Gabriele Adinolfi racconta il mio primo scoop

gabriele adinolfi

Il mio primo scoop raccontato dall’altra parte. Gabriele Adinolfi ricostruisce la provocazione ai danni di Walter Spedicato, smontata grazie all’intervista pubblicata dal “Giornale di Napoli” (Qui la mia ricostruzione dei fatti: 123)

L’autobomba alla questura di Milano

Alla vigilia di ferragosto del 1988, ovvero trentacinque anni fa, veniva sventato un attentato davanti alla Questura di Milano, che, a quanto mi raccontarono poi dei camerati interrogati, gli stessi inquirenti avrebbero definito auto bomba.

Erano ormai cinque anni che la lotta armata da destra non dava segni di vita ed era stato deciso di spostare parte dell’Antiterrorismo che si occupava di noi alla lotta alla Mafia. Cosa molto più impegnativa e pericolosa e che offriva meno occasioni di trasferte gratuite in città fantastiche, magari con avvistamenti di ricercati al Crazy Horse o alle Folies Bergère.

Disinnescata la bomba, iniziarono gli immancabili comunicati di rivendicazione.

Le rivendicazioni con il nostro linguaggio

Mi resi subito conto che puntavano contro di noi perché la scelta delle parole e perfino la sintassi rimandavano a Terza Posizione o a Lotta di Popolo.

Ne eravamo abbastanza abituati. Io ero stato il bersaglio di due depistaggi per incriminarmi per la strage di Bologna da parte di quei servizi segreti che il carrozzone mediatico a copertura degli assurdi processi, continua a definire come nostri amici e complici. Tanto amici e tanto complici che provarono a incolpare decine di nostri con elementi inventati e anche lasciando qua e là armi ed esplosivi.

Essendo stato io l’oggetto di due di questi tentativi criminali ed essendo stati condannati i vertici dei servizi proprio per quello che avevano montato contro di me, Roberto Fiore e il defunto Giorgio Vale, era improbabile che puntassero nuovamente sul sottoscritto. Forse m’illudevo perché quattro anni dopo ci riproveranno, e saranno smascherati, per la terza volta.

A Londra c’erano i nostri rifugiati. Non potevano accusarli di essere stati a Milano perché potevano documentare senza difficoltà la presenza in Inghilterra.

L’obiettivo è Walter Spedicato

Restava qualche uccel di bosco non ancora catturato dei NAR, ma i messaggi dei depistatori non erano del loro stile. Rimanevamo poi Walter Spedicato ed io.

La scelta di un linguaggio compatibile con TP e con Lotta di Popolo sembrava proprio puntare su Walter che era militante storico di entrambe.

Con una scelta controversa, Walter ed io avevamo deciso di spostarci sovente per non abbassare troppo la guardia. Meglio affrontare più frontiere che restare troppo a lungo in un luogo dove potevamo restare in trappola. Tuttavia egli aveva messo su famiglia a Parigi da circa tre anni e si muoveva meno di me. In quell’agosto ero a Londra. A Londra viveva anche Marcello De Angelis e Ugo Maria Tassinari aveva il suo numero di telefono. Il rapporto con Ugo, che era un ex quadro dell’autonomia operaia meridionale, era iniziato un anno prima. L’occasione un incontro nella casa parigina di Oreste Scalzone, a rue Montmorency. Ma questa è un’altra storia che merita di essere raccontata in altra sede.

Un giro vorticoso di telefonate

Ugo che era redattore di un quotidiano napoletano ci diede in anteprima la notizia dell’ attribuzione a Walter dell’identikit dell’attentato. Telefonò a Marcello e fortuna volle che si trovasse in casa. Gli disse che se avesse potuto intervistare celerissimamente Walter per telefono avrebbe dato un colpo duro alla montatura. Restammo favorevolmente colpiti (ma niente affatto stupiti) per quella solidarietà. Non sarebbe stata a senso unico. Avremmo avuto modo, una quindicina d’anni dopo, di fare qualcosina di più modesto, ma anche questa è un’altra storia.

Riuscii a parlare con Walter in brevissimo tempo e dovetti insistere parecchio e pure con una certa veemenza perché accettasse di farsi intervistare perché, se da un lato questo l’avrebbe scagionato dall’accusa infamante, dall’altro avrebbe praticamente ufficializzato la sua presenza a Parigi.

Decisiva fu la preoccupazione “cosa dirà mia madre?”

Decise quindi di dimostrare che non aveva proprio niente a che fare con lo stragismo.

La vera bomba fu l’intervista

L’intervista, quella sì, fu una bomba. Questa però esplose.

I depistatori dovettero ripiegare con la coda tra le zampe e, magari, trasferirsi a Corleone.

Storie di altri tempi in cui si ritrovano il coraggio, l’amore, l’entusiasmo e la mancanza di orizzonti di chi, da latitante, viveva ogni giorno con l’intensità di quello che avrebbe potuto essere l’ultimo di libertà, il che aiuta ad essere combattivi ed onesti. Si ritrova anche la meschinità dei calcolatori cinici che hanno il potere d’inquinare e di rovinare reputazioni e vite. E vi distacca l’onestà, il coraggio e la solidarietà del “nemico rosso”.

Col quale condividevamo comunque una condizione di sognatori, di combattenti contro i mulini a vento e di avversari delle ingiustizie di chi esercitava il potere.

La vita, autentica, non è mai prigioniera degli schemi.
Ma cosa volete capire voi oggi?

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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