6 marzo, Bianco ricorda quel giorno maledetto con Franco Anselmi

franco anselmi
il cadavere di franco anselmi

“Il 6 marzo 2008, per il trentennale della sua morte, ci siamo ritrovati nella chiesa di San Pietro e Paolo all’Eur e abbiamo fatto officiare una messa in suo ricordo. Eravamo una ventina di vecchi amici di Franco. È stato un momento molto bello e toccante. Dopo trent’anni c’è ancora chi lo ricorda con affetto e ammirazione. Io lo conoscevo bene. Lui studiava Agraria all’università di Perugia. Aveva una casa in affitto insieme a Massimo Carminati. Qualche volta sono pure andato a trovarli. Non ho mai conosciuto una persona come lui. Il nostro ambiente ha avuto tanti morti, ma alcuni sono stati ritenuti di serie B, o forse, semplicemente, si è evitato di parlarne perché toccavano il nervo scoperto di certi ambienti missini, visto che sono caduti non disarmati, ma con le armi in pugno… Si sono incensate tante persone scomparse, anche perché la morte obiettivamente nobilita tutto e tutti, mentre nei confronti di Franco – così come di Alessandro Alibrandi – è caduta una ingiusta cortina di silenzio. E invece erano ragazzi eccezionali. Franco lo conoscevano in tanti, anche chi ha poi smesso di fare politica, e tutti ne conservano un grande ricordo. Era una persona incredibile. Con un cuore grande così. Un leone. Coraggioso, altruista, generoso. In quel periodo stavamo sempre insieme”.

