Juve Napoli, il data journalism e le narrazioni mitologiche dei tifosi
Sono un tifoso appassionato e non troppo competente. Ma abbastanza per maturare la convinzione che il “match dell’anno” di sabato è stata una brutta partita, capace di entusiasmare i fanatici della fase difensiva e del dominio della tattica, gli orfanelli di Gianni Brera, per capirci.
Le lamentazioni dei tifosi del Napoli contro la malasorte che li avrebbe condannati alla sconfitta immeritata contro una Juventus dominata, schiacciata nella sua metà campo, costretta a un catenaccio immondo per salvare il pareggio mi hanno lasciato perplesso da subito. Ma non avendo, per riconosciuta ignoranza, titolo tecnico per obiettare, ho scelto di non ingarellarmi. Purtroppo, però, per i presunti saputi, oramai anche nel calcio le tecniche di rilevazione statistica del gioco hanno raggiunto livelli tali da consentire analisi “scientifiche” della partita. Bene, quasi tutti i dati di Juve-Napoli convergono nel dimostrare la superiorità bianconera.
La squadra d’Allegri, infatti, ha prevalso nel :
possesso di palla (53%)
possesso nella metà campo avversaria (43-40%)
tiri (9-4)
tiri in porta (4-1)
occasioni da gol (4-2)
corner (4-3)
falli subiti (11-10)
palle perse (27-35)
saldo palle perse/palle recuperate (0 a 7)
contropiede (1-0)
ripartenze da recupero (3-1)
lanci lunghi (15-10)
passaggi sbagliati (16-24)
Il Napoli solo sui fuorigioco (2-3) e sulle palle recuperate (28-27). Hanno quindi ragione da vendere quanti, calata la rabbia e l’adrenalina, cominciano, dalle parti del Vesuvio, a porsi qualche domanda sulle ragioni della sconfitta del Napoli, non contentandosi del piagnisteo frustrato e vittimista: da Massimiliano Gallo ad Antonio Corbo …
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