[La mia storia giornalistica in Basilicata è legata sicuramente alla campagna sulla mancata candidatura del presidente Colombo con la Margherita nel 2001 e la sua decisione, supportata con forza dalla Nuova, il quotidiano che dirigevo, di lanciarsi nella sfortunata avventura di Democrazia Europea. Dopo aver condotto i giochi – nel comizio in cui lanciò la sfida ai suoi pupilli- Colombo, dedicò ampio spazio alla prima pagina del mio giornale e al titolo d'apertura, una botta di narcisismo mica male, dovetti fare i conti con il notista politico della Gazzetta, il democristianissimo Nino Grasso, oggi portavoce del presidente De Filippo, che si inventò un'arzigogolatissima interpretazione per tentare di ricucire lo strappo. La mia replica in dieci righe si risolveva in una beffarda domanda. Valeva ancora la regola dettata dall'ispiratore di Grasso, Tonio Boccia, che dieci anni prima aveva appunto stroncato i rosicamenti montanti contro Colombo, affermandone l'indiscusso primato...]
Abbiamo peccato di presunzione. Formati a una delle più estreme varianti - millenarista e laica - della civiltà del libro per eccellenza, abbiamo creduto di poter ridurre il rito celebrato domenica mattina al “Principe di Piemonte” alle parole dette dal principale officiante, per lo più pretendendo di tradurle per il volgo, ovvero di volgarizzarle. Un bravo collega, più addentro di noi alla liturgia (democratico-) cristiana ci ha spiegato che altri e più complessi erano i significati, che il grande sacerdote è venuto a unire e non a dividere il suo popolo frastornato. E a suffragio della sua interpretazione ha rievocato una formula mistica opera di un chierico tra i più illustri del culto e in voga una decina di anni fa (prima della riforma canonica, evidentemente). Ma alla fine, con tutta umiltà, restiamo degli inguaribili miscredenti, rosi da una semplice curiosità: che cosa pensa oggi l’autore di quella formula? Colombo viene ancora prima di tutti?
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