29 maggio 1971: 5 ore di guerriglia urbana a Torino. Feriti 40 poliziotti, 60 arresti
Il 29 maggio come avevamo programmato, abbiamo tenuto la giornata nazionale di lotta contro la repressione, per la libertà di organizzazione e di lotta autonoma. Che bisogno c’è di mettere al centro del nostro lavoro questo tema? si sono chiesti molti compagni. Non è forse meglio rilanciare gli obiettivi di attacco su cui si è sviluppata finora l’offensiva operaia e proletaria contro’ i padroni?
Lotta continua nella primavera 1971 ha ancora un quindicinale come organo di informazione. E così il pezzo di apertura ha il taglio dell’analisi e della riflessione su una fase politica, il governo centrista guidato da Emilio Colombo, segnato da un atteggiamento fortemente repressivo degli apparati di polizia.
A Torino scontri di massa
Il 29 maggio, su sei manifestazioni di una certa importanza, promosse.da Lotta Continua, due sono stati caricate dalla polizia prima ancora di partire. A Torino, dove i compagni si sono difesi, e lo scontro ha coinvolto la massa dei proletari della zona, la stampa e le forze borghesi sviluppano su questo episodio una campagna durissima, contro le violenze, l’estremismo, la nostra organizzazione e la stessa libertà di esprimersi e di organizzarsi. Tutti i fermi, 56, vengono tradotti in arresti. E’ il bilancio più pesante degli ultimi anni. La notte stessa la polizia devasta la nostra sede, e nei giorni seguenti impedisce ai compagni di speakerare, di distribuire volantini, di parlare con la gente. Un compagno arrestato mentre distribuisce volantini, due fermati, molti sequestri, 20 perquisizioni in case di compagni, e si potrebbe continuare.
La nuova offensiva operaia
Sono in corso 2 processi di massa: uno ai 56 arrestati, l’altro per i volantini dell’anno scorso (promosso direttamente dalla Fiat). Un terzo per i volantini .di questo periodo viene istruito in questi giorni.
Se le “forze dell’ordine” sono state così tenaci – è brutali – nella repressione non è per caso: non si tratta di due lotte qualsiasi. La manifestazione di Torino è venuta al culmine di una forte ripresa deila lotta autonoma alla Fiat: il giorno prima un corteo di 6000 operai delle carrozzerie, armati d i spranghe e di chiavi inglesi, aveva di nuovo spazzato le officine dai crumiri e fatto scappare capi, guardiani e fascisti. La manifestazione, indetta proprio sui temi su cui sta crescendo l’iniziativa autonoma degli operai – la risposta ai licenziamenti-, alle sospensioni, al tentativo di ristabilire il fascismo dentro la Fiat – è stata una occasione, per le avanguardie operaie, di presentarsi, anche fuori dalla fabbrica, come punto di riferimento di questa lotta. E’ il tema più sentito anche dagli’ operai di tutte le altre fabbriche in lotta (…)
La cronaca della Stampa
Violenti scontri nel centro di Torino sconvolto da cinque ore di battaglia tra polizia ed estremisti aderenti a Lotta continua e Potere operaio. I dimostranti si sono riuniti alle Porte Palatine armati di bastoni e mazze. Gli scontri più violenti sono avvenuti in piazza del Duomo e in piazza Castello; auto distrutte, vetrine infrante, donne svenute. Oltre quaranta feriti e contusi tra poliziotti e carabinieri, altri 10 tra i dimostranti –
60 arresti negli scontri tra forze dell’ordine ed estremisti di Lotta continua e Potere operaio che avevano organizzato un corteo di solidarietà con gli operai Fiat impegnati nella vertenza sul contratto integrativo. La manifestazione non era stata né preparata né annunciata dalle organizzazioni sindacali che conducono la vertenza nell’azienda. Lancio di bottiglie « molotov », pietre, bastoni e candelotti lacrimogeni, corpo a corpo, macchine danneggiate e incendiate, vetrine rotte, passanti terrorizzati in fuga, traffico bloccato e dappertutto l’acre odore del gas. Feriti e contusi da una parte e dall’altra, parecchi fermi e arresti.
