26 marzo 1976, Bergamo: gambizzato ai cancelli Philco Heinrich Herker

Il 26 marzo del 1976, all’ingresso dello stabilimento viene ferito alle gambe il direttore tecnico Heinrich Herker. L’attentato è rivendicato da Lotta armata per il comunismo:

“Militanti comunisti sono entrati in azione alla Philco-Bosch colpendo il dirigente tedesco Herker. La Bosch ristruttura, taglia l’organico, aumenta lo sfruttamento e licenzia le avanguardie di lotta. Tra i più zelanti esecutori di questa ondata repressiva nella fabbrica, dopo le ultime lotte, è il nazista Herker che è il primo a pagare, poi verranno gli altri. La punizione a piombo di Herker non è un’azione esemplare ma la necessaria forma di lotta che la classe operaia, qui e altrove, ha ormai fatto propria. Lotta armata per il comunismo!”

La scelta di attaccare davanti ai cancelli

Ancora una volta qui stupisce la stringatezza e il tono quasi dimesso della rivendicazione a fronte della ridondanza perfino logorroica di altri comunicati.
Da una parte, in questo caso come in altri, appare superfluo spiegare agli operai chi fosse la vittima, assolutamente nota agli operai così come chiara ai loro occhi era quali fossero il suo ruolo e le sue responsabilità. In secondo luogo chi compiva queste azioni aveva una concezione della lotta armata per niente esemplare e nemmeno con tutti i crismi dell’indicazione strategica ma, invece, quasi una prosecuzione della lotta operaia, come se fra la gogna o il pestaggio del dirigente durante un corteo interno e il ferimento davanti ai cancelli della fabbrica non ci fosse alcuna soluzione di continuità. E sotto questo profilo anche la scelta logistica di colpire, come era stato per il ferimento di Fossat a Rivalta, all’ingresso dei cancelli della fabbrica durante il transito degli operai era fortemente allusiva.

Fin qui Chicco Galmozzi su “Figli dell’officina”. Ma l’attentato del 26 marzo non arriva come un fulmine a ciel sereno. C’è dietro una storia di lotta durissima e di sconfitta operaia, che il leader di Senza tregua e poi di Prima Linea così ricostruisce nelle pagine precedenti:

La presenza organizzata a Bergamo

La corrente aveva portato in dote a Senza tregua anche un consistente gruppo di militanti della sede di Bergamo: operai di piccole fabbriche e studenti che avevano come principale ambito di intervento politico la Philco di Brembate, “i cui operai diventano il simbolo dell’autonomia della classe operaia bergamasca e rappresentano una delle punte di maggior combattività operaia nazionale.”

Già a partire dal 1974 gli operai della Philco avevano dimostrato una grande capacità di portare la propria forza all’esterno della fabbrica e porsi come punto di riferimento per tutte le lotte operaie della zona: nel mese di settembre, nel corso della lotta contro la cassa integrazione erano usciti dalla fabbrica dirigendosi verso la Prefettura ed occupandola: “hanno travolto un cordone di poliziotti che sbarrava il portone, sono saliti negli uffici mentre centinaia di compagni stazionavano nel cortile, bloccando una trentina di PS in assetto di guerra. Da una finestra è stato esposto lo striscione del CdF. della Philco.”

La lotta ai licenziamenti

Nell’aprile del 1975, -non si sottolinea mai abbastanza quanto il 1975 fu un anno cruciale per le lotte operaie e per la radicalizzazione all’interno di esse di una linea e una suggestione nei confronti dell’innalzamento del livello dello scontro- gli operai della Philco iniziano una lunghissima occupazione della fabbrica per lottare contro la programmazione di 160 licenziamenti e il ridimensionamento dell’azienda.

Si costituisce il Comitato di lotta che allestisce una tenda per fare propaganda a favore della lotta. Il 20 giugno viene dato il via libera allo sgombero della tenda, ormai diventata il punto di organizzazione di tutte le lotte operaie a livello provinciale. Avvengono violentissimi scontri fra operai e polizia che si protraggono per sette ore.

La testimonianza di Gianni Maj

Questa è la ricostruzione dei fatti operata da Gianni Maj, ai tempi uno dei leader operai della Philco:

“Il motivo alla base della mobilitazione era la lotta contro 62 licenziamenti annunciati dalla direzione. Abbiamo occupato la fabbrica, materialmente, e siamo usciti dalla fabbrica, nel senso che abbiamo montato la tenda. Sapendo che ci sarebbero state le elezioni, volevamo piazzarla in Piazza Vittorio Veneto, dove solitamente si svolgevano i comizi politici elettorali. Ma ce lo volevano impedire, cioè venivano da noi i vigili a implorarci di fare i bravi, che lì non era possibile. Volevano impedire il disturbo al rituale dei comizi, ma noi volevamo piazzarci lì proprio per quello, anche per impedire che certa gente, i fascisti, MSI e compagnia, venisse a parlare lì.
Alla fine decidemmo noi di cambiare piazza, ma mica per le pressioni dei vigili… La tenda l’abbiamo poi montata dove c’è il monumento, di fronte al Teatro Donizetti, zona centrale di Bergamo.

