In morte di Stefano Milanesi una vita continuamente in lotta
È morto Stefano Milanesi, 67 anni, ex terrorista torinese di Prima Linea e attivista No Tav della prima ora. Milanesi, detto “Stefanini”, a soli 14 anni era entrato nei collettivi marxisti di Bussoleno, in Valle di Susa, che con il tempo si erano trasformati in una sezione di Lotta Continua. Per la sua appartenenza alla colonna valsusina di Prima Linea aveva scontato otto anni di carcere. Al movimento No Tav aveva aderito fin dalla prima ora. Era stato coinvolto nell’inchiesta sugli scontri con la polizia nel 2015 e nel 2020 era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale.
Scrivono i No Tav: «Da sempre sulle barricate e in prima linea per difendere la tua terra, con i Compagni di una vita e con Ermelinda con cui hai saputo costruire un pezzo di storia della nostra Valle».
Così, qualche giorno fa, la Stampa, con alcune approssimazioni. A cominciare dall’età (66 anni: era nato a Siena il 13 novembre 1957) e dal soprannome (al singolare, ovviamente) per finire con l’ultima condanna: l’arresto del 2020 è per scontare 5 mesi di condanna (per resistenza) per gli scontri del 2015 tra No Tav e guardie per bloccare il cantiere… Se è vero, come è vero, che la Val Susa è stato la cantera di Prima Linea, “Stefanino” ne è stato l’antesignano. Con un altro compaesano, Marco Fagiano.
Il legame con Fagiano
Entrano insieme in Senza tregua, da ragazzini. Il responsabile militare di Torino, perplesso per la giovane età, li mette alla prova, con un’incursione allo Iacp delle Vallette, un’iniziativa a sostegno della campagna per l’autoriduzione degli affitti. La prova è superata. Un anno e mezzo dopo “Stefanino” deve andarsene da Torino: lo mandano a Napoli, dove ha lasciato un posto libero per un quadro di organizzazione Roberto Sandalo, che, raro caso per un lottarmatista, parte per il servizio militare dopo essersi già fatto conoscere nel Movimento.
La trasferta al Sud dopo poche settimane. La notte del 18 dicembre 1977 è arrestato in una casa di Bagnoli, dopo un attentato fallito alla vicina caserma dei carabinieri e l’arresto di altri due militanti. Napoli dirà male anche a Fagiano, catturato tre anni dopo, in seguito a una spettacolare sparatoria a Montesanto, in quelli che sono ormai gli ultimi fuochi di Prima Linea
Un’altra coincidenza significativa. Il legame tra le due compagne arrestate insieme ai “ragazzi della Valle”, Loredana Biancamano e Federica Meroni. Fuggiranno entrambe da Rovigo, il 3 gennaio 1982. Insieme a quella che era stata a lungo la responsabile di Napoli. Susanna Ronconi.
Trent’anni dopo
Trent’anni dopo si ritroveranno ancora insieme. In Valle, uniti nella lotta alla Tav. A prestar fede a una cronaca di la Repubblica pubblicata nell’estate 2011
Succede oggi, dopo che la faccia di un ex di Prima Linea, Stefano Milanesi, è finita in bella mostra nelle foto di coloro che erano in «prima linea» nell´attacco al cantiere della Maddalena. Era già successo in passato. Sempre con Milanesi per gli scontri all’autoporto di Susa del gennaio 2010. E prima ancora per quelle minacce a vari esponenti politici «Sì Tav» che rimandavano a tecniche e linguaggi degli Anni di piombo.
Il ruolo della vecchia guardia
Di nomi ne circolano tanti e sono sempre quelli. Gente che negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta faceva parte di quel gruppo. Prima Linea appunto, che a Torino soprattutto costruì la sua tragica fama. E qui venne smantellato dai magistrati dell´ antiterrorismo. In realtà va detto subito che nessuno, a parte Milanesi che è stato indagato per l´episodio della casetta abusiva costruita dai No Tav a dicembre nell´area del futuro cantiere, compare negli atti della magistratura. Di loro però si trova traccia, e più di una, negli archivi cartacei e elettronici che raccontano la storia del movimento No Tav. In particolare dal 2005 in avanti. Dopo i primi scontri a Venaus insomma.
La continuità nella lotta
I nomi? Marco Fagiano che di Prima Linea era stato uno dei leader. E’ considerato da sempre legato a Milanesi e alla sua compagna Ermelinda Varrese. Fagiano è secondo gli inquirenti uno degli ideologi del movimento. Il suo nome compare nei siti No Tav insieme con quello dell´amico. E in un´intervista data nel 2008 in cui affermava:
«C´è una continuità tra la Resistenza, le lotte degli anni ´60 e ´70 e la lotta al Tav… È la caratteristica di questa valle. Comunque, resistere e ribellarsi. Se si seguono i percorsi storici, si nota subito. Questo movimento di oggi ha rimesso in piedi gente che ha vissuto quegli anni e poi si era persa nei mille rivoli del riflusso. Chi in carcere. Chi da altre parti. Qui, oggi, si sono rimesse in gioco tante persone che non facevano politica da anni. Sia quelli che nel ´69 erano davanti ai cancelli dei cotonifici. Sia quelli che hanno fatto politica dopo. Il bello di questa esperienza è che ha unito gente giovane, che non ha conosciuto quelle esperienze, tanta gente comune e quelli che ci erano usciti, nel bene e nel male».
L’addio a Stefanino
E il popolo della Valle e il movimento No Tav hanno reso il giusto omaggio a “Stefanino”
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