8.10.68 nei giorni della rabbia nascono i Weather Underground

I Weather Underground sono il primo gruppo “bianco” che pratica la lotta armata negli Stati Uniti. Nascono alla fine degli anni ’60 dalle ceneri della Students for a Democratic Society, la più importante sigla della new left americana. I Weathermen salgono alla ribalta delle cronache l’8 ottobre 1969. In quattrocento danno vita a un violentissimo riot nelle strade più lussuose di Chicago.

Gli scontri durano ben 48 ore, causando la devastazione di interi quartieri. Passeranno alla storia come “i giorni della rabbia”. Avrebbero dovuto partecipare decine di migliaia di persone, almeno nelle previsioni dei Weathermen. Facevano affidamento sul consenso che le loro tesi radicali sembravano aver riscosso alla Convention nazionale della Sds, tenutasi in giugno a Chicago.

In quell’occasione, Bernardine Dorhn, Bill Ayers, Naomi Jaffe, Mark Rudd e John Jacobs indirizzarono a tutti i delegati un appello dalle colonne di New Left Notes, la newsletter dell’Sds, “You don’t need a Weatherman to know which way the wind blows” [“Non hai bisogno di un meteorologo per sapere dove soffia il vento”, era un verso della celebre canzone di Bob Dylan Homesick subterranean blues.

Lo strappo sull’uso della forza

I Weathermen sottolineavano il nesso causale tra la ricchezza americana e la povertà del Sud del mondo. Esaltavano le lotte di liberazione che proliferavano per il pianeta. Rimarcavano che sostegno alla resistenza vietnamita e liberazione dei ghetti neri americani dovessero andare di pari passo. Si reclamava, infine, la costruzione di un programma rivoluzionario – alla stregua di quello delle Pantere Nere – che ponesse esplicitamente l’obiettivo della presa del potere.
Tutto ciò, implicava anche un ripensamento dell’azione di piazza, all’insegna della rimozione del tabù dell’uso della forza e dell’adozione di condotte offensive. I Weathermen decisero di metterle in atto nelle giornate di mobilitazione nazionale indette dalla Convention per ottobre e ribattezzate da Bernardine Dorhn “Days of rage”, “giorni della rabbia”. D’ora in poi, ci si sarebbe battuti per “portare la pace in Vietnam e la guerra in casa”.

La condanna delle Pantere nere

La determinazione dei Weathermen finì per intimidire i più, che alla fine disertarono l’appuntamento, lasciando che a fronteggiare la polizia si ritrovassero soltanto Bernardine Dohrn e compagni. Otto militanti furono feriti dalle pallottole della polizia e 287 furono arrestati. Paradossalmente, la condanna più dura dell’“avventurismo” dei Weathermen arrivò proprio dalle Black Panthers. Per bocca di Fred Hampton, definirono “custerista” la tattica dei Weathermen e “piccolo borghese” la loro visione della lotta politica.

Nonostante ciò, i Weathermen ci riprovarono dopo qualche mese. In occasione del “Consiglio nazionale di guerra” convocato a Flint, spinsero ancora il movimento verso pratiche radicali ma nuovamente dovettero prendere atto della riluttanza di quest’ultimo a seguirli, optando infine per la clandestinità.

La repressione e la scelta della guerra

Era una scelta che molti altri, di lì a poco, avrebbero fatto, spinti dall’insostenibilità dello scontro di piazza e dalla durissima repressione che aveva colpito il movimento, le Black Panthers in testa. I suoi leader venivano eliminati sistematicamente dalla polizia, come accadde allo stesso Fred Hampton e a Mark Clark, freddati nel sonno. Nel giro di qualche mese, i Weathermen scompaiono dai loro domicili conosciuti. Ricompaiono, virtualmente, come firmatari della “dichiarazione di guerra” del maggio 1970, alla quale segue, il 9 giugno, il primo spettacolare attentato alla centrale della polizia di New York.
FONTE: Carta/Umberto Zona

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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