Lo zapatismo in salsa napoletana e le radici di un’insorgenza sudista
Siamo innegabilmente immersi in un processo di progressiva acquisizione di un’identità, partenopea, meridionale e che rigetta l’idea di subalternità indotta, lo status di colonia interna e che sta invadendo prepotente il discorso pubblico. Noi vorremmo che nella sua progressività questo discorso diventasse occasione di soggettivazione. Ci interessa la costruzione di un’identità progressiva (come quella teorizzata dal leader curdo Ocalan), cioè un’identità che riconoscendo la sua genealogia, le tracce della memoria collettiva costantemente estroflessa, sia di fatti aperta all’incontro con tutte le storie che la intrecceranno e la riarticoleranno. In questo senso proviamo a leggere le connessioni tra questa inedita disponibilità collettiva alla difesa della città dal razzismo, dalla napolifobia, dalla produzione di stereotipi e luoghi comuni che per decenni hanno condizionato l’immagine della nostra città in Italia e all’estero con la costruzione di discorso pubblico messa in campo dal sindaco e dagli svariati gruppi meridionalisti nati sul territorio negli ultimi anni, che pongono l’accento proprio su autonomia ed autogoverno, più che su tutte le altre questioni. In questo solco crediamo si apra un’occasione di soggettivazione che non possiamo ridurre ai vessilli neoborbonici, ma che dobbiamo contribuire a sostanziare con linguaggi, simboli e parole d’ordine che legano autonomismo ed indipendenza ad una prospettiva che ritraduce il discorso post-coloniale in un territorio che la storia ufficiale non riconosce come colonia.
Insurgencia, il centro sociale napoletano più vicina all’esperienza di governo arancione (cinque anni fa il suo leader, Pietro Rinaldi, fu eletto consigliere comunale) prova a mettere i piedi nel piatto della proposta demagistriana sullo “zapatismo in salsa partenopea”.
E questo richiamo alle tracce profonde di un antagonismo sudista ha per me evidenti assonanze con i temi agitati quarant’anni fa da un’avanguardia meridionale che ha pagato un prezzo altissimo. Penso al progetto visionario di Fiora Pirri e Lanfranco Caminiti , i leader dell’Autonomia meridionale che hanno trascorso parecchi anni di carcere come responsabili di “Primi fuochi di guerriglia”. Un tentativo, alla fine degli anni 70, di fondare un pensiero rivoluzionario sudista in radicale rottura con il razionalismo laburista e il comunismo storico. In abbondante anticipo con la processione degli assi geopolitici che più di dieci anni dopo sposterà il conflitto dalla direttrice Est-Ovest a quella Nord-Sud…. Resta, a testimonianza di una elaborazione assai originale, l’ormai introvabile Scirocco. Bellissima la nota editoriale:
Sud, mezzogiorno: l’ora dell’ombra più breve. Ombra è ideologia, mediazione, fra corpo e terra. Il Sud è senza ombra. E’ immediatezza di violenza del potere, in/mediatezza di dominio Stato, suoi uomini suoi partiti, suoi apparati, su territorio, su proletari, ma anche scontro di lotta di storie di comportamenti. E’ nitidezza di nemicità e quotidianità di guerra rivoluzionaria: storie qualsiasi, racconti brevi. Oggi, la prassi rivoluzionaria al Sud comincia a ritrovare la propria storia dei lotta, di trasgressione, di attacco contro il potere…
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