Genova 30 giugno 1960. Montaldi: nasce l’unità operai-giovani. E l’Anpi frena la rivolta

Per ricostruire i fatti di Genova, l’insurrezione popolare che impedisce il congresso nazionale del Msi nel luglio ’60, facciamo ricorso a Danilo Montaldi, una figura di punta del comunismo critico dagli anni 50 al decennio rosso. Il testo lo riprendiamo da “L’orda d’oro” di Primo Moroni e Nanni Balestrini ma il testo fu pubblicato in “Quaderni di unità proletaria” n. 1, 1960 e poi ripubblicato in “Socialisme ou Barbarie”, vol. 6, n. 31, 1960-61, con il titolo “Il significato dei fatti di luglio”

Dieci lavoratori uccisi in manifestazioni di strada; il rinvio del congresso dell’M.S.I.; l’esplodere di manifestazioni in più città; la caduta del governo Tambroni sorretto dai voti fascisti e la sua sostituzione con il governo Fanfani, “leader” della sinistra democristiana: questo il bilancio apparente delle giornate di giugnoluglio in Italia… Vittoria dell’antifascismo? Sarebbe falso fermarsi a questi dati, perché sotto questo bilancio occorre trarre un insegnamento più profondo di quello ricavato dai partiti di sinistra.

Una forza del tutto nuova

Una forza del tutto nuova ha fatto la sua comparsa in queste giornate: l’elemento che ha fatto saltare sia i progetti della borghesia che dei partiti di sinistra è stata la massa giovanile operaia e studentesca. E’ ormai verso questo settore che si sta orientando lo sforzo della propaganda e la formazione di gruppi che si sono staccati dalle organizzazioni politiche tradizionali per applicare e diffondere una concezione realmente socialista della lotta politica.

E’ a partire dall’autorizzazione data per lo svolgimento del congresso missino a Genova che si origina il movimento di luglio. L’autorizzazione data ai fascisti, per un verso, non era che un ringraziamento del governo per l’appoggio esterno dell’M.S.I. a Tambroni, ma non solo. Dall’altro, per il governo, si trattava di effettuare un tentativo in cui la popolazione genovese doveva fungere da soggetto.

Un esperimento per il governo

Genova è una delle città più rosse del paese. Città che fu letteralmente occupata da ex partigiani e operai armati in 48 ore nei giorni dell’attentato a Togliatti (25 luglio 1948), Genova è un porto in cui le lotte hanno spesso scavalcato le indicazioni delle direzioni sindacali. Genova dunque, è un importante campione il cui risultato è possibile riferire alle masse di tutto il paese. L’intenzione della maggioranza di governo era dunque quella, autorizzando il congresso fascista nella città, di misurare la temperatura del paese, e di dimostrare la possibilità di un’apertura all’estrema destra fascista, senza timori dal punto di vista della reazione.

Questa “esperienza” è stata tentata da un governo che intendeva continuare la politica di razionalizzazione della produzione e di rafforzamento dello stato inaugurata nel 1953.

Prendendo misure per accrescere i consumi – diminuzione del prezzo della benzina, aumento della vendita a credito – incoraggiando nuovi metodi di sfruttamento del capitale, favorendo al tempo stesso la clericalizzazione della vita pubblica e il controllo sui lavoratori per mezzo di ogni sorta di organismi privati, politici o pubblici, il governo Tambroni si presentava come un governo di “tregua sociale” e di tecnici, non facendo che sviluppare in maniera più decisa e orientata la politica dei governi precedenti. Tuttavia né i frigoriferi né il controllo esercitato attraverso le parrocchie sono stati capaci di bloccare la lotta di classe.

Una fase di lotte locali

Dal 1953 al 1958 si sono verificati scioperi che le centrali sindacali si sono ben guardate dal coordinare e unificare.