Lo sgombero della tenda

Noi dicevamo ai lavoratori che essendo sotto elezioni non dovevamo temere nulla, perché nessun partito sotto le elezioni si sarebbe preso la responsabilità di attaccarci, dovevamo temere il dopo. Infatti due giorni dopo le elezioni sono venuti a distruggere la tenda… Ma il pomeriggio stesso c’erano in piazza 4000 persone a protestare contro il Comune e la polizia, la sede della polizia è stata distrutta …

Lo sgombero della tenda è avvenuto così: vennero i vigili alle 5 del mattino e distrussero la tenda. Io gliela giurai e dissi: “questa la pagate!”. Infatti poi alle 16 c’erano più di 4000 persone in piazza, per dimostrare che non ci facevamo mettere i piedi in testa! Vennero anche tanti impiegati, lottavano con noi e come noi. Ma soprattutto furono le masse popolari a sostenerci, a mobilitarsi: non è bastata la polizia di Bergamo, hanno dovuto fare arrivare la polizia da Como e da Milano, poi hanno chiamato anche i fascisti con le loro moto. E gli operai gli mettevano letteralmente i bastoni fra le ruote! Dalle case venivano buttate giù bottiglie e piatti contro la polizia. I vigili nei giorni seguenti minacciavano, dicevano che l’avevamo fatta grossa… Ma di fatto per un periodo erano loro ad avere paura e non volevano più farsi vedere in giro in due come al solito, ma li vedevi per strada come minimo in quattro, perché avevano paura di prenderle! A Bergamo la polizia se la ricorda ancora la mobilitazione in solidarietà con la tenda operaia…”

Il volantone di Senza tregua per lo sciopero generale

In questo capitolo Galmozzi ricostruisce anche il ruolo di “Senza tregua” negli scontri durante lo sciopero generale del 25 marzo, il giorno prima dell’attentato al dirigente della Philco

I militanti che a Bergamo erano usciti da Lotta Continua con la Corrente che finiranno per gravitare nell’area di Senza tregua si erano costituiti con la denominazione di Collettivi politici autonomi, denominazione che mantennero anche per tutto il 1976.
In previsione dello sciopero generale di protesta indetto per il 25 marzo contro i provvedimenti governativi del 16 marzo, il cosiddetto decretone, che fra l’altro aumentava le tariffe del gas, del metano e della benzina, e che Senza tregua n. 3 uscito proprio il 25 marzo definiva un’aperta dichiarazione di guerra dello stato capitalista al proletariato, i Collettivi, alcuni giorni prima, avevano diffuso un volantino che era una chiara dichiarazione di intenti;
“Senza l’organizzazione diretta della forza niente è possibile se non la sconfitta.
Il 25 marzo lo schieramento proletario che non accetta il ricatto della crisi deve scendere in piazza organizzato per imporre il proprio diritto alla sopravvivenza materiale e riprendersi insieme alla vita la possibilità di LOTTARE FINO ALLA VITTORIA.”1
E il 25 gli scontri scoppiarono violentissimi: si verificarono numerosi espropri proletari in vari negozi del centro; un assalto alla prefettura. La polizia rispose con colpi d’arma da fuoco che ferirono una dimostrante. Altrettanto importanti gli scontri di Milano.

Gli scontri del 25 a Bergamo

Tremila ultras di sinistra si sono infiltrati tra i diecimila lavoratori che partecipavano alla manifestazione organizzata stamane a Bergamo dai sindacati per lo sciopero generale, e hanno provocato gravi incidenti. Una ragazza di 19 anni, L. T., residente a Caravaggio, è in gravi condizioni all’ospedale: è stata colpita da un proiettile sparato da un estremista- La Polizia ha arrestato Sergio Frigeri, 22 anni: il giovane avrebbe fatto fuoco in direzione degli agenti in servizio su una «Giulia» e il proiettile avrebbe invece raggiunto la T. All’ospedale sono.stati medicati anche tredici fra sottufficiali e agenti di pubblica sicurezza. Sedici extraparlamentari sono stati arrestati. Stamane i lavoratori si erano riuniti, come previsto, in p. Vittorio Veneto; al termine del comizio, gruppi di extraparlamentari si sono recati davanti al palazzo della questura e della prefettura. Dopo aver tentato di sfondare il cancello d’entrata, hanno lanciato bombe molotov e scagliato sassi contro gli agenti. Mentre fuggivano, gli ultras demolivano vetrine di negozi, incendiavano un’insegna, devastavano auto in sosta: sono stati fermati dai gas lacrimogeni della polizia, ma davanti al teatro Donizetti hanno innalzato una barricata con tavoli e sedie d’un caffè. LEGGI TUTTO

Un’edizione locale del giornale

Il 9 aprile venne pubblicata una edizione locale di Senza tregua che tornava sui recenti avvenimenti:
“I proletari che si prendono la roba affermano un diritto fondamentale, quello alla vita.
NOI DECRETIAMO, NOI DECIDIAMO!
Questa parola d’ordine, basata sull’esercizio della forza proletaria, è una reale indicazione politica, perché solo la pratica diretta garantisce del soddisfacimento delle esigenze proletarie. Oggi non si tratta solo di organizzarsi per lottare: oggi lottare è indispensabile perché solo la lotta assicura ai proletari la sopravvivenza. Da qui la necessità di prendersi con la forza ciò che serve (alimenti, vestiario e tutto il resto) fino a costruire la possibilità in alcuni quartieri, a partire dall’organizzazione operaia, di imporre i prezzi politici, secondo un calmiere la cui formulazione e applicazione deve essere attuata e garantita dal controllo politico-militare dei proletari della zona..”

Il processo

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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