La battaglia di Porta Palazzo
Le fasi più violente sono durate un’ora e mezzo, dalle 16,30 alle 18 nella zona tra Porta Palatina, il Duomo, piazza Castello, via Garibaldi. Dopo un’ora di calma, altri incidenti sono avvenuti In via Garibaldi e in via Santa Chiara. Il percorso era stato concordato venerdì sera tra commissari di pubblica sicurezza e organizzatori: piazza Porta Palatina, corso Regina Margherita sino al rondò della «forca», via Cigna, corso Vigevano e piazza C’rispi dove era in programma un comizio. La Questura aveva raccomandato: «Niente bastoni, il corteo deve svolgersi in modo disciplinato». Gli organizzatori avevano assicurato che non ci sarebbero stati disordini. Alle 16 i dimostranti incominciano ad affluire in piazza Porta Palatina. Bandiere rosse legate a lunghe aste, striscioni, nessun cartello. Ma alcuni attivisti impugnano bastoni grossi e nodosi.
Il vicequestore intima: disarmatevi
In piazza ci sono una ventina di agenti in borghese al comando del vicequestore vicario dott. Mastronardi e del dott. Bessone, capo della squadra politica, e del dott. Sandulli. In una via adiacente una trentina di carabinieri e agenti del reparto celere su un pullman. Alle 16.40 gli estremisti sono cinquecento, in maggioranza giovanissimi 17-18 anni. Su auto dalla sede di «Lotta continua» in via Po, arrivano altri bastoni e mazze. Il dott. Mastronardi intima ai manifestanti di disarmarsi. Rifondono urla. Volano i primi sassi. Gli agenti sequestrano una decina di bastoni, intanto il corteo si muove. Gli estremisti sono schierati in file di dieci persone.
La situazione precipita. Il dott. Sandulli ordina ai trenta carabinieri di compiere una carica.
Il contrattacco dei compagni
I dimostranti indietreggiano, qualcuno fugge, ma presto si ricompongono. Sono in maggioranza e passano al contrattacco. Gli agenti che si trovavano poco lontano sul pullman tardano ad intervenire. Dal gruppo degli estremisti partono due bottiglie «molotov», esplodono vicino ai funzionari e a un gruppo di cronisti. Poi piovono bastoni e pietre (parecchi le avevano in tasca, altri se le procurano disselciando la piazza). Il dott. Mastronardi, colpito alla fronte da un cubetto di porfido, s’accascia in mezzo alla strada (all’ospedale sarà giudicato guaribile in 35 giorni). Il maggiore di pubblica sicurezza Campi viene ferito (20 giorni di guarigione). Sirene spiegate. Giungono i rinforzi: 200 agenti del reparto Mobile e un centinaio di carabinieri. Visiere e scudi di plastica. Ora possono fronteggiare l’urla dei dimostranti. Carica. Alcuni fuggono: il gruppo si fraziona, 300 estremisti corrono in piazza del Duomo. Parecchi si rifugiano nei negozi, altri fronteggiano le forte dell’ordine sul sagrato.
Inseguiti fin dentro il Duomo
Bombe lacrimogene, furiosi corpo a corpo. Agenti e manifestanti rotolano avvinghiali lungo i gradini. Volano altre pietre. Ancora feriti da una parte dall’altra. Tra i carabinieri il tenente Ponzetti, il brigadiere Patinali e i militi Migliorini, Ricci e Zerbini. Colpito anche da un sasso il dott. Valerio della Questura. Si operano alcuni fermi, agenti inseguono i dimostranti nel Duomo poi le porte del tempio saranno chiuse. Un carabiniere blocca un estremista. E’ giovanissimo, si difende con calci e morsi, è ammanettato. Una donna urla: « E’ mio figlio, lasciatelo stare, povero ragazzo». Fuga dei dimostranti. Via XX Settembre, poi via Garibaldi. Circa duecento si ricompongono in piazza Castello. Prendono pietre da un cantiere edile a pochi passi, distruggono una palizzata, arraffano badili e carriole, formano una barricata, Via Garibaldi è bloccata. Qualche donna sviene: fuggi-fuggi, tram bloccati.