Dopo il 1958, se la tensione sociale sembrava essere diminuita, movimenti sporadici, imprevisti e violenti, scoppiavano un po’ qua un po’ là: gli operai del Nord, i meglio pagati, in più casi occupavano fabbriche mentre i contadini del Sud manifestavano e si battevano contro le forze della polizia, occupavano i municipi, ricevevano a colpi di pietra i deputati venuti per calmarli. Dunque è in un periodo caratterizzato dall’assenza di grandi movimenti sociali, ma in cui hanno avuto luogo dure lotte locali, che si sono inseriti i fatti di Genova.

25 giugno: una vera unità

Il 25 giugno, studenti, impiegati, giovani, organizzano un meeting di protesta contro la convocazione del congresso fascista, fissato per il 2 luglio. Il concentramento ha luogo in una piazza centro di ritrovo e punto di riferimento consueto per portuali e marittimi. Le sirene della “celere” allarmano i portuali e gli operai delle fabbriche vicine, che accorrono armati di ganci, di sbarre di ferro per difendere gli studenti.

E’ a partire di qui che si organizza, al di fuori dei partiti e dei sindacati, una vera unità tra operai e studenti per “fare qualcosa di pratico, di efficace”. In effetti le organizzazioni di sinistra, che danno un carattere strettamente legale alla campagna contro il congresso, si limitano a riprendere slogan antifascisti e a votare mozioni in cui si chiede al governo di impedire lo svolgimento del congresso. Gli elementi più giovani individuano subito le carenze delle organizzazioni.

26-28 giugno: i preparativi

Il 26 giugno una delegazione di giovani e di due piccole organizzazioni d’opposizione si mettono in contatto con uomini ormai lontani da anni dalla politica attiva, ma che durante la Resistenza avevano avuto un ruolo importante e che negli anni successivi si erano opposti alla linea della sinistra. Inoltre gli studenti si rivolgono agli operai in prima persona, ignorando del tutto la struttura sindacale ufficiale.

Il 28 giugno, comunque, i partiti di sinistra, che hanno avuto tutto il tempo per consultarsi, annunciano uno sciopero a Genova e a Savona per il 30 giugno. Si prepara lo sciopero, mentre a Genova convergono 15 mila uomini dell’ordine.

30 giugno: sciopero generale

Le organizzazioni di sinistra tengono un meeting a cui partecipano 30 mila persone e in cui un deputato socialista, lasciatosi prendere la mano dalle parole, promette di abbandonare la sua immunità parlamentare e di “scendere in piazza come tutti” [Sandro Pertini, ndb]. La sinistra ufficiale è decisa, comunque, a far sì che il 30 giugno sia un giorno calmo senza “provocazioni”.

I più violenti sono i giovani

I “provocatori” nello stesso tempo si riuniscono: si tratta di gruppi di studenti, di ex partigiani, di comunisti dissidenti, di anarco-sindacalisti.

L’elemento nuovo non è costituito dal fatto che si tenga una riunione comune, quanto dal fatto che giovani e lavoratori sono coinvolti in un’azione comune. Lo sciopero generale dà luogo a scontri estremamente violenti tra forze dell’ordine e manifestanti che si battono con pietre con bulloni, con sbarre di ferro. Tra i manifestanti, i più decisi e i più violenti sono i giovani. I dirigenti politici e sindacali si sforzano di riportare la calma. Il presidente dell’Anpi interviene personalmente perché sia ristabilita la calma. I manifestanti si ritirano: tutti lamentano la mancanza di armi e reclamano l’intervento degli ex partigiani. [1. continua]

La cronaca della Stampa

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

2 Comments on “Genova 30 giugno 1960. Montaldi: nasce l’unità operai-giovani. E l’Anpi frena la rivolta

  1. Un fenomeno correlato e curioso che diede riconoscibilità alle manifestazioni giovanili fu quello di indossare la maglietta a righe, forse la prima “divisa” identitaria di lotta dei giovani genovesi

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