino Faro, gli lanciò un’occhiata complice e fece un cenno con la testa ad Adriano Danilo. Francis Turatello era al centro del cortile con in mano una lettera, intento a leggerne il contenuto. Era il momento giusto.

La decisione dei siciliani

In una stanza d’albergo a 5 stelle, nel centro di Roma, davanti alla finestra che s’affacciava su piazza di Spagna, il boss siciliano sorrise con gli occhi, scuri e gelidi, persi nell’immagine di se stesso riflessa sul vetro. La questione a quell’ora doveva essere già stata sistemata. Si accese un sigaro cubano e aspirò una lunga boccata.

Pace all’anima tua, Francis – mormorò con cadenza sicula.

Hei, freeeencis! – chiamò Pasquale Barra alle spalle del boss milanese. faccia d’angelo interruppe la lettura per voltarsi e nemmeno riuscì a rendersi conto di essere stato circondato da cinque uomini. La prima pugnalata arrivò da destra ferendogli un femore, poi giunsero incessanti i fendenti allo stomaco.

Nel cortile di Ascoli Piceno

Marco Medda, nel carcere di Ascoli Piceno, ignaro di ciò che stava succedendo in Sardegna fissava il suo socio. Stava litigando con il gruppo di siciliani ai quali, fino a pochi giorni prima, sembrava essersi tanto affezionato.

Non me ne frega un cazzo! – stava urlando – Dovevate dirmelo!
Tanto non ci potevi fare niente – fece un altro allargando le mani in segno di resa.

Vallanzasca scattò con un destro al mento di quest’ultimo, questi schivò e cerco di rispondere invano. – figli di puttana! – sputò l’altro mentre delle mani amiche lo bloccavano per allontanarlo da una rissa pericolosa. Marco seguì la scena a distanza e, forse, riuscì a capire cosa stava succedendo a centinaia di chilometri di distanza, nel carcere di Badu ’e Carros.

Decine di coltellate

Lo colpirono cinque volte… dieci… trenta…

Il corpo del Re delle bische era ormai distrutto dai tagli causati dalle infami lame. Cercò di reagire in qualche modo quando ancora poteva reggersi in piedi. Afferrò Andraous per il collo e cercò di stringere. Una coltellata al fegato gli fece mollare la presa. Ci provò con Antonino Faro, partendo con un gancio al mento con tutta la forza a disposizione. La vista annebbiata e il dolore incessante non gli permisero di colpire. Crollò sulle ginocchia lasciando che i sicari continuassero la spietata opera.

La forza di morire in piedi

Non sentiva più nulla. Solo il rumore dei coltelli che s’infilavano nelle sue carni per uscirne e rientrare immediatamente dopo.

– Brutti infamoni e pezzi di merda! State ammazzando un bravo ragazzo! – gridarono Antonio e Concutelli…

I tagli aperti piangevano sangue senza sosta.

– Non morirò in ginocchio davanti a voi…

Francesco con un grido d’orgoglio e quel che resisteva di un corpo martoriato fece forza sulla gambe e si rimise in piedi, davanti ai nemici.

Il cortile del carcere si era fatto silenzioso. I detenuti, spaventati e sorpresi fissavano inermi l’ira omicida dei cinque assassini che a ogni affondo di lama urlavano insulti, bestemmie o semplici imprecazioni. Faccia d’angelo era in silenzio, subiva ormai passivamente la follia affilata degli avversari. Le guardie predisposte al controllo della situazione non si vedevano più.

L’ultimo colpo alla carotide

La coltellata finale, la quarantaduesima, recise la carotide di Francesco. Si erano accaniti a lungo sul cadavere prima che la rabbia si placasse. Quando finalmente le forze dell’ordine intervennero mitra alla mano, i cinque colpevoli dell’omicidio non opposero resistenza. Solo Pasquale Barra, lo sguardo da pazzo e la bava alla bocca, cercò di conficcare ancora una volta la lama del suo coltello nel petto di Turatello nonostante la presenza delle guardie. Venne colpito da una manganellata e ammanettato.

Le esagerazioni dei giornali

Il quotidiano La Notte del 18 Agosto 1981 titolò “Assassinato come un cane”. Il giornalista, in una lunga descrizione, scrisse: “Stavolta è toccata a Francis Turatello, piccolo Re della mala milanese d’una volta, massacrato con circa cento colpi di rudimentali coltelli nel carcere sardo di Badu ’e Carros. I killer sono legati rispettivamente a Vallanzasca, alla mafia e alla Nuova camorra. Si teme una reazione a catena.”

Naturalmente, come previsto, si esagerò con i colpi inferti, i motivi e con la successiva e scabrosa invenzione del cannibalismo ai danni del cadavere.

I giornali s’interrogarono a lungo sulla causa scatenante la decisione di far fuori il Re delle bische milanesi. Vennero più volte interrogate dagli inquirenti Maria e Katy per appurare se fossero a conoscenza di qualcosa che ignoravano. Qualcosa sembrava non quadrare.

