16 marzo 1978, sequestro Moro: 39 domande e obiezioni per Gero Grassi
Pino Casamassima, amico e collega grande esperto degli anni Settanta, ha diffuso questa nota in cui rilancia una lunga serie di obiezioni e di domande al non più onorevole Gero Grassi per confutare tutte le fandonie da lui propalate riguardo al caso Moro. La pubblichiamo volentieri.
QUESTO QUI, a ogni anniversario del caso Moro fa sentire la sua voce stonata sia sotto il profilo morale che storico. Sig. GERO GRASSI (per fortuna fuori dal parlamento dalle ultime politiche) non risponde a QUESTE DOMANDE? Gliele ho rivolte anni fa. Ricorda? Le mandai anche a Fioroni, presidente di quella – inutile – commissione nella missiva in cui rifiutavo l’audizione ritenendola appunto utile solo ai suoi membri. Gliele rinfresco di seguito, augurandomi che qualche suo amico/parente/sodale/collega/compagno di merende gliele riporti nel caso dovessero sfuggirle: mai credendo che lei non risponda perché attraversato da spirito codino…
1. «Ho letto e studiato i 2 milioni di pagine del caso Moro: processi e commissioni». Il numero delle pagine è ben maggiore di 2 milioni. Comunque, assegnando almeno 2’ a ogni pagina, verrebbero fuori 4 milioni di minuti, cioè 66666 ore. Che lavoro!
2. Carlo Bo non è mai stato rettore di Siena, ma di Urbino.
3. Kissinger non ha mai detto “testualmente” né nel ’74, né mai – come sostiene Grassi – «Il mio è un avvertimento ufficiale» a smettere la politica di apertura al Pci altrimenti l’avrebbe pagata «a caro prezzo». L’informazione arriva de relato da Eleonora Moro e da Giovanni Galloni e quel passaggio – «Il mio è un avvertimento ufficiale» – non c’è.
4. Grassi si attribuisce il merito di aver verificato presso l’aeronautica militare di Bologna le condizioni del tempo del 2 aprile 1978 della famosa seduta spiritica, scoprendo che non era vero che piovesse: ma questa “scoperta” era già stata resa pubblica dal giornalista Antonio Selvatici. 5. Moro non viene fatto scendere dall’Italicus da agenti dei servizi segreti ma da due funzionari del ministero degli Esteri da lui retto in quel momento.6. Non è vero che «la polvere pirica usata per piazza Fontana è la stessa di piazza Loggia e Italicus»! (a disposizione – a detta di Grassi – di Gladio)
7. È pretestuoso usare una delle tante scritte sui muri del ’77 (contro Publio Fiori, gambizzato) per annunciare l’uccisione di Moro. Si sa che non c’era “papavero” democristiano che non fosse minacciato sui muri (Kossiga docet).
8. Non è vero che Gallinari (che nel suo guazzabugliesco pamphlet che Grassi spaccia per suo libro mentre si tratta di stralci di audizioni riportate alla rinfusa scambia per Maccari) fu fatto evadere dai servizi e da Hyperion!
9. La faccenda di Antonino Arconte (il gladiatore agente G. 71) e del documento consegnato a Beirut, firmato 2 marzo 1978, in cui si chiedeva la mobilitazione per la liberazione dell’ancora non sequestrato Moro, è stata ampiamente chiarita e sbugiardata. Ma Grassi ne fa uno dei suoi punti cardini nella “requisitoria” che porta in giro per l’Italia.
10. Non è vero che il percorso di Moro da via del Forte Trionfale 79 cambiasse sempre, anzi, era sempre lo stesso, con una sola variante in caso di intasamento del traffico! Lo dice il responsabile delle scorte del ministero dell’Interno Guido Zecca, le cui parole Grassi capovolge. (Basta leggere le deposizioni di Zecca e degli abitanti di via Fani).
11. Le BR tagliano le gomme del fioraio Spiriticchio perché non intralci l’agguanto l’indomani proprio perché sanno che Moro passerà da via Fani perché è quel che risulta dall’inchiesta fatta dalle BR dopo che Bonisoli aveva visto un giorno scendere da lì Moro e la sua scorta. Grassi utilizza pretestuosamente questa conoscenza del «percorso di quella mattina» affermano che le BR erano state avvertite da “qualcuno” (delle istituzioni).
12. Giuliano Conforto non era «il capo del Kgb in Italia», ma un agente.
13. Affermare che l’Austin Morris (una macchinetta) fosse stata messa dai sevizi lì, in via Fani, per impedire alla 130 di Moro di trovare una via di fuga sulla destra nell’agguato significa avere doti di “preveggenza”: sapere cioè che lì, proprio lì, si sarebbe fermata la 130 – con tutte le variabili che un’azione avrebbe potuto comportare. Che idioti poi questi servizi a usare una macchinetta come quella e non una ben più ingombrante Volvo SW! Idiota anche usare una macchina “di servizio”. Ne sarebbe stata rubata una apposta per quella azione.
14. Il tamponamento della Fiat 128 di Moretti c’è stato. I fendinebbia posticci, in caso di tamponamento, non si rompevano come sostiene l’ignorante (automobilistico) Grassi, ma si piegavano, proprio perché posticci (accadde a me proprio con una Fiat 127 tamponata da un’Alfa: i miei fendinebbia postici si piegarono).
