Jesurum e il 25 aprile: noi in piazza ma senza bandiere di Israele
Il 25 aprile, tra le altre cose, è stato segnato dalle tensioni tra ebrei antifascisti, che, a Roma e Milano, intendevano celebrare la partecipazione della Brigata ebraica alla Guerra di liberazione (perché non tutti gli ebrei sono stati solo vittime) e sostenitori della causa palestinese.
Un ebreo di sinistra, il giornalista Stefano Jesurum, ha sollevato il caso, rivendicando il proprio titolo a stare in piaza e “loro no”. Perché nella seconda guerra mondiale i palestinesi erano schierati con le forze del sangue contro l’oro e quindi il 25 aprile non gli spetta come festa… Come spiega Massimo Cingolani

Anche quest’anno il 25 Aprile è stato rovinato dagli insulti alla bandiera della Brigata Ebraica. Ma perché è importante la sua presenza in questo anniversario? La brigata, costituita solo nel 1944, nonostante fosse richiesta fin dall’inizio della guerra, fu inviata sul fronte italiano ed era composta da giovani più che motivati e con la stella di David sulla manica dell’uniforme, a dimostrazione che gli ebrei non erano solo vittime predestinate, ma che sapevano rispondere colpo su colpo.
Il battesimo del fuoco fu sul fiume Senio e nell’assalto al monte Ghebbio. Le perdite furono pesanti, tanto che il 14 Aprile la Brigata ricevette l’ordine di fermarsi alla periferia di Bologna e di non proseguire, molto probabilmente il governo inglese ebbe paura che si potesse pensare che dei giovani ebrei erano stati mandati deliberatamente a morire. Era prassi per gli alleati, inviare all’assalto, come ad esempio a Cassino e in generale sul fronte appenninico, truppe ausiliarie e coloniali come polacchi, indiani, marocchini, ecc. Alla luce di questo è chiaro che gli insulti alla bandiera della Brigata Ebraica sono un insulto alla Resistenza, ma la cosa ancora più bizzarra è l’esposizione della bandiera palestinese. A questo proposito vorrei ricordare che, come la stella di Davide era cucita sulla manica dei combattenti ebrei, i colori del movimento nazionalista arabo erano cuciti sulle maniche della Deutsche – Arabische Bataillon, del Deutsche – Arabische Lehr Abteilung e dei volontari arabi del centro militare A del raggruppamento “Frecce Rosse” costituito da Mussolini su richiesta del Gran Mufti di Gerusalemme nel corso della sua visita in Italia. (…) Sulla base della storia, forse è bene che in certe ricorrenze alcune bandiere restino arrotolate, mentre l’esposizione di altre non deve determinare necessariamente insulti per chi legittimamente ha il diritto di farle sventolare.
Alla luce di queste considerazioni Jesurum rilancia e, dalle pagine del portale dell’ebraismo italiano, comincia a ragioneare su quello che c’è da fare in occasione del 70ennale della Liberazione:
Il 25 Aprile 2015 saranno settant’anni dalla Liberazione, ricorrenza, se possibile, ancor più simbolica di quelle che abbiamo celebrato negli ultimi decenni. Perché 70 anni sono una vita, un mondo, e ciò significa che i testimoni in carne e ossa – partigiani, antifascisti, deportati – pian piano scompaiono insieme ai loro nomi e alle loro storie. Giorni fa, ho trovato profonda la domanda che si/ci poneva rav Riccardo Di Segni: «Ma che sta succedendo nella società intorno a noi? L’ebreo va ricordato solo come vittima e la Liberazione dai persecutori (con il nostro contributo) va dimenticata o marginalizzata?». E allora l’anno prossimo, con la probabile presenza a Milano del presidente della Repubblica e dei massimi vertici istituzionali nonché dell’ebraismo italiano, facciamoci vedere. Numerosi, numerosissimi, visibili, fermi e pacati, forti. Con i simboli della nostra partecipazione alla Resistenza. Con i nomi dei nostri combattenti e caduti per la libertà nelle formazioni di Giustizia e Libertà, Matteotti, Garibaldi, nei Gap. Facciamoci vedere con le bandiere, mille e mille bandiere, della Jewish Infantry Brigade (i nostri vecchi la ricordano come Brigata Palestinese, ma oggi questo nome aumenterebbe la confusione). In quelle bandiere, nelle mostrine che quegli uomini avevano cucite sulle spalline brilla il nostro Maghèn Davìd, giallo in mezzo a tre strisce, due azzurre e una bianca. Riempiamo le strade di quei vessilli. Ma lasciamo a casa le bandiere dello Stato di Israele. Nel 1944/’45 Medinàt Yisraèl non esisteva. Noi che amiamo la storia del popolo ebraico e la sfida che lo ha felicemente portato a quel 14 maggio 1948, noi che siamo il popolo ebraico, rendiamo onore alla Liberazione dell’Italia rispettandone la storia.
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