12 maggio 1977: chi uccise Giorgiana Masi? Il mistero e le balle di Izzo

Chi ha ucciso Giorgiana Masi il 12 maggio del 1977? Colpita alla schiena a 18 anni da un proiettile, all’incrocio tra Ponte Garibaldi e piazza Gioacchino Belli a Roma, Giorgiana Masi scappava verso Trastevere con il suo ragazzo, Gianfranco Papini, al termine di un pomeriggio di violenze a margine di una manifestazione del Partito Radicale in piazza Navona, vietata dalle autorità, per celebrare il terzo anniversario del referendum sul divorzio.
Un’immagine straziante
“Caduta di schianto in mezzo all’incrocio, a braccia avanti, la testa verso Trastevere, i piedi verso il ponte Garibaldi. Sulle prime pensarono fosse inciampata” racconta Concetto Vecchio che alla tragedia della giovane femminista ha dedicato un libro d’inchiesta per il quarantennale che si apre con quest’immagine straziante, che ci fa subito entrare nella storia. L’impatto narrativo è forte, con riferimenti a ‘La promessa’ di Durrenmatt e al ruolo del caso e a ‘La neve era sporca’ di Georges Simenon.
Giornalista alla redazione politica di Repubblica, autore di libri come ‘Vietato obbedire’ e ‘Ali di piombo’ e di webdocumentari storici, Vecchio torna sui luoghi, consulta carte sepolte, interroga decine di testimoni, ritrova le facce di allora tra cui quella del poliziotto Giovanni Santone, la cui foto con la borsa Tolfa e la pistola in pugno divenne l’immagine simbolo della tragedia e l’alibi di quanti si ostinavano a rimuovere la deriva lottarmatista di nutrite frange del Movimento del Settantasette.
L’agente in borghese
Alla domanda ‘perché eravate in borghese?’ Santone risponde a Vecchio che lo guarda con diffidenza: “Ma io non lavoravo con la divisa! Camilla Cederna scrisse un lungo articolo per denunciare che eravamo degli infiltrati tra i manifestanti, una fesseria colossale. Eravamo guardie di pubblica sicurezza e come tali non obbligati alla divisa”. Marco Pannella “predisse con ore di anticipo che ci sarebbe stato un morto” dice Vecchio e il leader radicale, intervistato dal giornalista nel 2015, conferma: “l’atmosfera era quella”.
La testimonianza di Pannella
Pannella parla anche dell’allora ministro degli Interni Francesco Cossiga con cui è stato protagonista di un interminabile duello: “Cossiga era estemporaneo. Uno che non valutava bene le conseguenze delle cose che faceva, che c’erano in giro i poliziotti in borghese a sparare lui nemmeno lo sapeva, e infatti inizialmente mentì in Parlamento” dice Pannella. Una tesi contraddetta dallo stesso presidente emerito, che in più occasioni ha esternato punti di vista assai spregiudicati sulla gestione dell’ordine pubblico contro dimostranti violenti.
Cosa sapeva veramente e quali erano state le disposizione del Viminale l’allora ministro degli Interni non lo sapremo mai: “portò con se i suoi segreti andandosene nell’agosto del 2010”. Quel giorno Cossiga aveva deciso di non concedere deroghe neanche ai nonviolenti radicali sul divieto assoluto di manifestazioni pubbliche, proclamato dopo l’uccisione all’università dell’agente Passamonti, il 21 aprile.
Il mistero dell’arma
Come resta un mistero il proiettile mai trovato, un calibro 22, da che arma è arrivato? Una Smith&Wesson, o piuttosto una carabina o un fucile non di ordinanza? Possibile che fra centinaia di persone nessuno abbia visto la mano del sicario? In questa falla aveva provato a infilarsi Angelo Izzo, il mostro del Circeo, il falso pentito abilissimo manipolatore. A sparare a Giorgiana Masi nel 1977 – racconta il pariolino al giudice Salvini nel 1994 – fu il suo complice Andrea Ghira, usando le armi in dotazione nel gruppo eversivo chiamato ‘Drago’ .
La bufala di Izzo
Per Angelo Izzo le armi trovate dalla polizia in Piazza Augusto Imperatore, tra cui una calibro 22 dalla quale fu sparato il colpo che uccise la Masi, erano le loro, e proprio la pistola era stata da lui rubata durante una rapina in casa dell’ ingegner Marzano, a Roma. Sulla morte di Giorgiana Masi Izzo ha anche precisato che tra il ’79 e l’ 80 lui e Guido ce l’ avevano con Ghira, latitante, perché ‘non faceva nulla contro le femministe o comunque chi manifestava in piazza, e l’ avvocato Giulio Gradilone, loro amico, rispose: ‘come non sta facendo nulla, e la storia di Giorgiana Masi, allora?’ Peccato che nel giugno 1976 Andrea Ghira si fosse arruolato nel Tercio, la legione straniera spagnola che lo inserisce tra le teste di cuoio.
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