15. Non c’era bisogno di un super killer – come sostiene Grassi – perché la distanza fra i BR e le macchine era di centimetri, non di metri, e chiunque non avrebbe sbagliato da quella distanza. Ecco anche perché riuscirono a evitare di colpire Moro!
16. Il motorino di Alessandro Marini non «viene sparato» (come dice testualmente Grassi nel suo idioma terlizziano), e il teste Marini è stato smentito su questo punto da una fotografia.
17. La lettera a La Stampa di Torino del “moribondo” motociclista Honda è stata ampiamente dimostrata come una bufala tratta da Piazza delle Cinque lune, film di Martinelli uscito nelle sale 6 anni prima!
18. Camillo Guglielmi, alla data del 16 marzo dell’agguato, non faceva parte del Sismi: ci sarebbe entrato solo nell’agosto successivo.
19. Non è vero che «Musumeci mandò Guglielmi in via Fani per proteggere le Br».
20. Non è vero che l’ambasciatore sapesse in anticipo che a rapire Moro fossero state le BR! Dice Grassi: «L’ambasciatore inglese in Italia scrisse un telegramma alle 9,10 per informare il premier britannico che le BR avevano rapito Moro, ma le BR rivendicarono l’attentato solo il giorno dopo». Una dichiarazione che sull’ignavo uditorio che ascolta il suo “verbo” ha un grande effetto. Uno dei punti di maggiore suggestione. Peccato che anche questo sia falso! Le BR rivendicarono il rapimento un’ora dopo l’agguato: esattamente alle 10,10 con una telefonata all’Ansa di Roma.
21. Non è vero che Gallinari abbia mai detto di aver ucciso Moro.
22. Dice Grassi: «Dopo l’agguato, Licio Gelli disse: “Il più è fatto”». Dove si trova questa dichiarazione del capo della P2?
23. Grassi gioca con la figura di Steve Pieczenik, riportando solo quello che lo stesso psichiatra americano avrebbe poi qualificato come «movie», cinema, fiction, al giudice Palamara nella sua rogatoria. L’affermazione «Abbiamo ucciso noi Moro, io, Cossiga e Andreotti» furono fatte da Pieczenik per lanciare un suo libro (e poi, appunto, smentite).
24. Noretta Moro non suggerisce di cercare via Gradoli a Roma a Cossiga ma a un funzionario del ministero dell’Interno.
25. In via Gradoli non c’è nessuna «scena raccapricciante» (sic!). La scopa non è messa in piedi per favorire il citofono della doccia contro una mattonella incrinata, ma è stesa sulla vasca da bagno, come risulta dalle fotografie scattate dalla polizia scientifica.
26. Non è vero che Toni Chicchiarelli fosse «il vice capo della banda della Magliana». É una affermazione molto suggestiva, ma falsa.
27. Non è vero che la segretaria di Mino Pecorelli fosse la moglie di Antonio Varisco – come dice Grassi – ma Franca Mangiavacca (che era anche la sua donna).
28. Non risulta da nessuna sentenza che «Massimo Carminati abbia ucciso Mino Pecorelli» (immagino che Carminati sporgerà querela).
29. Non è vero che sono stati «dimostrati i legami delle BR con mafia, camorra e ‘ndrangheta». Dove, come, quando “dimostrati”?
30. Non è vero che Sergej Sokolov fosse un agente del Kgb, ma uno studente russo, come dimostrato in più libri con un rigore che ne ha spiegato anche il patronimico.
31. Non è vero che le BR chiesero a Marco Barbone di uccidere Tobagi. (Qui Grassi dimostra tutta la sua ignoranza sulla storia delle BR).
32. Non è vero che Morucci abbia mai detto che «Sossi si “sbracò” davanti a noi», semplicemente perché entrerà nelle BR solo due anni dopo il rapimento Sossi.
33. Non è vero che la perizia necroscopica su Moro stabilisca la sua uccisione fra le 9 e le 10, ma la sua morte.
34. Grassi dice che Moro non fu ucciso nella R4 (ma chissà dove: non lo dice).
35. Grassi dice che Moro non è stato due mesi in un loculo come la sua prigione. (Dove, di grazia?)
36. La morte di Maccari non è affatto «misteriosa», ma dovuta a infarto in carcere.
37. Non è vero che Curcio abbia mai affermato che Moretti fosse un infiltrato.
38. Non è vero che Umberto Bonaventura fu ucciso: morì d’infarto. Qui Grassi si supera (quando si dice le cattive letture e i B movie): «mi dicono giudici seri che esiste un’erba, chiamata Latticitilatis purpurea (di cui pure il web si rifiuta di trovare traccia) che avvicinata al corpo di un uomo gli procura un infarto e non lascia traccia». (Notare il passaggio “giudici seri”, da non confondere coi poco seri).
39. Dulcis in fundo, Dalla Chiesta non è stato ucciso dalla mafia, ma, ovviamente, dai servizi, per impedirgli di usare – prima o poi – il vero memoriale Moro. Fonte: Totò Riina.
Per approfondire
Lo scandalo Etro
L’anatema di Maria Fida Moro
Un siparietto in Commissione Moro
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