Così, qualche anno fa, Francesco Bianco raccontò a Nicola Rao la commemorazione del trentennale per Franco Anselmi. Perciò ora ci tocca precisare: quella di ieri è stato il primo “Presente” celebrato per il fondatore dei Nar ma c’era già stato un rito in suo ricordo. Per il trentennale, così come poi, tre anni dopo, per Alessandro Alibrandi. Anche in questo caso, come abbiamo già ricordato, senza Presente. Non nasconde la sua perplessità Francesco Bianco: “Avrei preferito una Messa. Che significa andare sul posto? Ma rispetto comunque il gesto”.
Lui sul posto quel giorno c’era. Alla guida dell’auto. Aveva meno di 18 anni ma la sapeva già guidare bene e non si tirava indietro. Già aveva partecipato, sei giorni prima, sempre come autista, all’omicidio Scialabba: “Mi ricordo che passai da Franco forse un’ora prima di andare a prendere la macchina rapinata la sera. Abitavamo tutti e due a via della Magliana, a pochi isolati di distanza. C’eravamo vestiti bene tutti e due e salutai la madre al citofono: così quando la sera la polizia arrivò a casa Anselmi lei ingenuamente disse che ero passato io a prenderlo e fui subito fermato. Franco, intanto era sceso, e così arrivammo a via Ramazzini prima degli altri. Parcheggiai la macchina e insieme entrammo nel bar accanto all’ameria per prendere due caffè. Franco aveva dei baffi finti e mentre stava bevendo il caffè gli caddero dentro la tazzina. Un paio di risate spezzarono la tensione”.
Francesco Bianco resta in auto e così per sapere che cosa succede nell’armeria dobbiamo fare ricorso, ancora una volta, al racconto di Nicola Rao: “Alle 16.10 del 6 marzo il solito gruppo di fuoco, partito dal Fungo, si presenta davanti all’armeria Centofanti, in via Ramazzini, a Monteverde Nuovo, a poche centinaia di metri dalle abitazioni dei Fioravanti e di Alibrandi. Con loro Franco Anselmi e Francesco Bianco, che anche stavolta guida l’auto. Entrano in due: Anselmi e Valerio, mentre Cristiano e Alibrandi restano di copertura. Nel negozio ci sono i fratelli Danilo e Domenico Centofanti, che vengono portati nel bagno, ma senza chiuderli a chiave. Mentre i due Nar riempiono un sacco di pistole, arriva un amico dei proprietari, un maresciallo dei carabinieri in pensione, che viene bloccato da Alibrandi e portato dai due nel bagno. Valerio (che si porta via in una borsa undici pistole e due canne per pistola) è appena uscito dal negozio e sta entrando nella macchina guidata da Bianco insieme a Cristiano, quando sente dei colpi di pistola. E qui le versioni dei protagonisti divergono. Per i Nar, Anselmi si sarebbe trattenuto un attimo di troppo, per un atto di estrema cortesia verso i Centofanti, lasciando loro dei preziosi personali. E questi, per tutta risposta, gli avrebbero sparato alle spalle. Per i due armieri, invece, le cose sarebbero andate così: sentito che i rapinatori stavano andando via, Danilo Centofanti sarebbe uscito dal bagno e sarebbe stato oggetto di un colpo di pistola. Solo a quel punto avrebbe reagito, sparando a sua volta. Fatto sta che Alibrandi viene ferito alla spalla e Franco Anselmi viene colpito a morte alla schiena, franando proprio all’ingresso dell’armeria”.
Anche per i momenti convulsi e disperati che seguono la morte di Anselmi le versioni dei protagonisti divergono.
“I fratelli Fioravanti – scrive Rao – sono appena ripartiti con la macchina guidata da Bianco, sentono gli spari e gli chiedono di fare subito marcia indietro. Ridiscendono dall’auto e sparano all’impazzata contro i proprietari, ma ormai si rendono conto che per Anselmi non c’è più niente da fare. Così risalgonono sull’auto, che parte sgommando. A distanza di tanti anni la memoria degli eventi può essersi sedimentata in modo diverso a seconda dei protagonisti. Valerio e Cristiano sono sempre stati convinti che Bianco abbia messo in moto l’auto e sia ripartito, pur avendo sentito gli spari contro Anselmi e Alibrandi, tanto che Valerio ha raccontato in diverse occasioni di avergli puntato l’arma alla testa per convincerlo a tornare indietro. Ma Bianco ricorda diversamente”.
“Non potevo sapere – mi dice Francesco Bianco – quello che era accaduto dentro: avevo sentito dei colpi ma non sapevo neanche chi li avesse sparati. Io stavo fermo una decina di metri dopo l’armeria quando li vidi scappare verso di me e salire mentre Cristiano mi diceva che Franco era morto. Sparano a Franco, lui giace per terra e tu scappi alla macchina e poi te la prendi con me, che invece decido di mettere la retromarcia, salire con la macchina fino ad arrivare con lo sportello posteriore all’altezza della porta del negozio pensando che potevano tirarlo dentro. Invece niente, mi hanno ridetto, vai vai è morto”.
E alla fine lo stesso Valerio ammette, con un raffinato ragionamento alla Rashomon, la sostanziale verità della testimonianza di Bianco: “Salgo in macchina, Cristiano sale in macchina, tu metti in moto e sgommi. Può anche essere che tu non ti sia accorto che ne manca uno. Noi siamo nervosi e ti diciamo: «Brutto stronzo, torna indietro». E tu, ripeto, non avevi capito quel che stava accadendo. Probabilmente un ricordo non esclude l’altro e non lo contraddice. Su queste cose ho capito da vent’anni che non ha senso litigare, perché ho la prova provata di gente che, in perfetta buona fede, ha della stessa cosa ricordi molto diversi. Perché la percepisce diversamente, dando priorità diverse a fatti e sfumature. E poi, dopo pochi anni, i ricordi si annebbiano. Una volta Mario Rossi mi disse, riferendosi a un tizio che lo aveva accusato di aver fatto una rapina: «Ma guarda quest’infame che dice che ho fatto quella rapina». E io: «A Mario, guarda che tu quella rapina l’hai fatta sul serio. C’ero anch’io». Ma lui davvero non se ne ricordava… Ecco perché quando mi sono letto i quattro racconti diversi della rapina in cui è morto Franco, ho capito che non c’era una verità e tre falsità, ma, a loro modo, erano tutte e quattro delle verità. Soggettive, ma verità. Così cominci a leggerti i libri di psicologia cognitiva e ti rendi conto che ognuno di noi percepisce la stessa identica cosa in maniera differente”. Un’idea su cui sto lavorando da qualche tempo …
“Un’ultima cosa da aggiungere – replica Francesco Bianco – Non ho mai voluto difendermi da queste accuse perché chi me le aveva fatte non valeva una lira e si è visto pure dalle scelte future che abbiamo fatto. Lui dopo arrestato si divertiva a parlare con i giudici con le sue ricostruzioni storiche il fratello cantava che era una bellezza e noi tutti allineati e coperti nelle galere di mezza Italia. Io non mi sono mai tirato indietro e ho sempre affrontato tutto con grande coraggio. Io mi sono fatto sparare per difendere l’onore dei camerati morti mentre altri facevano e fanno comunella con chi i camerati li sfrutta e usa per piccoli e meschini interessi di bottega. E con Nessuno resti indietro i camerati in difficoltà li aiutiamo veramente tutti i mesi e non a chiacchiere come quelle di chi fa politica e ti fa morire di fame”.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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