Per gli ultras romanisti l’accusa è di concorso nell’omicidio di Ciro Esposito

E alla fine, a tre mesi di distanza dalla finale di Coppa Italia, è arrivata la conferma: Daniele De Santis non era un folle isolato, un commando di ultras romanisti, dopo aver assaltato un pullman di tifosi napoletani, si è scontrato con un gruppo di ultras azzurri sopraggiunti e al culmine della rissa uno dei partecipanti ha fatto fuoco ferendo a morte Ciro Esposito.

La decisione del giudice istruttore di contestare il concorso in omicidio (e in precedenza la rissa agli altri napoletani rimasti feriti dalle pistolettate) sembra confermare i dubbi da me sollevati – a partire dagli esiti di stub e autopsia – sulla dinamica degli scontri per come ci sono stati raccontati e quindi sulla diretta responsabilità di De Santis. Perché contestare infatti il concorso in omicidio se De Santis spara per sottrarsi a un pestaggio brutale, essendo rimasto attardato e isolato dai suoi amici, più veloci nella fuga?

E’ evidente che il giudice ritenga sussistere un nesso teleologico (cioè un fine comune: sottrarsi alle conseguenze del primo reato commesso insieme) tra i diversi episodi di rilievo penale, distinti nel tempo, sia pure a distanza ravvicinatissima, e afferenti più ipotesi di reato:

1. l’assalto: danneggiamento, uso di materiali esplodenti, violenza privata

2. lo scontro tra ultras: rissa (che prevede la partecipazione di due gruppi di persone sia pure di diversa consistenza numerica e non il pestaggio di un individuo da parte di una masnada)

3. l’uso dell’arma da fuoco: tentato omicidio  (diventato poi omicidio) .

Ma se i quattro si erano già sottratti agli inseguitori come si fa a parlare di rissa?

In sede processuale, per restare solo alle storie di fascisteria a me ben note, sono diversi i casi di condanne per concorso anomalo di omicidio. Un paio di volte, però, è stato punito il fatto che il “complice” abbia avuto la stessa condotta dell’omicida, senza però le stesse conseguenze:

1. l’agente Marino è ucciso, nel corso di scontri di piazza a Milano, da una Srcm da esercitazione lanciata da Vittorio Loi ma la Corte condanna a una pena lievemente inferiore anche Maurizio Murelli che la sua granata l’aveva lanciata in precedenza, altrove;

2. il militante del Fuan Mikis Mantakas è ucciso, nel corso di scontri di piazza davanti alla sezione Msi del quartiere romano di Prati, da una revoleverata sparata da Alvaro Lojacono ma i giudici condannano anche Fabrizio Panzieri, fermato poco dopo l’omicidio con una pistola di diverso calibro e usata per l’occasione.

Un uso molto estensivo del nesso teleologico è costato invece l’ergastolo a due militanti dei Nar, condannati per la sparatoria di piazza Irnerio in cui è ucciso lo studente Alessandro Caravillani e resta gravemente ferita Francesca Mambro. Un nutrito commando di guerriglieri neri assalta una banca sulla Circonvallazione Aurelia. All’esterno dell’edificio c’è un primo conflitto a fuoco con un agente fuori servizio, a cui prendono parte i due che poi saranno condannati a “fine pena mai” e che riescono ad allontanarsi dalla scena del crimine. In seguito una parte della banda viene intercettata da una volante ed è nel corso di questa sparatoria che un proiettile di rimbalzo colpisce e uccide un giovane passante. I giudici ritengono che i due distinti episodi siano funzionalmente connessi e quindi ne ritengono responsabili anche chi non vi ha materialmente partecipato. L’aspetto giuridicamente più inquietante sarà però un altro: la condanna a soltanto 15 anni, grazie ai benefici della dissociazione, dell’autore materiale del delitto…

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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