28 marzo 1972: migliaia di compagni ai funerali di Giangiacomo Feltrinelli

Il 15 marzo del 1972 il Corriere della Sera pubblica una foto sfocata in prima pagina,  un traliccio dell’Enel, alla periferia di Milano, con sotto il “cadavere di uno sconosciuto” che voleva far saltare il traliccio provocando un blackout in città. E’ il commissario Luigi Calabresi a comunicare che il morto sotto il traliccio è il famoso editore Giangiacomo Feltrinelli, di 46 anni, miliardario e comunista: l’editore era da alcuni mesi “entrato in clandestinità” ed era morto mentre preparava un sabotaggio. Molti non credettero a questa versione.

I deliri complottisti

Dissero che Feltrinelli era stato assassinato, portato sul traliccio drogato, ucciso dalla Cia. Gli unici che da subito gli riconobbero gli onori che gli spettavano: i compagni di Potere Operaio contro tutti i complottismi salutarono il rivoluzionario caduto in azione. Le cose erano andate proprio così. Feltrinelli era salito sul traliccio dell’Enel per collocarvi una carica esplosiva e far mancare l’energia elettrica a Milano, ma era rimasto vittima di un incidente sul lavoro. Se però l’azione fosse andata in porto, una radio clandestina (“Radio Gap”) avrebbe diffuso la notizia e le motivazioni: una protesta contro il congresso del Pci in corso a Milano, della sua linea morbida e della sua indifferenza contro i preparativi di un colpo di Stato fascista in Italia.


Feltrinelli era nato da una famiglia immensamente ricca, e da adolescente aveva fatto in tempo a vivere un pezzo della resistenza contro il fascismo. Era stato un ragazzo pieno di ideali; con i soldi di famiglia aveva fondato una casa editrice che stampava libri progressisti e aveva messo le basi per costruire una catena di librerie popolari in tutta Italia. Era un generoso finanziatore del partito comunista italiano ma poi si radicalizzò, nel corso degli anni Sessanta, sull’onda dell’entusiasmo per la rivoluzione cubana e il dilagare delle lotte antiimperialiste in tutto il mondo.

La sua scelta partigiana

Era stato in Bolivia, dove il famoso Che Guevara aveva cercato di fomentare una rivoluzione. Quando questi era stato ucciso dalla Cia, aveva raccolto a Cuba i suoi scritti e li aveva pubblicati in tutto il mondo. In Italia, era stato molto colpito dalle bombe fatte scoppiare a Milano nel dicembre del 1969. Come tanti altri, pensava che l’attentato contro i clienti di una banca nel centro della città fosse stato organizzato da fascisti appoggiati dalla polizia e accollato da questa immediatamente agli anarchici.

Uno di loro, un mite ferroviere, era stato arrestato, portato in Questura e dopo tre giorni fatto trovare morto, ufficialmente suicida. Questo, per Feltrinelli, era la prova di quello che si stava preparando in Italia, per contrastare le lotte di studenti e operai: un colpo di Stato, ovvero l’esercito nelle strade, la galera o l’assassinio per gli oppositori, la dittatura, la rivincita di un fascismo che non era mai morto.Pensò che bisognasse essere preparati a fronteggiare il colpo di Stato, organizzare una resistenza armata. Contattò vecchi partigiani, giovani del nuovo movimento, persino banditi che operavano in Sardegna. E in quell’azione dimostrativa sul traliccio, perse la vita.
Quindici giorni dopo migliaia di compagni si riunirono al Cimitero Monumentale con bandiere rosse e pugni chiusi per l’ultimo saluto al “compagno Osvaldo”

Alle 15,40 – racconta la Stampa – il feretro viene preso a spalla da sei dipendenti della casa editrice Feltrinelli e portato all’interno del cimitero, nel reparto 2 spazio 177 dove s’erge l’edicola funeraria. Gli agenti devono fare due cordoni per lasciar passare il corteo. Davanti alla cappella c’è già una gran folla in attesa, migliaia e migliaia di giovani che cantano inni rivoluzionari, l’« Internazionale », « Bandiera rossa ». Si scandiscono slogans: «Borghesia assassina». « Feltrinelli sarai vendicato». «Feltrinelli è stato assassinato».

Mentre il feretro viene calato nella cripta sotterranea della cappella (dove già sono sepolti il padre dell’editore, Carlo, morto suicida nel ’35, e la nonna Maria De Prez. morta nel ’37) parlano Maria Antonietta Maciocchi, ex deputato del pci, l’editore Wagenbach a nome anche di altri editori stranieri, Debray, Capanna e Scalzone. Viene esaltato sia l’uomo rivoluzionario, sia l’uomo di cultura che «ha reso possibile una presa di contatto con la realtà». Scalzone grida: «Non accettiamo Feltrinelli come vittima, lo salutiamo come combattente comunista rivoluzionario». Alle 16,50 la cerimonia ha termine, Sibilla Melega esce dalla cripta, tutti si avviano verso l’uscita del cimitero e, fuori, la folla si disperde senza esitazioni. 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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