2 dicembre 1977, Prima Linea gambizza Giorgio Coda psichiatra torturatore

Il 2 dicembre 1977 alle 18.30 un gruppo di fuoco di Prima Linea penetra nell’appartamento dove lo psichiatra Giorgio Coda fa visite private. Lo legano al termosifone e gli sparano alle gambe.
Coda è noto come “l’elettricista” per il suo uso improprio dell’elettroshock. È stato vicedirettore dell’ospedale psichiatrico di Collegno e direttore di villa Azzurra (struttura per bambini), a Grugliasco. Lo condannano, dopo una lunga vicenda processuale, per maltrattamenti, a cinque anni di detenzione, al pagamento delle spese processuali e all’interdizione dalla professione medica per cinque anni.
L’elettrochoc usato come tortura
Il trattamento medico consisteva nell’applicazione di scariche di elettroshock durature ai genitali e alla testa. La bassa intensità usata non faceva perdere coscienza al malato pur provocandogli lancinanti dolori.
Secondo Giorgio Coda avrebbero dovuto curare il paziente. Il trattamento era chiamato da Coda “elettroshock” o “elettromassaggio” a seconda che lo praticasse alla testa o ai genitali. Altre volte, la parola elettromassaggio era usata come sinonimo di elettroshock. Il trattamento era praticato quasi sempre senza anestesia e, a volte, senza pomata e gomma in bocca, facendo così saltare i denti al paziente. Giorgio Coda, durante il processo, ha ammesso di aver praticato circa 5000 elettromassaggi.
Coda praticava il trattamento anche su alcolisti, tossicodipendenti, omosessuali e masturbatori. Generava un fortissimo senso di paura, tale da far desistere i pazienti, perlomeno temporaneamente. Il processo e la sentenza hanno messo in luce il carattere coercitivo e punitivo degli elettromassaggi. Non erano strumenti di cura ma atroci strumenti di tortura e punizione usati anche su bambini. La vicenda è stata raccontata nel libro Portami su quello che canta del giornalista Alberto Papuzzi,
Alcune morti sospette durante l’elettroshock e alcuni suicidi verificatisi negli istituti hanno fatto nascere il sospetto che la paura della sofferenza dei trattamenti possa averli provocati (almeno in parte)
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