28 aprile 1977: le Br uccidono a Torino l’avvocato Fulvio Croce
A Torino, il 28 aprile 1977, piove a dirotto. Gocce sottili e cielo grigio d’inquinamento e nubi, in un giovedì tranquillo. Alle tre del pomeriggio torna al suo studio l’avvocato Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino. Settantasei anni, civilista. L’auto si ferma proprio davanti al portone e l’avvocato cammina lentamente, il cappello in testa e sigaro in bocca, accompagnato dalle sue due segretarie fin dentro l’androne del bel palazzo d’epoca di via Perrone, a due passi dai portici di via Cernaia. Una giovane blocca le due segretarie, forse per chiedere un’informazione. «Avvocato», grida un ragazzo alle sue spalle. Lui però non si volta, forse non lo ha sentito e sta per prendere le scale che portano al primo piano. Il ragazzo ci riprova: «Avvocato!». E l’avvocato Croce questa volta fa per girarsi. È ancora di spalle quando la Nagant M1895 di fabbricazione russa gli scarica addosso cinque colpi: tre al torace, poi due alla testa.
La notizia dell’omicidio del presidente si sparge subito nel foro di Torino e a nessuno sfugge il movente: di lì a cinque giorni, Croce avrebbe dovuto difendere in aula gli imputati del maxiprocesso ai “capi storici” delle Brigate Rosse. La rivendicazione dell’omicidio arriva il 3 maggio, per bocca del brigatista Maurizio Ferrari, il compagno «Mao» incaricato di leggere i proclami delle Br da dentro la gabbia nell’aula di Corte d’Assise. Non fa in tempo a finire la frase, che il foglio gli viene strappato di mano e sequestrato dalla polizia penitenziaria. LEGGI TUTTO SU il Dubbio
PS: Manca, in questo bel pezzo del Dubbio, pubblicato per il 40ennale, tutto il dibattito scatenato sulla “viltà degli italiani” che rifiutavano l’incarico di giurato e che vide Leonardo Sciascia rispondere colpo su colpo al linciaggio organizzato dal Pci e dalla stampa collusa…
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