“LA VEDOVA E L’EX AMICA DI FRANCIS DAGLI INQUIRENTI CHE VOGLIONO SCOPRIRE LA VERITA’. Gli inquirenti sono sempre più decisi, infatti, a scoprire i motivi per i quali un “intoccabile”come Francis è stato ferocemente massacrato nel carcere sardo di Badu ’e Carros, a Nuoro. Per questo nei prossimi giorni verrà sentita di nuovo la giovane vedova di Turatello e anche Katy, ex amica del capo della banda.” (La Notte)

I sospetti su Cutolo

Alcuni giornalisti optarono, con la complice fantasia di alcuni dei presenti e dei responsabili, per una storia di camorra finita male che vedeva nel “sommo” boss Raffaele Cutolo il mandante dell’orribile omicidio all’interno del carcere sardo. Ipotesi poco plausibile in quanto Francis, da sempre, si era dimostrato disponibile a trattare e a fare affari con Cutolo e con i suoi.

Consapevole che i ricavi, grazie alle sue conoscenze e ai fondi disponibili a finanziare imprese della nuova camorra, avrebbero riempito le sue tasche in maniera esponenziale. Vallanzasca, da subito considerato dai media una dei probabili responsabili della condanna a morte di faccia d’angelo, non ebbe nessun vero motivo per voler mettere fine all’esistenza dell’amico riscoperto ai tempi di Rebibbia.

Il discorso per i siciliani, cambia. Consapevoli della popolarità di Francis e del fatto che, in breve tempo, il boss sarebbe tornato ad occupare il posto che gli competeva sul trono della mala meneghina, avrebbero avuto, più di chiunque altro, convenienza nel toglierselo dai piedi ed evitare mortificanti spartizioni.

Un delitto a pagamento

I colpevoli materiali dell’assassinio, in effetti, come scrisse il giornalista della notte, potevano essere riconducibili sia alla Nuova camorra, che ai catanesi che alla banda Vallanzasca ma, non bisognerebbe dimenticare che, i suddetti killer ebbero diverse responsabilità riguardo ad altri omicidi svolti dentro mura di diverse carceri e a bellicose rivolte, tanto da ottenere il titolo poco gratificante di Killer delle carceri. Si facevano pagare da chiunque per uccidere.

Nemici o amici poco contava, l’importante era ottenere la grana che avrebbe permesso loro di godersi una prigionia più dignitosa del previsto e, in aggiunta, una reputazione temibile nei confronti degli altri detenuti.

L’organizzazione catanese si mosse per tempo. Raggiunse i prezzolati assassini, li convinse senza troppi problemi e garantì loro l’eventuale sostegno legale. Vincenzo Andraous fu uno dei primi ad accettare. Mal sopportava la fama di Turatello e considerava Vallanzasca l’unico leader degno di questo nome. Si finse amico di Francis, pur accettandone la diffidenza e chiamò in aiuto alcuni uomini, come Faro e Maltese.

Barra fece di testa sua

Pasquale Barra venne a sapere della cosa e volle entrare a tutti gli effetti. Probabilmente, se Raffaele Cutolo avesse saputo in tempo, avrebbe bloccato Barra tempestivamente o, in alternativa, gli avrebbe fatto chiudere la bocca per sempre, magari proprio da Andraous.

Chi seppe tutto a tempo debito fu il latitante Angelo Epaminonda che, deciso ad appropriarsi del trono di francis, seppur sotto il comando della famiglia catanese, interessata, più che alle bische, al traffico di stupefacenti, riuscì a far ritrovare i carnefici e la preda nel medesimo carcere.

Alcuni Killer delle carceri trasferitesi troppo presto dalla Sardegna ad altre destinazioni come quella di Ascoli Piceno o Regina Coeli, se la cantarono troppo presto, vantandosi di sapere ciò che stava per succedere a Badu ’e Carros. Nessuno degli amici di Turatello riuscì a saperlo con sufficiente anticipo.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

4 commenti su “17.8.81: 42 coltellate ma Francis Turatello muore in piedi

  1. Sicuramente le guardie avevano paura ad intervenire; ma non è escluso che fossero “addomesticate”. lo “sguardo d’intesa” lascia pensare a ciò.. Poi, se erano veramente esperte , è legittima questa possibilità. Ma tutto ,pare fosse avvenuto in poco più di un minuto che, comunque , è un tempo abbastanza lungo per poter prendere atto della situazione ed intervenire.

      • Sicuro..ma in dieci secondi se si sta attenti ,si riesce ad intervenire ; comunque, in quella vicenda troppi attori erano coinvolti, pertanto è legittimo pensare ad una regia esterna potente che arrivò a coinvolgere le guardie che, nell’interrogatorio davanti al giudice si dimostravano ancora spaventate ed impacciate.

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