27 aprile 1976: neofascisti milanesi feriscono a morte Gaetano Amoroso
Gaetano Amoroso, insieme ad altri compagni del Comitato rivoluzionario antifascista di porta Venezia, fu aggredito e accoltellato la sera del 27 aprile 1976, in via Uberti, da un gruppo di fascisti (Cavallini, Folli, Cagnani, Pietropaolo, Terenghi, Croce, Frascini, Forcati) tutti provenienti alla sede del Msi di via Guerrini. Muore il 30 aprile.
Gaetano Amoroso aveva 21 anni, lavorava all’Acfa come disegnatore di fibbie e, studente-lavoratore, di sera frequentava l’ultimo anno del corso serale presso la Scuola artistica del Castello che oggi porta il suo nome.
Era entrato giovanissimo a far parte della Lega degli artisti del Vento Rosso, organismo culturale del Partito comunista marxista leninista (già Unione dei Comunisti), nella quale aveva trovato il modo di esprimere le sue esigenze politiche e artistiche, dipingendo murales.
La presenza fascista all’interno del quartiere in cui viveva e una forte spinta antifascista dopo l’uccisione di Claudio Varalli e Giannino Zibecchi lo spinsero a creare e organizzare, insieme ad altri compagni, il Comitato antifascista di porta Venezia.
La rappresaglia dei compagni
L’agguato mortale innescherà una spirale di violenze. Prima ancora che si spenga la sua vita, la mattina del 29 aprile, un commando di militanti armati dell’area dei Comitati comunisti per il potere operaio (Senza tregua) decide e attua la rappresaglia. E’ freddato a colpi di pistola il consigliere provinciale dell’MSI Enrico Pedenovi, che era tra gli attivisti neofascisti schedati nel volume pubblicato da Lotta continua “Pagherete caro, pagherete tutto”.
La delazione di Muggiani
La polizia per evitare un effetto a catena arresta immediatamente gli assassini di Gaetano, grazie a una soffiata di Giorgio Muggiani, esponente dei Comitati tricolore. Saranno tutti condannati. In gioventù Muggiani aveva partecipato al “furto” della salma del Duce, insieme al più noto Domenico Leccisi. Per punire il delatore, cinque anni dopo Gilberto Cavallini organizzerà un commando dei Nar composto da lui, Alessandro Alibrandi e Walter Sordi. I tre sono però intercettati da un’auto civetta. Nel confitto a fuoco restano uccisi due sottufficiali della Digos.
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