Il massacro del Circeo/3. Izzo, Ghira e i pestaggi degli scout
La cronaca dell’Unità, il 2 ottobre 1975, in uno dei “pezzi d’appoggio” sul massacro del Circeo, parte proprio dalla contestazione dal dato più suggestivo: i “mostri” non sono pariolini ma espressione di un altro quartiere dal saldo radicamento fascista, il Trieste.
A pestaggi, ad agguati, a imprese simili era dedito Angelo Izzo, iscritto all’organizzazione giovanile del MSI, figlio di un noto e facoltoso ingegnere: e come lui, i suoi amici. Quel Ghira, per esempio, al padre del quale — industriale di Pomezta — appartiene la villa al Circeo teatro del dramma. I due, anzi, costituiscono una coppia ben affiatata. Sia che si tratti di
pestare qualche giovane democratico sia che si organizzi una rapina magari in casa di qualche conoscente.
Nel libro nero dell’Anpi
Nel libro nero sulle violenze fasciste a Roma dal ’70 al ’74, curato dall’ANPI provinciale, i due figurano in tandem in più di un’occasione. Ad esempio, nel tentato assalto al circolo culturale Nemorense, punto d’incontro per i democratici della zona e nelle minacce, rivoltella alla mano, a un giovane antifascista, davanti a una scuola nell’aprile del ’72. Appena 15 giorni dopo, stavolta da solo, Ghira — aderente a «Avanguardia nazionale -si esibisce nel pestaggio di un altro studente. Al liceo Giulio Cesare a Corso Trieste, una delle scuole della città dove maggiormente si è sviluppato in questi anni il dibattito democratico tra i giovani.
Nel gruppetto di «sanbabilini» romani che hanno il loro punto di ritrovo al bar Euclide, nell’omonima piazza, ai Parioli, luogo d’appuntamento tanto per la «gioventù dorata» senza problemi che per qualche emarginato spinto dall’illusione di trovare, a contatto della ricchezza e del lusso, una sorta di falso «riscatto» dalla propria condizione sociale, Izzo e Ghira divennero ben presto personaggi di spicco.
Si distinsero soprattutto — come rileva un rapporto inviato nel marzo scorso alla magistratura — nelle aggressioni squadristiche contro gli «scouts» della zona, che avevano assunto un netto e vigoroso atteggiamento di ripulsa verso il fascismo, e contro i giovani democratici «colpevoli», magari, di avere in tasca il nostro giornale o qualche altra pubblicazione antifascista. Vigliaccate.
I delitti dell’ozio
Sembrava che questo «curriculum» dovesse essere stroncato quando, nel ’73, le indagini per una rapina avvenuta in casa di un industriale, in via Panama, condussero la polizia proprio a Ghira e a Izzo. Il primo finì in galera, per riuscirne però ben presto. Il secondo fu prosciolto dalle accuse visto che gli indizi contro di lui, secondo la magistratura, erano insufficienti.
Bastarono invece a procurargli una condanna a due anni — mai scontata — quelli raccolti dalla mobile dopo la violenza carnale, ai danni di una minorenne, che Izzo e Giampietro Parboni Arquati (un altro del gruppo) compirono in una villa di Monteporzio Catone, nel dicembre dello scorso anno. A vigliaccate del genere, destinate probabilmente a condire un’esistenza che fila via liscia, senza altri obiettivi che moto di grossa cilindrata, ville al mare, auto di lusso e bravate, non è nuovo nemmeno G. S., 20 anni, stesso ambiente, quasi stesso indirizzo degli altri suoi amici su cui indaga la polizia.
Gli procurò una certa celebrità il fatto di girare, a soli 18 anni, a bordo di una «Jaguar», ma altra gliene venne appunto dalla squallida impresa di Monteporzio a cui prese parte con Izzo e Parboni. Ma anche per lui, come per gli altri due, le porte de! carcere si spalancarono presto.
Del resto i soli a mancare di precedenti di tal fatta, sono Gianni Guido, il diciannovenne accusato con Izzo e Ghira del crimine, e M. M., arrestato per favoreggiamento. Infatti anche un altro del «branco» D. S., figlio di un noto primario ospedaliero, non è nuovo alla cronaca «nera». Nel dicembre dell’anno scorso si trovò al centro di una lite definita «di traffico» che si concluse a colpi di pistola. Avvenne anche questa a piazza Euclide.
Lascia un commento