Il falso nudo della Boldrini, il sessismo e la libertà di satira
C’è un primo indagato, per diffamazione aggravata, nell’inchiesta della procura di Roma affidata al pm Luca Palamara sulle minacce alla presidente della Camera Laura Boldrini e sui fotomontaggi che la riguardano apparsi sul web. Si tratta del giornalista Antonio Mattia, il primo a postare su Facebook un fotomontaggio che ritrae la Boldrini in una posa osè.
Le foto e i messaggi minacciosi lasciati sulla rete sono stati rimossi dalla polizia postale nei giorni scorsi su ordine del magistrato. Mattia, fanno sapere dalla procura, avrebbe travalicato “i limiti della corretta informazione, oltrepassando il legittimo diritto di cronaca e di critica giornalistica”. E per questo è stato iscritto nel registro degli indagati.
La procura di Roma aveva aperto un fascicolo per risalire agli autori dei fotomontaggi e dei messaggi offensivi dopo che la presidente della Camera aveva rivelato a Repubblica di “essere minacciata di morte ogni giorno” e aveva lanciato un appello per dire “basta all’anarchia del web”.
Questa breve notizia, pubblicata da Repubblica.it questa mattina, offre numerosi spunti di discussione. A partire dalla consecutio temporis. L’intervista alla De Gregorio è successiva alle perquisizioni disposte dalla polizia postale sulla base della precedente denuncia del presidente della Camera. Del resto, mentre il blitz giudiziario ha suscitato le reazioni indignate della fascisteria, l’attacco della Boldrini contro l'”anarchia del web” ha scatenato la massiccia reazione di un ampio fronte di difensori della libertà, compreso intellettuali e professionisti dell’informazione, generalmente empatici con le istanze sociali e umanitarie su cui la terza carica dello Stato ha costruito le sue fortune politiche.
Per quel che mi riguarda è evidente che la libertà di stampa non c’entra niente con la diffusione di un “fake”. E del resto il povero Antonio Mattia si trova bello e incaprettato. Con il giudice che gli contesta appunto la violazione del diritto di cronaca. Delle due l’una:
1. non si è accorto che era un fake; ha diffuso una foto-notizia di rilevante interesse culturale (la privacy di personaggi pubblici è ovviamente attenuata) ma in quanto giornalista non può rivelare la fonte e qui risponde direttamente della diffusione e non di omesso controllo
2. era consapevole che era un fake: a questo punto, sulla base della consolidata giurisprudenza, la diffamazione è evidente. A meno che …
A meno che non si rivendichi il tutto come un’operazione satirica, come un detournment situazionista. Della serie: visto che voi ci avete macellati con il ruolo della ‘gnocca’ nella costruzione del ceto politico femminile berlusconiano noi vi rivoltiamo contro l’ “accusa”…
E a questo punto la questione si farebbe veramente interessante: perché verrebbero a confliggere due istanze altrettanto degne di tutela:
1. il diritto delle donne in politica di non essere martoriate dal machismo e dal sessismo (ma questo principio andrebbe esteso anche, che so, alla Mussolini, di cui si pubblicano ancora, impietosamente, le foto di quando faceva l’attricetta, trent’anni fa. Quando, per massacrarla politicamente, bastano e avanzano le cose che dice)
2. il diritto di fare satira sul corpo dei potenti, anche sui difetti fisici, anche sulle malformazioni. Basti citare l’ultima uscita di Fo su Brunetta (ma c’è già il precedente di Fanfani rapito) ma anche le infinite battute sulla gobba di Andreotti. E all’uso politico del corpo di Berlusconi ha dedicato un sapientissimo saggio semiologico un raffinato intellettuale come Marco Belpoliti
Un bel match, insomma…
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