La polizia sorpresa alle spalle
Giungono polizia e carabinieri, la battaglia riprende ancora più violenta. I negozianti abbassano le saracinesche, ma alcune vetrine vanno in frantumi. La polizia lancia candelotti lacrimogeni, l’aria si satura di gas irrespirabile. La barricata è travolta, fuga in via Garibaldi presso piazza Statuto, Inseguimenti di agenti e carabinieri, che sparano decine di candelotti lacrimogeni. Aria Irrespirabile, tram bloccati, alcuni passeggeri si calano dai finestrini. Poco dopo la polizia viene assalita alle spalle da un altro gruppo di dimostranti arrivali dai giardini reali. Altri scontri, altre pietre. E’ una confusione indescrivibile.
Nelle vie adiacenti macchine di cittadini assalite, danneggiate, qualcuna incendiata. Alcuni passanti aiutano le forze dell’ordine nel respingere l’assalto. Un tranviere scende e affronta due estremisti, il dott. Dardia della questura, colpito al capo, cade. E’ in preda a choc. Poi la lotta cessa per qualche minuto. Via Garibaldi torna calma, è deserta, sembra un campo di battaglia.
La battaglia riprende a via Po
Poco dopo c’è un nuovo scontro in via Po. Volano cubetti di porfido, vanno in frantumi vetrine e finestre. Ancora’ candelotti, ancora cariche. Gli agitatori dispersi. Sono le 18.10. II grosso della battaglia sembrai finito. Il silenzio della tensione. Un’ora dopo altri scontri, altri incidenti. Adesso sono episodi isolati:, ma ancora molto gravi. Alle 19 in via Garibaldi una molotov è scagliata contro un’auto della polizia, la volante in i sosta con quattro agenti a bordo. La macchina s’incendia, le guardie sono ustionate (guariranno in 60 giorni). Due radiomobili dei carabinieri vengono circondate nei pressi di via Santa Chiara, poi i militi bloccano sei teppisti. Intanto si alza un elicottero dei carabinieri. Segnala alla base i gruppetti di dimostranti che stazionano in alcune vie e piazze. Alle 19.30 davanti al Municipio c’è un nuovo assalto. Passsano due autocarri «tigrotti» della polizia: sono coperti da schermi in spessa rete metallica. A bordo quattro agenti con una decina di fermati.
All’assalto del “tigrotto”
All’improvviso sbuca una “850” che blocca il secondo automezzo. Scendono sei dimostranti, armati di sbarre e sassi, attaccano il «tigrotto». Anche gli agenti balzano a terra, corpo a corpo, ma sono sopraffatti. Due giovani fermati riescono a fuggire. Ore 20. Ancora scontri, si sentono scoppi di candelotti lacrimogeni. La polizia rastrella la zona della battaglia. Un gruppo di dimostranti attacca in via Pietro Micca e subito dopo in via Milano. Traffico bloccato. Lancio di pietre, urla “fuori i fascisti dalle fabbriche”. Alle 20.10 incidenti in via dei Mercanti angolo via Monte di Pieta. Ai balconi la gente applaude le forze dell’ordine. Ore 21, c’è una calma relativa, ma l’atmosfera è aspra, carica di tensione. La zona degli incidenti è sotto una cappa plumbea, il fumo degli incendi e dei gas lacrimogeni. Si teme che gruppi isolati di manifestanti ritornino. In serata nei luoghi della battaglia sono state trovate 15 bottiglie di molotov » (tre nascoste dietro un portone di via Barbaroux). Durante la notte sono state eseguite perquisizioni nelle sedi di Lotta continua e Potere operaio, e nelle abitazioni di alcuni estremisti.
FONTE. La Stampa, 30 maggio 1971
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