4 giugno 1949, Correggio. Agrario ammazza bracciante i suoi compagni lo linciano

FERRARA, 4 — Oggi alle 18 in tenuta Vallalbana dì Correggio è stato assassinato un altro bracciante padre di tre figli, Aristide Mazzoni. L’assassino, l’agrario miliardario ing. Eden Boari, è stato però raggiunto dall’ira popolare, mentre cinicamente seguitava a far fuoco sul gruppo dei braccianti.

La provocazione

Ecco come si sono svolti i fatti. L’ing Boari si era recato oggi sul suo fondo per compiere le operazioni di irrorazione, assieme al suo fattore e a un gruppo di crumiri. Attorno a lui si sono fatti alcune centinaia di braccianti. Volevano parlargli e le loro intenzioni pacifiche erano dimostrate dal fatto che si mantenevano sulla strada senza entrare nel terreno padronale. Il Boari si è rifiutato però di sentire ragioni e all’improvviso ha estratto la pistola e con l’arma in pugno ha avanzato facendosi largo fra i contadini.

I due omicidi

Poi perdendo il controllo dei nervi si è messo a sparare all’impazzata urlando: « Li ammazzo tutti, li ammazzo tutti! ». Aristide Mazzoni gridò allo sparatore di smetterla, ma dopo un istante veniva colpito da un proiettile al torace rimanendo ucciso sul colpo. I braccianti videro il loro compagno rantolante e lo sparatore che con l’arma ancora fumante in pugno tentava di scappare e di rifugiarsi nella cascina. Si levò un urlo, “poi la reazione piombò fulminea. Al Boari, che continuava a sparare come un pazzo, veniva tagliata la ritirata e nella reazione che ne è seguita egli veniva più volte duramente colpito rimanendo ucciso.

Il romanzo

Questa la nuda cronaca del fatto da parte dell’Unità del giorno dopo. Un colpo su colpo immediato che, per quel che mi ricordo, è unico nella storia di quegli anni, pur così ricchi di violenza dalle parti in conflitto. Manca qualche particolare. Ad esempio, che i crumiri erano fascisti e provocano i braccianti cantando Faccetta nera. Per chi volesse approfondire la storia c’è “Il linciaggio. Romanzo di una storia vera” di Gian Pietro Testa, di cui parlavamo già ieri. Da questo link è possibile scaricare l’epub gratuito

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

2 commenti su “4 giugno 1949, Correggio. Agrario ammazza bracciante i suoi compagni lo linciano

  1. Leggo altrove:
    E, a proposito dell’”atmosfera” emiliana, vale la pena di ricordare anche il processo iniziato avanti la Corte di Assise di Ferrara nel 1951 a carico di novantatré imputati, di cui otto dovevano rispondere di avere cagionato, con crudeltà e sevizie, in Malborghetto di Ferrara, il 4 giugno 1949, la morte dell’ingegnere Eden Boari.

    E un episodio agghiacciante.

    Il povero ingegnere, che aveva il solo torto di essere il proprietario di un piccolo podere, fu linciato perché era andato a lavorare in un giorno di sciopero generale: fu massacrato da una torma urlante con sassi, pietre e corpi contundenti.

    Alla difesa sedevano i maggiori avvocati comunisti dell’epoca, che sostenevano che agli imputati spettavano addirittura tre attenuanti.
    La prima consisteva, secondo la difesa, nell’avere agito addirittura “per particolari motivi di valore morale o sociale“; la seconda, “per avere agito in stato di ira determinato da un fatto ingiusto altrui” (insomma era ingiusto e offensivo che il proprietario raccogliesse personalmente i frutti degli alberi che crescevano sul suo terreno); la terza consisteva nell’”avere agito per la suggestione di una folla in tumulto“.
    E, invece, la folla in tumulto era quella che si assiepava nell’aula invocando addirittura l’assoluzione degli imputati.

    A proposito di questo processo, voglio ricordare un episodio.

    Al povero Boari era stato, nel corso della aggressione, culminata col suo massacro, sottratto anche l’orologio.
    L’avvocato Carlo Alberto Perroux, patrono di parte civile, prese la parola e cominciò ad occuparsi della sottrazione dell’orologio, dolendosi del fatto che agli imputati non fosse stato contestato il reato di rapina.
    Era un intervento provocatorio, e Perroux lo sapeva.
    Il Presidente Bosi lo interruppe una prima volta, invitandolo a occuparsi, appunto, dell’omicidio, ma poiché Perroux insisteva ad occuparsi dell’orologio del rapinato, gli disse testualmente: “Ma, avvocato, si ricordi che stiamo discutendo un grave processo per omicidio: è di questo che deve occuparsi“.
    A questa frase Perroux, che aveva recitato la parte dell’agente provocatore, rispose testualmente: “Lo so, è vero, ma se non li condannate anche per rapina, come faranno a diventare senatori?“.

    A questo punto scoppiò un autentico tumulto: un tale caos da costringere il Presidente a rinviare di mesi il processo che vedeva imputati dei partigiani comunisti.

    Comunque gli imputati furono alfine condannati, con sentenza in data 9 febbraio 1952, a pene varianti da dieci a venti anni per l’omicidio, poi ridotte a livelli irrisori dai vari condoni, in quanto si trattava di delitti comuni, ma commessi, anche in parte — così si scriveva in sentenza — per motivi politici.

    E forse anche per questo che la politica non è popolare in Italia.

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