Giulio Andreotti, il mistero che non c’è

Andreotti e gli americani. Andreotti e la Chiesa. Andreotti e i comunisti. Andreotti e la mafia. Andreotti e il caso Moro. La storia dello statista dc scomparso un mese fa all’età di 94 anni può scomporsi in decine di capitoli. E ogni capitolo è già un libro bell’e pronto. E si può proseguire: di libro in capitolo e di capitolo in libro, in un gioco di scomposizione nel quale, via via che si dilatano i particolari, i contorni sfumano e il quadro d’insieme si fa confuso. L’enigma Andreotti, in fondo, consiste in un paradosso alla cui nascita contribuiscono proprio gli innumerevoli analisti del politico democristiano; e, con loro, i tanti magistrati che hanno la pretesa di risalire, o meglio di scendere, fino al “vero” Andreotti e di giungere deduttivamente, al cuore di un potere che qualcuno ha considerato il Potere tout court. Una discesa agli inferi il cui scopo è arrivare, attraverso sentieri tenebrosi o abbaglianti, alla radice di quel male che ha in Andreotti (non a caso il Belzebù della politica italiana) il suo interprete in terra. E tuttavia, man mano che il bisturi dell’analisi affonda, Andreotti si ritrae. Fino a scomparire. E ai suoi cacciatori, i cacciatori di Verità, in mancanza di un Virgilio che illumini loro la strada, non resta nulla in mano: se non briciole. Ma con le briciole non si fa la storia, tantomeno quella con la esse maiuscola, e nemmeno i processi giudiziari.

In Giulio, la storia di Andreotti dalla A alla Zeta, i giornalisti napoletani Antonello Grassi e Gianpaolo Santoro, evitano programmaticamente di affrontare il caso Andreotti secondo questa ottica, un’ ottica per così dire verticale. E la ragione è che, spiegano, contrariamente a quel che molti credono, non esiste un mistero Andreotti. O meglio: non esiste nei termini in cui lo si è voluto definire. Lo statista democristiano, a sentire Grassi e Santoro, è proprio quel che appare ed è nella superficie del personaggio, nella vita tutta pubblica dell’uomo politico, che si cela, casomai, il segreto del suo lungo potere. A ben guardare il problema di coloro che, dagli anni Cinquanta in poi, affrontano e allo stesso tempo alimentano l’”enigma” Andreotti è la radicale incomprensione di quel che egli è e rappresenta. Ci si intestardisce nella ricerca del vero Andreotti, partendo dal presupposto che dietro il ruolo pubblico dello statista si celi l’identità segreta del grande manovratore, di colui che tutto sa e tace. Ma il tentativo di contrapporre un Andreotti apparentemente buono a uno cattivo non può riuscire per la buona ragione che, per il politico dc, il bene è il male sono due facce ineliminabili della stessa medaglia. E per lo statista cattolico la risoluzione di ogni problema passa necessariamente attraverso un compromesso cristiano tra il peccato e la salvezza.

Ecco dunque, nel libro di Grassi e Santoro, la riproposizione, sotto forma di godibili racconti, dei tanti episodi di cui è disseminata la lunga esistenza dello statista, dall’infanzia nel paese ciociaro di Segni ai giorni amari del processo per mafia. Un lavoro tutto deliberatmente in superficie che ci restituisce un Andreotti probabilmente più vero di quello mitizzato per decenni dalla pubblicistica italiana. Senza sminuire, ma neanche sopravvalutare, la statura di un uomo ambizioso e dal solidissimo carattere che si trovò ad attraversare un frangente storico eccezionale e che seppe coltivare, con pazienza e determinazione, la sua formidabile carriera politica.

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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