[Un pezzo sul congresso del 1986 del Pci, che con l'elezione di Occhetto alla segreteria prepara il terreno alla messa in liquidazione del partito]
E' dall'11 congresso che nel Pci non si apriva una cosi` franca, complessa, articolata discussione sulle prospettive politiche e sull'assetto organizzativo, delineando con chiarezza posizioni e schieramenti.
Era il 1966. Morto Togliatti, il Pci stenta a trovare un colpo d'ala per uscire dalle secche del centrosinistra. La segreteria Longo nasce per gestire la transizione. Lo scontro congressuale tra Ingrao e Amendola vede sconfitta nettamente la sinistra, ma non vincitrice la destra. Il trionfatore autentico è Berlinguer che dapprima si delinea come ago della bilancia, poi si afferma come autentico leader carismatico, completando sul campo il cursus honorum che lo aveva visto iscriversi giovanissimo alla segreteria del partito.
La complessità dei temi che il quadro dirigente del Pci deve affrontare in questo congresso è altrettanto impegnativo: la sconfitta nel referendum, la chiusura dell'epoca delle giunte rosse, il delinearsi col mutamento epocale della società postindustriale della fine della centralità operaia sono altrettante sfide per i comunisti. è diffusa la consapevolezza che al di là delle certezze dello zoccolo duro senza grandi capacità di invenzione politica il Pci si avvia sulla china di un lento, inesorabile declino.
La segreteria Natta, mutatis mutandis, ha la sia principale ragione d'essere nella preparazione di un salto generazionale nella leadership, operazione che lo stesso Berlinguer si apprestava ad avviare per gestirla in prima persona se non fosse stato stroncato improvvisamente.
I tradizionali equilibri interni sono stati ridisegnati negli ultimi anni da una sotterranea ma possente spinta centripeta, tradizionale in tutti gli apparati nelle fasi di scarso dinamismo. La sinistra ingraiana è stata erosa da un'intensa "campagna di reclutamento" dell'ultimo Berlinguer. Il grosso dei dirigenti della terza generazione provengono da quella esperienza anche se si sono poi sposati su posizioni centriste.
La destra riformista, che ha subito durissimi colpi nella sua struttura profonda (il partito degli amministratori) per la caduta delle giunte rosse, ha mantenuto alcuni capisaldi organizzativi ma si è rivelata del tutto incapace di iniziativa politica. Si è opposta in ordine sparso all'offensiva antisocialista, che pure con esattezza aveva individuato come letale per le prospettive dell'alternativa, ha lasciato "massacrare" in sede di Comitato Centrale il suo più carismatico leader e solo negli ultimi giorni, di fronte ad un andamento dei congressi che si sta rivelando catastrofico per la rappresentanza delle minoranze, ha deciso di prendere l'iniziativa, denunciando le debolezze e le asfissie di un dibattito assolutamente inadeguato per la complessità dei compiti che la situazione pone.
L'andamento del dibattito congressuale e delle votazioni sugli emendamenti è estremamente rappresentativo della vischiosità dei meccanismi burocratici che regolano il metabolismo di una macchina politica complessa come il Pci.
L'impianto delle tesi congressuali è stato il prodotto di un sostanziale compromesso tra il centro e la destra moderata (sappiamo benissimo che queste categorie sono estremamente inadeguate per rappresentare i segmenti che si coagulano all'interno della leadership comunista ma valgono giusto a livello esplicativo). Nei congressi provinciali, invece, gli emendamenti della sinistra (sul nucleare di Mussi e Bassolino, contro l'imperialismo americano della Castellina, contro la gestione Lama di Ingrao) hanno ottenuto buoni successi, venendo approvati in alcuni congressi minori ed ottenendo comunque il quorum per la menzione. Eppure, da sponde opposte, denunciano sia i "destri" sia l'ultrasinistro Cossutta, esponente della tradizione massimalista ed operaia (l'anima filosovietica è più articolatamente diffusa) un'andamento assai "irregolare" nelle elezioni dei delegati: le due ali estreme dello schieramento comunista si dichiarano penalizzate dall'andamento elettorale dei congressi.
Certo, il Pci compiuto notevoli salti di qualità nell'articolazione e nella trasparenza del dibattito politico: l'Unità, con pignoleria da campagne di sottoscrizione e di abbonamenti, ha dedicato ampissimo spazio a interventi, dibattiti, prese di posizione e risultati congressuali. Per la prima volta è calato il numero degli interventi "esterni" sulla stampa non di partito.
Ma quando si passa dalla discussione, franca, serrata, impegnata, alla decisione è evidente che qualcosa ancora non funziona, che il processo del mutamento si è arrestato a metà del guado se la ricchezza del dibattito espresso non riesce a trovare adeguata rappresentanza per le minoranze.
Giornale di Napoli 1986
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