Gilets jaunes: una rivolta della Francia profonda

Francesco Maselli, napoletano romanista, è il corrispondente da Parigi del Foglio. La sua newsletter Marat è strumento fondamentale per capire che cosa succede OltreAlpe. L’ultima è stata interamente dedicata alla rivolta dei gilets jaunes. Vi risparmio la prima parte, di minuziosa analisi dei provvedimenti fiscali che hanno dato fuoco alla prateria e arrivo al succo della sua analisi
Hugo, i disordini e le insurrezioni
Cosa vuol dire questa protesta nei confronti di Emmanuel Macron e della sua politica? Le analisi sono secondo me molto complicate, anche perché il movimento è spontaneo e se vogliamo estemporaneo: non ha un leader, non ha un’agenda né un programma.
Victor Hugo ha descritto in modo lucidissimo qual è la differenza tra disordini e insurrezione. Ecco un passo dei Miserabili, dove Hugo ragiona sulla rivolta repubblicana di Parigi del 1832:
“Di cosa si compongono i disordini? Di niente e di tutto. Di un’elettricità che si sprigiona poco a poco, di una fiamma che diventa gialla in poco tempo, di una forza che erra, di un soffio che passa presto. Questo soffio incontra delle teste che pensano, dei cervelli che sognano, delle anime che soffrono, delle passioni che bruciano, dei miseri che urlano, e li porta. Ma dove? Al caso. […]
I disordini sono una sorta di tromba dell’atmosfera sociale […] Se crediamo a certi oracoli della politica ipocrita, dal punto di vista del potere, un po’ di disordini sono desiderabili. Sistema: i disordini riaffermano i governi che non riescono a far cadere; mettono alla prova l’esercito; concentrano la borghesia; stirano i muscoli della polizia; constatano la forza dell’ossatura sociale. E’ una ginnastica, quasi dell’igiene. Il potere sta meglio dopo i disordini come l’uomo dopo delle flessioni”.
Ma Hugo mette in guardia il potere, perché i disordini potrebbero evolvere in qualcosa di diverso.
Le ragioni della rivolta dei gilets jaunes
In altre parole, la storia francese è piena di disordini, di rivolte che esplodono e si sgonfiano in poco tempo. Questa mobilitazione del 17 novembre potrebbe essere uno dei tanti casi del genere. Esistono tuttavia alcune tendenze di fondo, legate certamente alla politica di Emmanuel Macron ma anche preesistenti ad essa.Il grande scontento da parte degli automobilisti è ormai irrecuperabile. Non è la prima misura che incide sui proprietari di automobile: il governo aveva deciso, a partire dal primo luglio, di abbassare la velocità da 90 km/h a 80 km/h sulle strade statali. Una decisione criticatissima dalla cosiddetta Francia rurale, che ha vissuto la diminuzione del limite di velocità come un modo di aumentare il gettito delle multe, effettivamente aumentate.
“Ci sono le insurrezioni accettate che si chiamano rivoluzioni; ci sono le rivoluzioni rifiutate che si chiamano disordini. Un’insurrezione che scoppia, è un’idea che sostiene il suo esame davanti al popolo. Se il popolo lascia cadere la sua palla nera, l’idea rimane come frutta secca, l’insurrezione non è altro che un tafferuglio”.
La rabbia delle gente di campagna
Questa decisione è il precedente che fa pensare a chi abita in campagna, utilizza la macchina per muoversi e non beneficia dei vantaggi del trasporto pubblico dei grandi centri urbani, di essere visto come una sorta di pollo da spennare da parte del governo. E qui entra in gioco il grande bipolarismo che esiste in Francia, molto più evidente e profondo di quello tra ricchi e poveri o tra alto e basso (il divario tra la popolazione non è soltanto economico, ma anche culturale, di accesso alle opportunità della globalizzazione): il bipolarismo tra centro e periferia. Basta guardare il prossimo sondaggio per capire chi sostiene questa mobilitazione contro l’aumento del prezzo del carburante.
Un sondaggio che spiega i gilets jaunes


Lascia un commento