[La grande manifestazione della destra per la famiglia ha rappresentato, qualche anno fa, l’evidente dimostrazione del cambio di direzione del vento rispetto ai formidabili anni Settanta. E’ questo, da tempo, un Paese che tira a destra]

Il 12 maggio si fece gran festa… Così, 30 anni fa, Giovanna Marini, non ancora assurta alle vette dell’hit parade (grazie a una fortunata operazione di folk revival targata De Gregori) cantava la prima tappa del triduo elettorale (12 maggio 1974, 15 giugno 1975, 20 giugno 1976) che sull’onda lunga delle lotte operaie e dei movimenti sociali di liberazione portò il Pci nell’anticamera dei bottoni. Ma già l’anno dopo c’era poco da festeggiare: il 12 maggio 1977 la manifestazione celebrativa indetta dai radicali a piazza Navona fu funestata dalla morte di una studentessa romana, Giorgiana Masi, uccisa da un colpo di pistola sparato da un agente in borghese. Qualche settimana prima a morire sotto il fuoco dei dimostranti era stato un poliziotto: e così il ministro degli Interni Francesco Cossiga aveva sospeso il più elementare dei diritti politici, proibendo finanche il comizio richiesto dai mitissimi militanti di quel partitino che con visionaria ostinazione aveva voluto e difeso la conquista civile del divorzio anche dalle paure del grande partito comunista.

Anni formidabili e terribili, i Settanta, che hanno lacerato e insanguinato il Paese, ma anche diffuso e consolidato nuovi diritti ed opportunità: l’università di massa e l’aborto, lo statuto dei lavoratori e il punto unico di contingenza, la depenalizzazione delle droghe e l’umanizzazione del carcere, la chiusura dei manicomi e la fine del monopolio radiotelevisivo. E poi il principio che gli uomini e le donne potessero disporre liberamente dei propri corpi e del proprio piacere. E che la violenza contro le donne non era un reato contro la morale ma contro la persona.

Oggi a portare centinaia di migliaia di persone in piazza è un movimento di segno opposto e contrario, che ritiene che la massima istituzione religiosa italiana possa dettare l’agenda politica nazionale, imponendo limiti ai diritti essenziali delle minoranze sessuali. In nome della famiglia, in realtà contro una legge elaborata a fatica dal centrosinistra (con contenuti più moderati di quelli proposti dal centrodestra spagnolo).

Nel 1974 a combattere al fianco della Democrazia cristiana la battaglia contro il divorzio c’era solo il Msi. Con una significativa coincidenza: allora, come ora, i leader predicavano bene e razzolavano male. Almirante infatti era pubblico peccatore, come oggi Fini e Casini, Berlusconi e Bossi (divorziati o sposati con divorziate o concubini). Oggi invece lo schieramento politico che sostiene questo ritorno al passato è ben più ampio e articolato, inglobando l’intera opposizione e significative enclave della maggioranza.

Certo, se si guarda alla formidabile spinta alla liberazione umana espressa in quegli anni, bisogna riconoscere che anche la sinistra più radicale non sta messa tanto bene se la paladina dei diritti dei detenuti, Franca Rame (che per il suo impegno nel “Soccorso rosso” pagò un altissimo prezzo personale) si diletta ora a invocare la prigione per anziani avversari politici (seppure volgari e malandrini, ammettiamolo) e un incendiario dell’altro giorno, il grande capo dei “no global” milanesi, si fa pompiere e non si perita di firmare un’interrogazione parlamentare per riassicurare la scorta a un magistrato sotto accusa per favoritismi nei confronti di un (ex) pentito che gestiva.

Anche allora i movimenti esercitavano la pratica illegale di fare pressione sui giudici, presidiando in massa i tribunali dove si consumavano i processi: ma almeno c’era l’attenuante dell’alto valore morale e sociale. Ridare il lavoro a un operaio licenziato, una casa ai senzatetto, la libertà a un detenuto per reati commessi nelle lotte. Ma nessuno, neanche il più fazioso, si permise mai di formulare classifiche di riconoscimento (e di legittimità) tra magistrati buoni e cattivi, per lo più avendo la pretesa di rappresentarsi come le sentinelle della legalità.

Redazione

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