I Quaderni neri, Heidegger e il pregiudizio contro i dannati dalla Storia
Un mio breve intervento sul caso Heidegger sarà pubblicato sul prossimo numero di “Quaderni coresi”, diretti da Emilio Magliano
L’avvio della pubblicazione in Germania dei “Quaderni neri”, i 34 blocchi di appunti che il figlio di Heidegger ha gelosamente custodito per più di trent’anni, ha scatenato un dibattito appassionato che, a partire dal disvelamento dell’antisemitismo del sommo intellettuale tedesco, arriva a mettere in discussione il nodo fondamentale del suo rapporto tra filosofia e politica: possiamo continuare a leggere “Essere e Tempo” come l’opus magnum del pensiero novecentesco nel momento in cui sappiamo che l’adesione al nazismo non era un aspetto secondario o incidentale della sua ricerca?
In realtà la sua iscrizione al partito era stata già metabolizzata abbondantemente: grazie al giudizio riduzionista di Gadamer il suo impegno politico era stato liquidato come “uno sbandamento”. Il problema è sorto, già l’anno scorso, alla pubblicazione in Germania del primo tomo (1931-1941) in cui tracimano posizione espressamente antisemite: dal sostegno alle leggi di Norimberga alle riflessioni del 1938. Polemica rinfocolata dal nuovo volume, uscito in inverno in Germania, con i “Quaderni” scritti nel periodo decisivo che va dal 1942 al 1948.
Un contributo importante lo ha dato Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica, ebrea, ultima allieva di Gadamer e vicepresidente della M. Heidegger Gesselschaft (il presidente Gunter Figal, deciso “negazionista” dell’antisemitismo del Maestro, si è dimesso a seguito dalla pubblicazione degli appunti maledetti). La sua opera “Heidegger e gli ebrei. I quaderni neri” risolve il problema alla radice: perché affronta il tema dell’antisemitismo come consustanziale al pensiero tedesco moderno dando scarso rilievo al fatto che gli espliciti riferimenti agli ebrei sono quantitativamente scarsi negli appunti heideggeriani. Non solo i già presunti antesignani del nazismo, ma tutti i principali filosofi, da Kant a Hegel, condividono un pregiudizio teologico-politico nei loro confronti, mettendo capo a un odio metafisico e ontologico (e cioè radicale, all’origine delle cose). L’ebreo sarebbe stato percepito, raccontato e analizzato nella filosofia tedesca classica in quanto entità estranea all’Occidente e alla sua storia. E poiché era mentitore per natura diventava legittimo ricorrere all’inganno nella sua liquidazione…
Ricostruito il filo nero che attraversa quattrocento anni di storia delle idee, la Di Cesare entra nel merito del caso Heidegger e spiega perché la sua filosofia è funzionale alla catastrofe, La questione dell’ebraismo mondiale è per il pensatore di Friburgo una questione metafisica, tale per cui “l’Ebreo è responsabile dell’oblio dell’essere. Il trionfo della metafisica e del pensiero calcolante, di cui egli è stato uno strenuo oppositore in ogni fase del suo pensiero, troverebbero nello Jude il loro beffardo e menzognero demiurgo”. Cioè, dopo aver ucciso Cristo sul piano storico, rappresentavano un ostacolo al libero dispiegamento della “storia dell’Essere” e quindi andavano rimossi. Per Heidegger «i nazisti non pensavano solo di governare il mondo, volevano rimodellarlo. Volevano estirpare ciò che ritenevano incompatibile con il loro progetto. Quell’entità incompatibile e di stampo metafisico, erano gli ebrei».
Oggi sappiamo che il filosofo tedesco si sbagliava: perché gli ebrei non vivono soltanto nel presente ma nella speranza della redenzione, una speranza che è invece assente nella sua visione del mondo . Ciò detto, la stessa Di Cesare risponde sì alla domanda da cui siamo partiti. Possiamo continuare, dobbiamo continuare a leggerlo, perché le categorie heideggeriane sono ancora fondamentali per capire il mondo. Questa conclusione non ci stupisce.
Del resto è un pregiudizio molto novecentesco, molto luckasiano quello che nega grandezza ai “dannati della Storia”. E quindi possiamo continuare a riconoscere in Heidegger il più grande pensatore del secolo breve e ammirare in Celine il maggiore scrittore europeo contemporaneo o in Schmitt il genio della scienza politica e della dottrina giuridica
“E quindi possiamo continuare a riconoscere in Heidegger il più grande pensatore del secolo breve e ammirare in Celine il maggiore scrittore europeo contemporaneo o in Schmitt il genio della scienza politica e della dottrina giuridica”.
Riconoscere Heidegger e Celine come grandi NONOSTANTE il loro antisemitismo?
Io invece direi che ciò che accomuna certi filosofi e scrittori del passato(non solo Heidegger e Celine, ma anche Lutero e Leopardi, ad esempio) è la capacità di parlare dei giudei con una libertà che oggi gli intellettuali si sognano!
Con riferimento al commento di cui sopra:
Pare che anche i futuri leader democristiani (da De Gasperi, a Fanfani, ecc.) abbiano lasciato scritti – vergati prima del ’45 ovviamente – in cui non è che parlassero tanto bene degli Ebrei. Tutti prede incoscienti del “Male Assoluto”? Sarebbe interessante rintracciarli, raccoglierli e pubblicarli, per farsene un’idea, e per confrontarli con quanto scriveva Heidegger.
Carancini lo ha mai letto Hitler’s Willing Executioners? Ma lei e’ uno di quei volponi che nega l’esistenza delle camere a gas?
Che poi ragionate proprio da ridere; l’Olocausto non e’ mai avvenuto, son tutti morti di fame e stenti e dell immancabile tifo; anche i bambini _adoravano_ indossare la stella gialla ( i pikkoli ebrei note spie e facinorosi ); le camere a gas non sono mai esistite ( e cazzo lo scrive _persino_ Leuchter che e’ proprio i-n-g-i-e-g-n-i-e-r-e fatto e finito ); e’ tutta una montatura; tutte le documentazioni false, le testimonianze quando non estratte con la tortura sono comunque false ( ebbeh oste e’ buono il vino ) perche’ si; ma non perdete MAI l’occasione per rimarcare quanto questi “giudei” sarebbero corrotti/cattivi.
Geniale.