La strage di Bruxelles, i focolai qaedisti e il nuovo antisemitismo

E’ un qaedista francese (presumibilmente di origini maghrebine, a leggerne le generalità: Mehdi Nemmouche, ma le notizie d’agenzia non lo specificano) nato 29 anni fa in territorio metropolitano da cittadino della Repubblica e reduce da un soggiorno in Siria nel 2013 il sospetto fermato e accusato dell’omicidio di massa al centro ebraico di Bruxelles alla vigilia delle elezioni europee.
Con tutte le prudenze del caso (ma gli elementi a suo carico appaiono consistenti: le armi e la videocamera trovate corrispondono a quelle usate per l’occasione) siamo di fronte a un bis della strage di Tolosa di due anni fa: allora, dopo iniziali sospetti su parà nazistoidi, emerse la responsabilità di un franco-algerino, che oltre ad assaltare una scuola ebraica aveva fatto fuoco su un gruppo di parà ammazzandone tre. Anche in quel caso gli attacchi erano stati videoripresi e l’attentatore era già stato sotto osservazione dei servizi segreti (e regolarmente sfuggito al controllo), come il sospettato di oggi.
Un attacco ogni due anni non consente di parlare di una “strategia” ma siamo sicuramente di fronte all’emergenza di una nuova realtà con cui bisogna fare i conti: la presenza nel cuore degli ex Imperi (in Francia come nel Regno Unito) di una generazione di figli di immigrati su cui “pesa l’assenza di politiche di integrazione “rispettose”, sono socioculturalmente esclusi e quindi rafforzano all’eccesso e per differenza i loro tratti identitari”, finendo per aderire all’Islam più radicale, una scelta che in decine di casi accertati arriva alla pratica della lotta armata, sui diversi fronti della Jihad.
Mentre affiora questa nuova realtà, continuiamo invece a usare parole vecchie e inadeguate come “antisemitismo”. Non di odio razziale si tratta, infatti, ma di odio religioso contro gli ebrei e politico contro lo Stato di Israele che è il bersaglio principale della Jihad, checché vogliano credere alcune scuole di pensiero cospirativo e complottardo. Si parva licet, è lo stesso problema che affiora nella miserabile polemica politica italiana, quando si riduce alla fattispecie del fascista un ultraliberista bigotto come Farage.
No, l’ondata di destra che porta oggi decine di europarlamentari a Bruxelles ha molto poco da vedere con il fascismo e il Novecento ed è tutta interna al nuovo fronte generato dai processi di globalizzazione e dalla processione dell’asse geopolitico (dal conflitto Est-Ovest alla scontro Sud-Nord). No, i leghisti italiani come i frontisti francesi sono molto più antislamici di quanto non siano “antisemiti”. E se i “duri e puri” della destra radicale accusano Marine Le Pen di simpatie sioniste non c’è bisogno di risalire alla storia dell’Oas (la cui cellula di Orano era composta in prevalenza di membri della comunità israelitica) ma alle dinamiche sociali e alle tensioni crescenti nelle periferie delle metropoli francesi, dove monta l’insofferenza per la massiccia presenza islamica.
A ben vedere, quindi, l’attentato di Bruxelles ci dice qualcosa che ha a che fare con l’esito del voto per l’Europarlamento e su scenari che, per fortuna, sono ancora secondari in Italia…
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